Lavoro civico non retribuito

 

XIV Legislatura - Camera dei Deputati, n° 3458

 

Proposta di Legge

 

d’iniziativa dei deputati

 

 

Guido Rossi, Lussana, Ce’, Dario Galli, Bricolo, Ballaman, Bianchi Clerici, Caparini, Didone’, Guido Dussin, Luciano Dussin, Ercole, Fontanini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Martinelli, Francesca Martini, Pagliarini, Parolo, Polledri, Rizzi, Rodeghiero, Sergio Rossi, Stucchi, Vascon, Fiori, Ramponi, Saponara, Raisi, Ricciuti, Di Teodoro, Collavini, Tarantino, Perlini, Scherini, Borriello, Savo, Onnis, Lisi, Brusco, Zama, Paoletti Tangheroni, Milanese, Zanetta, Jannone

 

 

Introduzione del lavoro civico non retribuito
per i detenuti ai fini della riduzione della pena

 

Presentata il 5 dicembre 2002


Onorevoli Colleghi! - Il dibattito politico degli ultimi mesi ha evidenziato la necessità di trovare soluzioni alle problematiche connesse all’universo carcerario.

In tale ottica la Lega Nord Padania intende contribuire ribadendo da un lato la necessità di proseguire con le misure messe in atto dal Governo (piano dell’edilizia carceraria, accordi bilaterali con i Paesi di origine dei reclusi, eccetera), e dall’altro proponendo istituti di riduzione della pena alternativi all’amnistia e all’indulto che oltre a suscitare timori e perplessità nella pubblica opinione producono meramente effetti di deflazione della popolazione carceraria senza attuare le finalità costituzionali previste all’articolo 27, terzo comma.

È dunque indispensabile dare un segnale forte ai cittadini offesi dal reato che non devono sentirsi abbandonati dalle istituzioni le quali, incapaci di approntare strutture idonee ad ospitare i delinquenti, finiscono per liberare questi ultimi.

La concessione indiscriminata della libertà costituisce una resa dinnanzi al fenomeno delinquenziale e un vero e proprio premio per chi ha violato le regole della pacifica convivenza civile.
L’emenda ed il reintegro del reo nella società sono, al contrario, i criteri cui ci si deve ispirare, secondo quanto afferma il dettato costituzionale. Sulla base di tale previsione si propone in questa sede l’adozione di una misura, alternativa alla detenzione, comunque idonea a determinare effetti di riduzione della popolazione carceraria, collegando l’effetto estintivo della pena allo svolgimento di un lavoro civico.

Infatti in un sistema carcerario che si pone tra i suoi fini la riabilitazione e la reintegrazione sociali del detenuto, il momento del lavoro rappresenta oltre che un formidabile strumento di prevenzione di nuovi episodi di criminalità una forma essenziale e una possibilità concreta di riscatto morale ed umano per il soggetto costretto in carcere.

La presente proposta di legge dispone la possibilità di abbandonare il carcere per quanti stiano espiando una pena detentiva non superiore ai tre anni, ciò all’unica condizione di riavviare uno stile di vita diverso da quello che ne ha determinato l’ingresso nell’istituto.

Per ottenere tale risultato si prevede, quindi, l’ammissione del condannato che ne faccia richiesta al "lavoro civico non retribuito", ovvero ad una forma di collaborazione con le istituzioni pubbliche al fine di rendersi utili per la società.

La proposta di legge mira così:

  1. a permettere un riavvicinamento al lavoro quale strumento di realizzazione della personalità del singolo nell’ambito della società civile (articoli 1 e 2 della Costituzione);

  2. a consentire l’utilizzazione dei condannati ammessi al beneficio per l’espletamento di attività lavorativa in favore delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti aventi anche forma giuridica privata, ma controllati dallo Stato e dagli altri enti pubblici e ciò in ausilio al personale dipendente;

  3. a favorire il migliore impiego di tali soggetti nell’espletamento di tutti quei servizi pubblici che esigenze di bilancio o limitazioni proprie dei singoli enti impedirebbero di gestire al meglio;

  4. a determinare una forma alternativa di espiazione della pena che non si limiti all’osservanza di regole di comportamento, ma si qualifichi per una partecipazione attiva del condannato al proprio reinserimento sociale.


Pertanto, la presente proposta di legge stabilisce che i detenuti che stiano scontando una pena non superiore a tre anni, anche se costituente residuo di maggior pena, possano presentare domanda di ammissione al lavoro civico non retribuito al competente magistrato di sorveglianza. Il lavoro civico, svolto in favore dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti locali, consiste nella fornitura di attività lavorativa nei campi dell’ecologia, della manutenzione programmata del territorio, della protezione civile, della prevenzione contro gli incendi e in molti altri servizi utili per la collettività.

Questa possibilità lavorativa non potrà riguardare, per ovvi motivi, coloro che si siano macchiati di alcuni reati gravi, quali quelli enunciati nell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
Quanto prescritto, oltre ad assolvere ad una finalità rieducativa della pena, avrà dei benefìci concreti per il recluso, individuabili sia nella possibilità di uscire dalla struttura carceraria e sia in una detrazione di pena pari a due giorni per ogni giorno di lavoro civico svolto. Ovviamente le detrazioni di pena previste non andranno ad aggiungersi alle riduzioni di pena già contemplate dalla citata legge sull’ordinamento penitenziario n. 354 del 1975. La vigilanza ed il controllo sui soggetti che svolgono queste attività lavorative sono esercitate dal responsabile dell’affidamento in collaborazione con le Forze dell’ordine tra cui, per le caratteristiche intrinseche del lavoro civico, il Corpo forestale dello Stato che, essendo Forza di polizia in base a quanto stabilito dall’articolo 16 della legge 1^ aprile 1981, n. 121, può essere chiamato in tutta tranquillità a svolgere servizi di ordine e sicurezza pubblica. L’abbandono del lavoro o la non reperibilità comporta la reclusione sino ad un anno e la revoca immediata del beneficio. Rispondendo ai requisiti prima illustrati l’istituto del lavoro civico non può comportare alcuna spesa a carico del bilancio dello Stato.

 

XIV Legislatura

Progetto di legge - n° 3458

Proposta di legge

 

Art. 1

 

(Lavoro civico non retribuito)

 

 

  1. I detenuti che devono scontare una pena detentiva non superiore a tre anni, anche se costituente residuo di maggior pena, sia essa reclusione o arresto, su apposita istanza sono ammessi a svolgere un lavoro civico non retribuito. Il beneficio non è concesso a quanti non abbiano espiato almeno la metà della pena detentiva. Sono comunque esclusi da tali benefìci i detenuti e gli internati per i delitti di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

  2. Il lavoro civico consiste nell’espletamento di attività lavorativa non retribuita esclusivamente in favore dei soggetti indicati dall’articolo 2, preferibilmente nell’ambito della provincia di residenza o del comune di residenza, per almeno sei ore giornaliere e continuativamente fino all’espiazione della pena residua; non è ammesso l’espletamento del lavoro civico nei giorni festivi se non a richiesta del condannato. Un giorno di lavoro civico corrisponde a due giorni di pena detentiva. Il periodo di pena espiato mediante assegnazione al lavoro civico non può essere computato ai fini della riduzione di pena per liberazione anticipata di cui all’articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, i due benefìci sono tra loro alternativi e non cumulabili.

 

 

Art. 2

 

(Soggetti beneficiati e tipologie di attività)

 

 

  1. Il lavoro civico è svolto in favore dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti locali. L’attività può essere svolta anche in favore di enti strumentali, pubblici o privati, dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti locali.
    Gli enti di cui al comma 1 assegnano di preferenza gli ammessi al lavoro civico alle seguenti mansioni:

    a) attività di ausilio nella prestazione di servizi pubblici erogati dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti pubblici o strumentali, quali servizi in materia di manutenzione e di conservazione delle strade e dei cimiteri, servizi mortuari, servizi di nettezza urbana, servizi ecologici e di salvaguardia del verde pubblico, di pulizia e bonifica di canali e zone umide, di prevenzione antincendio, di protezione civile, di manutenzione programmata del territorio, di soccorso pubblico o privato, di tutela della flora e della fauna;

    b) attività di ausilio dell’Ente nazionale per le strade Spa, delle Ferrovie dello Stato Spa e delle imprese operanti per conto del genio civile e delle autorità di bacino;

    c) altre mansioni d’ordine indicate dal responsabile dell’amministrazione a cui è affidato il condannato, purché utili alla collettività.

  2. Il lavoro civico non è ammesso in riferimento alle funzioni di difesa dello Stato, di amministrazione della giustizia o dei servizi ad essa inerenti, di ordine e sicurezza pubblica, di polizia amministrativa anche locale e di polizia giudiziaria.

  3. Gli ammessi al lavoro civico non possono espletare mansioni presso gli uffici territoriali del Governo, presso le sedi centrali dei Ministeri e degli organi di Governo nazionale, nonché presso le sedi degli organi costituzionali centrali.

  4. Gli ammessi al lavoro civico possono espletare esclusivamente mansioni d’ordine e di prestazione di opera meramente materiale, e non possono in alcun caso ricoprire le funzioni di pubblico ufficiale, di incaricato di pubblico servizio o di esercente un servizio di pubblica utilità.

 

Art. 3

 

(Istanza di ammissione al lavoro civico. Richiesta di assegnazione di lavoratori civici)

 

 

  1. I detenuti di cui all’articolo 1, comma 1, possono presentare istanza di ammissione al lavoro civico al competente magistrato di sorveglianza per il tramite del direttore dell’istituto di pena in cui sono ristretti. La domanda deve indicare le generalità del detenuto, i motivi della attuale detenzione, la località di residenza fuori dal carcere, l’attività lavorativa svolta in precedenza, i titoli di studio posseduti, le qualifiche professionali, la disponibilità a svolgere il lavoro civico e il luogo in cui si intende risiedere qualora il soggetto o l’ente di assegnazione non possa garantire un alloggio.

  2. I legali rappresentanti dei soggetti di cui all’articolo 2 predispongono una richiesta di assegnazione di lavoratori civici nella quale individuano una o più attività che possono formare oggetto di lavoro civico espletabile per un massimo di diciotto mesi consecutivi. Per il raggiungimento di tale periodo è altresì possibile prevedere il cumulo di differenti attività o mansioni in successione temporale presso il medesimo richiedente. La richiesta può essere rivolta ad ottenere l’assegnazione di soggetti da attribuire al servizio anche in soprannumero rispetto al personale istituzionalmente impiegato ove necessario a garantire l’efficienza, l’economicità e la migliore fruibilità del servizio reso ai cittadini dal soggetto o dell’ente richiedente.

  3. Nella richiesta di cui al comma 2 è altresì individuato quale tipo di trattamento aggiuntivo è garantito in favore del lavoratore civico esclusivamente in termini di disponibilità di locali per l’alloggio notturno. In ogni caso devono essere garantite la somministrazione del vitto a carico del richiedente e la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro.

  4. La richiesta di assegnazione del lavoratore civico è presentata al direttore dell’istituto di pena situato nella medesima provincia in cui ha sede il soggetto o l’ente richiedente, ovvero qualora vi siano più istituti di pena, nell’ambito della medesima provincia, a quello più vicino per distanza chilometrica stradale.

 

Art. 4

 

(Procedura di assegnazione)

 

 

  1. Il direttore dell’istituto di pena provvede a trasmettere le istanze di ammissione al lavoro civico e le richieste di assegnazione di lavoratori civici al magistrato di sorveglianza competente ai sensi dell’articolo 71 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

  2. Il magistrato di sorveglianza, ricevuti gli atti di cui al comma 1, provvede sull’istanza di ammissione individuando il soggetto o l’ente richiedente in grado di soddisfare in maniera più adeguate le seguenti esigenze:

  1. maggiore prossimità del richiedente al luogo di residenza del condannato ove non sia garantito l’alloggio;

  2. continuatività del lavoro civico anche mediante abbinamento in successione di più attività lavorative per il medesimo richiedente, ovvero mediante predeterminazione di successivi periodi di attività lavorative presso diversi richiedenti.

  1. L’ammissione al lavoro civico è disposta con decreto motivato del magistrato di sorveglianza, sentito il pubblico ministero e previo incontro tra il condannato e il soggetto o l’ente richiedente, ovvero i soggetti o gli enti richiedenti qualora per il completamento del periodo di diciotto mesi si renda necessaria l’assegnazione successiva a più richiedenti.

  2. All’incontro può partecipare il difensore di fiducia, ovvero un difensore d’ufficio se il condannato ne faccia espressa richiesta.

  3. Durante l’incontro di cui al comma 3 il magistrato di sorveglianza indica al condannato le finalità dell’istituto del lavoro civico, promuove il dialogo con il soggetto o l’ente richiedente al fine di addivenire all’affidamento e alla determinazione delle modalità di effettuazione del lavoro civico e, ottenuta la conferma dell’istanza di ammissione e della richiesta di affidamento al lavoro civico, provvede a dare attuazione alla stessa.

  4. Il decreto di cui al comma 3 indica il luogo di lavoro, la tipologia di mansioni, gli orari di lavoro, la data di decorrenza dell’attività lavorativa e la data di cessazione della medesima, le previste modifiche o passaggi ad altri soggetti o enti richiedenti, le generalità del soggetto cui è affidato il condannato nell’espletamento del lavoro civico nonché la facoltà di quest’ultimo di modificare gli orari e la tipologia di lavoro in base alle esigenze del soggetto o dell’ente affidatario.

  5. Con il decreto di cui al comma 3 sono altresì imposti il divieto di espatrio, l’obbligo di dimora presso il luogo ove è svolta l’attività lavorativa ovvero, qualora non sia garantito un alloggio, presso l’abitazione del condannato, con facoltà di movimento per raggiungere il luogo di lavoro e le altre prescrizioni relative al viaggio. Nel decreto è inoltre fatto espresso divieto al condannato di portare con sé armi e di allontanarsi dal luogo di residenza o di alloggio assegnato dopo le ore 22,00 e prima delle ore 7,00, senza preventiva autorizzazione del magistrato di sorveglianza, che può concederla per motivi di lavoro o di salute. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 281 e 283 del codice di procedura penale.

  6. Su indicazione del richiedente il decreto individua il responsabile dell’ente al quale il condannato è affidato. Tale soggetto è tenuto alla vigilanza sull’attività lavorativa svolta dal condannato, sulla partecipazione e sulla solerzia da questi dimostrate e assume l’obbligo di relazione trimestrale al magistrato di sorveglianza. In nessun caso tale soggetto può essere ritenuto responsabile per le assenze e le manchevolezze dimostrate dal condannato, salva le responsabilità penale per fatto proprio. Il responsabile dell’affidamento assume nei confronti del condannato i poteri del privato datore di lavoro. L’ente richiedente individua la persona fisica appartenente all’amministrazione stessa cui il condannato è affidato, che diviene altresì responsabile del procedimento amministrativo osservate le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Il decreto è notificato al condannato e al soggetto o all’ente richiedente cui è affidato, e comunicato al pubblico ministero.

  7. Sull’osservanza delle prescrizioni lavorative imposte dal magistrato di sorveglianza vigilano il responsabile dell’affidamento e, ai fini del reinserimento sociale, i servizi sociali dell’amministrazione penitenziaria in concorso con quelli territoriali. L’ufficio di pubblica sicurezza o dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente vigila sull’osservanza delle ulteriori prescrizioni di cui al comma 6. Qualora il condannato sia assegnato in ausilio al Corpo forestale dello Stato, la vigilanza sulle prescrizioni di cui al citato comma 6 spetta a tale Corpo. Sono sempre ammessi visite e controlli da parte dei servizi sociali e delle Forze dell’ordine di cui al presente comma.

  8. Il condannato ammesso al lavoro civico non è considerato in stato di detenzione.

 

Art. 5

 

(Violazioni degli obblighi - Revoca della misura)

 

 

  1. Il condannato che senza giusto motivo o senza autorizzazione non si reca nel luogo in cui deve svolgere il lavoro civico ovvero lo abbandona è punito con la reclusione sino ad un anno. Con la condanna il beneficio è immediatamente revocato dal giudice che procede.

  2. In caso di condanna ai sensi del comma 1 del presente articolo, non si applicano le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. La competenza per il delitto di cui al citato comma 1 è attribuita al tribunale in composizione monocratica.

  3. Il responsabile dell’affidamento ha l’obbligo di rilevare le violazioni alle prescrizioni lavorative imposte con il decreto di cui all’articolo 4 e di segnalarle al magistrato di sorveglianza per il tramite dell’ufficio di pubblica sicurezza o dell’Arma dei carabinieri competente per territorio, salvi gli autonomi controlli effettuati dai medesimi organi.

  4. Nel caso di violazioni reiterate alle prescrizioni di cui all’articolo 4, comma 6, il magistrato di sorveglianza revoca con decreto motivato la misura, computando comunque i giorni di effettivo lavoro svolti ai fini dell’espiazione della pena.

  5. La misura è altresì revocata se intervengono ordinanze applicative di misure cautelari o ulteriori ordini di carcerazione per cause diverse da quelle per le quali è stato disposto il lavoro civico ovvero una condanna per il reato di cui al comma 1. I giorni di effettivo lavoro si computano comunque ai fini dell’espiazione della pena.


 

Art. 6

 

(Estinzione della misura)

 

 

  1. Espletato il lavoro civico il magistrato di sorveglianza dichiara con decreto l’intervenuta l’espiazione della pena e dispone la cessazione di tutte le misure imposte con l’originario decreto di ammissione al lavoro civico.

 

 

 

Art. 7

 

(Regolamento di attuazione)

 

 

  1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia adotta, con proprio decreto, il regolamento di attuazione della medesima legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

 

Art. 8

 

(Disposizione finanziaria)

 

 

  1. Dalle misure di affidamento al lavoro civico non può derivare alcuna spesa a carico del bilancio dello Stato. I soggetti o gli enti di cui all’articolo 2 fanno fronte alle spese loro derivanti dall’attribuzione di vitto ed, eventualmente, di alloggio, e dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro in favore dei soggetti loro affidati tramite i benefìci economici ottenuti dall’attività lavorativa stessa, sia in termini di maggiori entrate sia in termini di risparmio di spese.

 

 

 

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