Oltre il muro

 

Oltre il muro, mensile della Casa Circondariale di Sanremo

Numero 9  - 10 del 2003

 

Lettera a Padre Federigo

La risposta di Padre Federigo

Il vostro carcere

Risposta a Ivan

Le amicizie in carcere

Lettera a Padre Federigo

 

di Borgese Ivan

 

Salve padre Federico, chi le scrive è Ivan; lo faccio perché visto che ormai sono al termine di questa mia lunga pena, mi sembra giusto pubblicare la mia lettera diretta a lei che da quando è arrivato in questo istituto ha fatto in modo di mettere in pratica le iniziative di tutti noi ragazzi della redazione di "Oltre il muro".

Ho deciso di scriverle nel numero di settembre/ottobre così forse riuscirò a leggere la sua risposta, visto che probabilmente per il numero di novembre non farò in tempo.

Padre, penso che lei sappia che mi trovo in quest’istituto da due anni e nove mesi; durante questa mia lunga permanenza ho scoperto in me diverse capacità che fino a qualche anno fa non credevo possedere. Tutto ciò lo devo a chi sin dall’inizio ha creduto in me, nel mio miglioramento infatti mi diedero l’opportunità di entrare in attenuata finendo il programma così ho avuto modo di frequentare un corso di floricultura con risultati positivi, ho inoltre avuto la possibilità di usufruire del permesso premio, oltre ad essere stato per cinque mesi all’articolo 21 esterno presso una cooperativa di cui alla fine di tutto non rimane altro che un ricordo, bello sì ma fino a un certo punto, perché è bastato un "niente" per ritrovarmi da capo.

Il punto importante di questa mia lettera, è quello di chiedere a lei padre, un ulteriore aiuto per quando finirò la pena. Tale aiuto lo chiedo anche a quelle persone che, come dicevo, mi hanno aiutato in passato durante la mia cattività. Infatti per uno come me, con un passato simile a quello di altri ragazzi che popolano le carceri italiane, non è per niente facile dopo tanti anni trascorsi in questi ambienti abituarsi a quella libertà tanto attesa da tutti noi detenuti. Mi creda io già una volta ho avuto la possibilità di vivere il fine pena, però il ricordo di dove ero stato svaniva e mi ritrovavo a fare gli stessi errori.

Credo e soprattutto spero di trovare nella sua risposta cose positive per un mio futuro migliore "oltre il muro" e spero che tutti coloro che mi hanno teso la mano in passato lo rifacciano adesso che sto per ritrovare la tanto agognata libertà. Mi creda padre la voglia di vivere una vita serena c’è, ma sono anche consapevole che ritrovarsi senza un lavoro o per dire non avere un qualsiasi sostegno per ricominciare a camminare diritti offre poche possibilità di cambiare il modo di vivere.

Infatti non si può chiamare vivere il condurre una vita sbandata che dall’oggi al domani ti può far tornare in galera.

In attesa di una sua risposta scritta e di una risposta di chi si sente citato nel mio appello mi permetta di rivolgere i miei ringraziamenti all’educatore, agli psicologi che mi hanno seguito, agli operatori che ho conosciuto nella custodia attenuata, alla signora maestra che più che chiamarla maestra è una mamma di tutti alla redazione di "Oltre il muro" e infine a lei padre che con il suo sapere e la sua guida spirituale ci consiglia sui nostri problemi quotidiani sia che questi siano al di qua o al di la "del muro".

 

La risposta di Padre Federigo

 

Signore Borghese, la sua lettera esprime una situazione che è di molti.

Uscendo da questa casa uno si ritrova perso, limitato, incapace di reinserirsi nel giusto modo.

La maggior parte delle volte si dice che la colpa è nella mancanza di un lavoro stabile.

Questo è vero. Occorre però la voglia e la volontà di lavorare.

Perché… il lavoro si trova, ma bisogna adattarsi e saperlo tenere.

Si spera che lei queste nozioni le abbia acquisite nel periodo trascorso tra noi.

Il suo passato parla in modo differente: stiamo a vedere!

Tutti sono pronti ad aiutarla, lei però deve dimostrare di sapere meritare questo aiuto.

Grazie per il lavoro svolto per il giornalino e auguri per la "nuova vita".

 

Il vostro carcere

 

di Iamundo Gilberto

 

Spesso sentiamo nelle discussioni all’aria delle critiche sul carcere di San Remo… Non sono d’accordo con tutte queste critiche, è vero che è meglio star fuori, ma una volta "dentro" è meglio stare a Sanremo che in altro carcere; è vero che in cella si sta un po’ stretti ma in quale carcere non si vedono i segni evidenti del sovraffollamento che un "indulto" doveva risolvere e che nemmeno "l’indultino" ha risolto.

Per tornare sull’argomento del "nostro" carcere le celle sono più spaziose che in altri istituti come a esempio a Gorizia dove si sta in nove in celle più piccole delle nostre, a Bologna si è in 3 in cubicoli più piccoli dei nostri. L’aria è ben tenuta, più che a Torino dove l’asfalto è bucato. Le carceri di Trieste e Tolmezzo sono troppo piccole per il numero dei detenuti internati, in questi istituti le attività sportive si svolgono più spesso che a Tolmezzo o Trieste, dove mancano. Dal punto di vista della cella: in quali carceri si vedono, cucina, bagni così spaziosi e ben arieggiati, c’è pure il frigorifero, in quali altri carcere l’avete visto?! Non dico che abbiamo la galera perfetta perché qualche difetto c’è, ma i difetti con il tempo si possono correggere, come ad esempio il rifornimento delle posate, forchette e cucchiai che vengono spesso a mancare, oppure il campo sportivo lo si potrebbe usare anche al pomeriggio. Comunque è meglio vedere delle piastrelle quando si guarda il pavimento che l’asfalto, le celle sono ben arieggiate e facili da pulire; abbiamo gli ispettori che sono disponibili quando scendiamo all’aria.

I pasti sono ben forniti e la qualità è superiore a quella di altre carceri.

La matricola funziona bene e risponde subito alle domandine; per quanto concerne la scuola, trovo che il Cefap dovrebbe interessarsi un po’ di più a San Remo. La biblioteca è molto ben fornita e funziona bene .

Trovo, perciò, che non abbiamo abbastanza motivi per lamentarci della casa circondariale di Sanremo.

 

Risposta a Ivan

 

di Jannuzzi Mauro

 

Vorrei esprimere la mia idea sull’articolo pubblicato da Ivan sul giornalino "Oltre il muro" di giugno.

In 28 anni mi sono sempre prefissato delle mete da raggiungere, delle cose da fare assolutamente per potermi guardare allo specchio e dirmi che ero riuscito ad arrivare dove volevo.

L’ambizione di poter primeggiare nella vita e nel lavoro, di poter essere un valido aiuto per i miei familiari mi ha dato la forza; però qualcosa non ha funzionato e alla fine mi sono trovato nei guai di tutti i giorni senza sapere cosa dover fare, mi sono lasciato trasportare dalla corrente della vita senza viverla.

Ivan scriveva cose diverse ma, come lui mi sono trovato a non sapere cosa stavo facendo, perché lo stessi facendo e dove mi stesse portando la vita. Poi mi sono accorto che stavo inseguendo dei falsi valori, che la mia vita professionale stava andando a rotoli, che avevo sacrificato la mia vita sentimentale per paura e che non riuscivo a parlare con i miei familiari perché non sapevo che cosa dir loro.

Posso dire di avere una famiglia adir poco grandiosa e con cui mi sono sempre trovato in sintonia su tutto.

Ora per tanti motivi, mi trova ad essere la colonna portante della famiglia.

Porto a casa i soldi per pagare l’affitto, le bollette e il mangiare e… anche questa volta mi sono sacrificato in prima persona ma, rispetto al passato, so cosa voglio e so dove voglio arrivare.

Non credo ci sia nulla di preoccupante se Ivan non sa dove vuole andare o se nel suo cammino, quando si guarda indietro, vede mille cambi di direzione.

La vita ci aiuta a capire quale sia la nostra strada, anche se siamo disattenti!

Prima di entrare in carcere avevo tutto: un lavoro che amavo, una bella macchina, soldi quanti bastavano per tirare avanti, e mille falsi amici che stavano con me per entrare nel mio mondo…

Poi la mia attuale situazione, mi sono ritrovato in una poltiglia di vita.

Gli amici ti hanno subito girato le spalle, la ragazza ti molla perché sei improvvisamente diventato uno scarto della società…

Poi i miei hanno dovuto vendere la mia macchina per pagare alcuni debiti che avevo e per mantenermi qui dentro, per mangiare, sigarette etc…, e intanto, quando mi è possibile, all’interno dell’istituto con vari lavori che ci sono cerco di mantenermi.

A volte la vita ti aiuta con una pacca sulla spalla, altre volte ti avvisa che le cose potrebbero cambiare e in altri casi ti da un bello scrollone per farti scendere dalla nuvola in cui ti eri nascosto dalla vita quotidiana!

Da marzo ad oggi bene o male la mia vita ha una stabilità, posso solo dire a Ivan di non abbattersi mai e di non fasciarsi mai la testa…

Non disperarti mai Ivan, non perdere mai i tuoi sogni e non perdere mai la tua capacità di sognare per poi viverli in un futuro… "Oltre il muro".

 

Le amicizie in carcere

 

Anonimo

 

L’amicizia in carcere come fuori ha più facce: interessi, simpatie, opinioni, solidarietà.

L’aspetto più meschino, più falso, dell’amicizia dentro come fuori, è quello che in realtà si fa solo scudo della parola "amicizia", come già avrete capito, è l’amicizia per interesse.

Sono in carcere per spaccio di sostanze stupefacenti e come nella maggior parte delle carceri i compagni di lavoro sono tanti, chiaramente riporto il caso di noi spacciatori, ma la stessa logica vale per i compagni rapinatori, ladri, bidonisti…

Ognuno occupando uno scalino nella scala gerarchica di questa grande società (e 56.000 detenuti senza contare le migliaia di compagni fortunatamente sotto la buona stella non è una piccola società) e chiunque abbia un minimo di ambizione nella vita vuole salire di qualche gradino,

l’operaio vuole diventare responsabile del personale, poi incaricato generale, e perché non aprire la sua impresa, e magari allagarla e farla diventare una società e poi una società per azioni e ancora meglio diventare un industriale e ancora di più un magnate; insomma uno spaccino a spacciatore poi a trafficante a narcotrafficante alla coltivazione e produzione arrivando cosi amassimo esponente, e il ladro da 2 euro a un buon ladro a un professionista e cosi via fino al gran colpo. Quindi cercherà di acquistare l’amicizia di chi gli permetterà di realizzare buoni business, di chi già ha creato con le sue forze una buona rete di traffico con materiale e prezzi migliori di ciò che lui ha, cercando di prendere, nello stesso tempo i cavalli migliori quelli che gli permetteranno di smaltire il materiale, insomma dovrà "leccare" col sorriso sul viso quelli più in su di lui. Coltiverà amicizie per interesse.

Poi c’è l’amicizia che nasce per la simpatia del personaggio per il suo modo di fare, di parlare per la sua fortuna o sfiga, per la sua innocenza o scaltrezza, per la gentilezza o per il fatto che lui è capace di infischiarsene di tutto, per ammirazione. Ed è gia un’amicizia più rispettabile, anche se solitamente non è solida e il più delle volte alla fine svanisce cosi come è nata.

Poi c’è l’amicizia per opinioni: si nasce con la stessa visione della vita o almeno si hanno più punti in comune, ossia una visione concorde sulle cose e persone che ci circondano dentro come fuori. Poi c’è l’amicizia come solidarietà: qui la solidarietà è un sentimento quasi spontaneo all’interno di un carcere perché siamo tutti nella stessa barca e tutti con lo stesso problema più o meno cioè una condanna da scontare. Rimasi affascinato quando un ragazzo mi raccontò della rivolta fatta in un carcere per far avere una situazione di vita migliore per i sieropositivi e pur non essendo un problema personale, ciò costò molto per la conseguenze disciplinari.

C’è infine l’amicizia vera quella che non svanirà mai, rimarrà indelebile nel tuo cuore.

A volte per circostanze della vita, gli amici possono non vedersi per mesi o anni ma non esiste tempo che faccia svanire la vera amicizia.

 

 

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