Giornalismo dal carcere

 

Garçon, la voce dei ragazzi dell’I.P.M. di Casal del Marmo

Anno XI - n° 37

 

Cosa penso del carcere

L’insofferenza

L’emigrato

Handy a ruota libera

Una mamma in difficoltà

Di me stessa

L’innamoramento in carcere

Parlare, parlare...

Cosa penso del carcere

 

Anche se sto in carcere io riesco a fare passare le giornate pensando che chi sbaglia deve pagare e poiché io ho sbagliato devo farmi il carcere. Meno male che tra un po’ uscirò ma, secondo me, io tornerò a rubare perché il carcere per me non ha senso. Se sei sempre stato un ladro il carcere non ti dà niente per farti cambiare. Certo non è che appena uscito ritornerò a rubare subito, aspetterò un po’ di tempo che passa perché ho paura. Dopo un anno che sei stato detenuto solo a pensare di rifare quello che hai fatto ti fa paura. Forse perché hai tanti momenti per riflettere anche se non vedi l’ora di tornare.

Stare in carcere è per fortuna un momento che passa, perché tu sai che verrà il giorno in cui devi uscire. La voglia di lasciare la cella, le mura, le porte blindate è tanto forte che non puoi dire che il carcere serve, almeno come è il carcere adesso. Passi i migliori anni della tua vita in un posto che ti punisce perché ti fa soffrire, ma non ti guarisce. Anche perché quando ne sei uscito non ti resta dentro niente che ti può aiutare a pensare di cambiare vita. E poi fuori ritrovi la stessa situazione di prima e allora che fai? Ritorni al tuo mestiere. Però, prima di andare via debbo ringraziare una persona che mi ha aiutato: è un caro amico che non dimenticherò e a cui scriverò perché i favori si debbono ricambiare. Questa è l’unica cosa positiva della vita al "Casale".

 

Dejan

L’insofferenza

 

L’insofferenza che sento per l’ambiente in cui vivo da tempo, l’aridità dello stesso, il ripetersi, l’abitudine indolente a certi schemi di vita quotidiana, ha inaridito il mio sprint, ma non ha potuto distruggere a tal punto la potenzialità interiore. Perché non provare a rimetterla in moto? Non so perché non mi rimettono in moto certe cose, so solo che mi piacerebbe tanto ritrovare la vera Handy, che ero e che è volata via senza lasciare nemmeno un bigliettino per farmi sapere dove andava!

Non lo so se tornerà, credo pero , che a ogni crisi corrisponda una nuova rinascita e quindi la vera Handy che ero tornerà ma ne arriverà un’altra. Per ora vivo in un limbo fatto di niente, non ho la più pallida idea di chi sono in questo ultimo periodo, so solo che non mi piace la mia condizione di "morte mentale", ma non riesco a risorgere perché non ne trovo lo stimolo, o forse più semplicemente la mia mente ha deciso di prendersi un periodo di riposo!

Vorrei poter dare una scadenza a questa assenza di voglia di fare, ma quando ci ho provato mi sono accorta che più spingevo avanti e più qualcosa mi ribatteva al muro e mi gridava di stare ferma lì, di non cercare di uscire, perché non era il tempo di farlo.

E così dopo essermi rotta la schiena contro quel muro, ho capito che dovevo seguire quel consiglio ed è per questo che me ne resto accartocciata nel mio angolino e non mi sforzo più, aspetto che la voce che mi grida contro venga da me e mi dica che è il momento che posso rinascere senza rischiare che i miei nervi si spezzino. Prima o poi ritornerò, per il momento vi lascio la mia ombra un po’ mal messa e questo articolo scritto da chi non c’è già più, da una me stessa che prima ancora di arrivare al finale sta iniziando a vedere questo periodo in modo diverso da come l’ha descritto. Tutto cambia, e la penna non riesce a seguire le ombre del mio cervello! Happy Freedom!!

 

Handy

L’emigrato

 

Sono un emigrato venuto per lavorare perché avevo bisogno di soldi, però non ho lavorato, perché volevo fare soldi facili, ed invece neanche soldi facili ho fatto. Sto in galera da tre anni circa: i soldi non li ho visti per niente invece mi sono perso tre anni di vita. A volte certi emigrati sono costretti a fare i delinquenti perché senza permesso di soggiorno non possono trovare un lavoro, una casa, se non in nero e per forza vanno a rubare oppure a spacciare.

Ma io dico perché non aiutano anche gli emigrati che stanno in queste condizioni? A volte noi non ci troviamo bene e lo diciamo in tutti i modi ne parlano male, soprattutto per gli albanesi! Qua in Italia se succede qualche casino, cioè qualche omicidio, subito in TV dicono: "forse sono stati gli albanesi" e questo a me dà molto fastidio.

Sempre per prima cosa lo collocano in una comunità anche se non è giusto parlare senza fatti. Ed io spero che chi legge questo articolo è d’accordo con me. Lo sai cosa dico ai cittadini italiani, che chi viene emigrato qua, sicuramente viene perché ha bisogno di soldi, per creare una famiglia migliore, non viene a fare male a nessuno. Anche quelli che fanno i delinquenti come me, non è che lo vogliono ma sono costretti a fare quella cosa. Vuole soldi ma non vuole fare male a nessuno, ma purtroppo quello che è rimasto tra noi è solo il delinquente, lo dico però che anche se ti metti a cercare un lavoro, prima o poi neanche lo trovi. Vabbè!

Io adesso vi lascio con un po’ di consigli per tutti: trattateci bene perché siamo uguali come voi. Agli emigrati dico abbiate pazienza che il lavoro si trova, se voi però non fate male a nessuno, non vendete la droga alla gente: per noi stessi, perché finiamo sempre dietro queste sbarre.

Ciao a tutti e una vita splendida, a tutti quelli che stanno come me.

 

Armando

Handy a ruota libera

 

Eccoci qua, anche questo sabato al giornalino con la Freda, come al solito non so cosa scrivere però come al solito metterò in moto il mio cervello e qualcosa ne uscirà!Spero che sia qualcosa di buono anche se con il sonno che ho credo proprio che sarà un’impresa abbastanza ardua! Del tempo di sicuro non vi parlo perché in tanti articoli scrivo che c’è il sole o che piove o che fa freddo, non mi sembra il caso quindi di farvi il bollettino meteo pure oggi! Dunque, dunque c’è una cosa che sta occupando ogni angolo della mia mente: il problema é che non ne posso proprio parlare perché è una cosa molto personale. In questo momento vorrei essere in una stanza vuota e vorrei sentire solo il rumore del niente. Ah ma quando arriverà il giorno in cui.... no niente! Spegnetemi per un paio d’ore per favore, mettetemi in un ripostiglio con la spina staccata e dimenticatemi lì per i prossimi due mesi, ve lo chiedo per favore! Fatemi questo regalo! Sono stanca, sono stufa, non ce la faccio più! Ho bisogno d’affetto!

No, veramente sono stanca è credo che si possa percepire da come sto scrivendo, mi vergogno decisamente un sacco di quello che ho scritto e soprattutto di come l’ho scritto. Ma vabbe tanto l’importante è scrivere perché questo giornalino deve andare avanti!

 

Handy

Handy a che ti serve il giornalino?

 

Il giornalino è fatto per farmi parlare ma a nessuno è passato per la testa che forse io di parlare non e ho proprio voglia, soprattutto non ho voglia di dover chiedere se alle persone che mi girano intorno la cortesia di ascoltarmi. Sinceramente il mio muro mi piace e non ho nessuna intenzione di sfondarlo anche perché chi era veramente interessato ad avvicinarsi ha trovato la chiave giusta. Lo sbocco che cercavo l’ho trovato ma ho deciso di lasciarlo perdere perché per il momento mi devo costruire un bel fossato intorno al muro. Ho bisogno di poca gente intorno a me, gli altri il lascio a nuotare con i coccodrilli! Vabbè! in questi giorni sono un po’ acida, forse non e proprio tutto come l’ho descritto, ma diciamo che si avvicina molto alla realtà. Ah, adesso mi spacco un po’ i polmoni con una sigaretta e poi, se mi va, scrivo ancora qualcosa e se non mi va più vi saluto qui! Happy Freedom e buon mercoledì 12 marzo a tutti..... che cavolo di schifo.

 

Handy

Freda, onestamente...

 

Freda, onestamente, non so proprio cosa scrivere. Ho provato a parlare della mia infanzia, ma il risultato è stato abbastanza deludente! Diciamo che la mia vena creativa si è un po’ esaurita, o più semplicemente, diciamo che io mi sono esaurita.

Mi piace scrivere per il giornalino, mi è sempre piaciuto, ma il problema è che, in questo momento. non ho nulla da dire, e tu lo sai che con i tempi "imposti" non ci vado molto d’accordo. Potrei mettermi qui a raccontare che mi fa tutto schifo ma non mi va, l’ho già detto, pensato e scritto almeno mille volte, oppure potrei mettermi a scrivere le cose che mi hai dato tu, ma ti assicuro che i risultati sarebbero decisamente insoddisfacenti!

Tu forse penserai di conoscere la causa di questo mio "stato vegetativo", ma io ti dico che non è quella. Il fatto è che sono veramente stanca. Ormai, anche ogni singolo secondo di una giornata, me lo sento precipitare sulla schiena… anche un fiocco di neve unito ad altri finisce per pesare! Comunque Garçon ha tanti bravi redattori, questo mio silenzio stampa passerà abbastanza inosservato! Veramente non è un problema tuo o di nessun altro, è solo una battaglia tra me e questo posto... per il momento sto perdendo, ma la cosa non mi preoccupa questo posto mi ha già schiacciata altre volte ma mi sono sempre rialzata, più saggia e più forte… Ohi, l’ultima frase ovviamente è uno scherzo! Che se no poi qua si montano la testa! Ok, adesso ti saluto, promettendoti che per il prossimo numero cercherò di essere un po’ più produttiva! Happy freedom.

 

Handy

Una mamma in difficoltà

 

Sono sposata da un anno con un ragazzo di un altro campo di Roma. Il suo nome è Ene, Ci siamo conosciuti perché lui veniva nel mio campo e subito abbiamo sentito simpatia l’uno per l’altro. Ene è un bel ragazzo alto 1.76, bruno e non è mai andato a rubare, ma andava con i suoi genitori in giro. Ci siamo frequentati solo per due giorni e poi ci siamo innamorati. I nostri genitori si sono incontrati per decidere sul matrimonio, che subito dopo pochi giorni è avvenuto. Abbiamo fatto una bella festa, in un ristorante vicino al mio campo.

Dopo sposati ci siamo trasferiti a Parigi, in un albergo, dove siamo rimasti tre o quattro mesi. Non mi piaceva quella vita e avrei voluto tornare a casa, al campo della Muratella. Sono rimasta incinta ed ho deciso di ritornare in Italia, perché avevo problemi con mio marito, che era cambiato di carattere, e anche con un suo zio, che era un po’ prepotente. Sono tornata a casa dai miei genitori e dopo pochi mesi è nato Maurizio, all’Ospedale San Camillo. Il padre voleva vederlo, ma io non ho voluto. Ene non conosce suo figlio, io non voluto farlo riconoscere da lui perché non lo meritava.

Mi sono trovata in difficoltà perché non andavo d’accordo con i miei genitori. Fino ad oggi ho cresciuto Maurizio con l’aiuto della nonna materna, che adesso lo tiene per me. Quando uscirò andrò a rubare e così provvederò al mio bambino e lo proteggerò e lo educherò come deve fare una buona madre. E io lo sono e gli voglio tanto bene, ma ho paura per il suo futuro. Non so fare nessun lavoro, e nessuno mi vuole, perciò sono costretta per amore suo a continuare la mia difficile vita, tra mille difficoltà.

Di me stessa

 

A 13 anni mi sono sposata con un ragazzo che amavo, e abbiamo fatto un bel matrimonio. Poi siamo andati a vivere con i suoi familiari. Dopo tre mesi sono rimasta incinta ed io non lo sapevo. Il mio unico problema era che non andavo d’accordo con lo zio di mio marito. Per il resto andava tutto bene. Dopo 4 mesi me ne sono andata via, perché non ce la facevo più a stare in mezzo a loro. Dopo che sono tornata da mia madre ho scoperto che aspettavo un bambino e mia madre non era d’accordo che io tenessi mio figlio, però io non volevo abortire ed ho fatto così: ho deciso da sola e adesso, per fortuna, ho un bambino meraviglioso di un anno.

Per adesso io sto a Casal del Marmo e mio figlio sta con mia madre. Sono due mesi che non lo vedo e non vedo l’ora di riabbracciarlo. Mi manca così tanto! Spero di uscire tra un po’, io non sono cresciuta con i miei genitori perché loro non andavano d’accordo e mi hanno lasciata alla mia nonna con cui ho vissuto fino ad ora con mio figlio. Io le voglio un sacco di bene, perché non mi ha fatto mai mancare niente, né quando stavo fuori, né adesso che mi trovo dentro. Così farò io con il mio bambino, a cui sarò vicina sempre perché non cresca come sono cresciuto io senza l’affetto dei genitori.

 

Amelia

L’innamoramento in carcere

 

Secondo me l’amore in carcere non esiste, perché una volta usciti da qua dentro si dimentica tutto, proprio perché non è vero amore vero. Sono tutte fesserie che tirano fuori, da qua dentro, perché vedono certi nostri atteggiamenti in un modo sbagliato, esagerato.

Sì, forse si può anche amare, ma fino ad un certo punto anche perché in carcere non si può conoscere mai bene una persona, come è veramente.

Durante la detenzione le persone sono diverse, mentre fuori da casa le vedi come sono. Poi ci sono anche delle difficoltà nello stare insieme, nel frequentarsi, nello stare vicini il più possibile. Qua dentro puoi provare solo emozioni ma non come quelle che provi fuori, quindi per me è solo un gioco. Per gli altri non lo so, ma io la penso così.

L’amore in carcere non esiste e non esisterà mai perché è la situazione stessa in cui ti trovi che non ti porta a giudicare se è un sentimento vero. Non sai nemmeno se una volta fuori potrai incontrare ancora questa persona e, se anche la incontrassi, forse la troveresti diversa, ti sentiresti a disagio e non ci capiresti proprio più niente. Perché non è più la stessa persona.

E allora io dico che è simpatia ciò che provi per uno che come te sta soffrendo la detenzione, può esserci una particolare attenzione, una manifestazione di affetto, un sentire il bisogno di essergli vicina, di avere certe effusioni, per cui non devi preoccuparti né debbono preoccuparsi gli adulti che ci sorvegliano e che non capiscono questa necessità, che non ha nulla di sporco, di illecito e per questo a volte puniscono per una e vicinanza… troppo ravvicinata. Perché crearsi problemi dove non ci sono?

 

Licia

Parlare, parlare...

 

Si! È decisamente meglio parlare, di poco o a volte anche di niente! Parlare del tempo ma non fermarsi mai a pensare al tempo che passa e non torna!

Parlare di cose che non contano, perché quelle che contano fanno male dentro e non si possono né raccontare né scrivere, non possono nemmeno essere pensate, perché si chiudono intorno al cuore e lo schiacciano! Perché scrivere? Per far finta di aprire una finestra, scrivere vomitando fuori quello che sta marcendo dentro, ma che tanto resta li perché la carta e la penna "là dentro non ci arrivano".

Perché raccontare? Beh, a questa domanda non so proprio rispondere, io non mi so raccontare, non lo voglio nemmeno fare. Raccontare a chi? E, soprattutto, raccontare cosa?

Ci sono dei fantasmi neri che non possono essere liberati, perché mi fa paura raccontarmi e poi vedere negli occhi di chi ascolta tutto lo schifo delle mie parole! E, allora, raccontiamoci solo favole, parole leggere che non lasciano tracce nell’anima! E arriviamo alla domanda più cattiva: perché pensare? Per rendersi conto di quanti capitoli sono stati chiusi troppo in fretta, per capire quanti rapporti sono stati cancellati. Pensare a quante storie non vorrei aver vissuto, pensare serve solo a far dire "se potessi tornare indietro", ma visto che indietro non si torna… e allora pensiamo al futuro!

Bello, con il mio fantasma nero, che sicuramente durerà molto di più di anni 8 e mesi 6 di reclusione. Penso ad un futuro diverso e ho paura, perché so che gli incubi saranno gli stessi di oggi! E allora parliamo del sole, della luna, dei programmi della televisione, oppure guardiamoci solo negli occhi e viviamo in silenzio! Happy freedom.

 

Handy

 

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