Il cielo è di tutti

 

Il cielo è di tutti... quelli che hanno le ali

Periodico dell’Istituto Penale per i Minorenni di Catanzaro

(Anno VIII, numero 1, gennaio 2005)

 

I miei ragazzi

Mondi di malavita

Un esame intelligente della mia vita fino a qui trascorsa

I miei ragazzi

 

di Fulvia Nimpo

 

Sabato 30 gennaio li ho visti e mi sono emozionata, partecipavano al progetto Teatro, erano bravi, come al solito. Da novembre 2004 sono in IPM con un progetto che riguarda i minori stranieri. Io mi occupo di stranieri ormai da tanto tempo, ma mai ero rimasta colpita. Ho conosciuto per primo Ardit, il ragazzo albanese, mi è subito entrato nel cuore, così timido, con il suo continuo arrossire, con i suoi chiari occhi teneri, mi sono spesso chiesta in questi mesi: ma cosa ci fa lui qui?

Poi sono venuti al progetto tutti gli altri. Alie, il brontolone, complicato, ma che nasconde sotto quella sua corteccia intransigente un cuore buono, un giorno mi ha scritto della sua esperienza di devianza che lo ha portato all’interno dell’IPM e sono rimasta colpita dalla sua maturità. Said. allegro, buono,  rispettoso, attento sempre a non offendere gli altri, l’ho soprannominato il fotomodello per la sua prestanza fisica e a lui che pure è tanto schivo, piace questo appellativo. Mouhamed dolcissimo, caparbio, affettuoso, tanto legato alla sua famiglia, ti entra nell’anima con quel suo sguardo triste; Jamal, tenero, ancora fanciullo, con ancora intatte le speranze dei ragazzi della sua età, sogna di andare via di qui, di spiccare il suo volo.

Ed infine il principe del deserto: Imad, io non conosco il significato del suo nome nella sua lingua ma deve essere sicuramente qualcosa di bello, come lui. Imad colpisce tutti gli operatori che vengono a contatto con lui, è maturo, controllato, con un desiderio dentro di apprendere tutto ciò che gli viene proposto che lascia senza fiato, come la sua voglia di cambiare la strada che aveva intrapreso, con la sua voglia di volare alto come le ali che lui dipinge di continuo, lui ama disegnare ed ama i colori che portano fuori il bello che ha dentro.

Qualcuno, mentre li osservavo durante la messa in scena del progetto Teatro, mi ha detto: “Li guardi con tanto affetto”. È vero, perché in ognuno di loro, io che li vedo ogni giorno, posso percepire il buono che hanno dentro e spero di poterli aiutare anche una volta fuori da queste mura, perciò ho creato uno sportello presso il Centro di Giustizia Minorile apposta per loro, per seguirli passo, passo, dopo.

Questi sono “I Miei Ragazzi”, come li chiamo io ed anche a loro piace, li fa sentire amati, perché è questo quello di cui hanno bisogno, è questo quello che noi dobbiamo dare loro, perché l’Istituto che li ospita deve rieducarli alla vita all’esterno, deve ridare loro la fiducia negli altri, deve farli credere in se stessi, in modo da poterli riaffidare al mondo consapevoli dei loro errori. E convinti soprattutto che quella porta alle loro spalle si chiuderà per sempre.

 

 

Mondi di malavita

 

di Karim

 

Nella mia esperienza ho conosciuto tre tipi diversi di malavita. Ho saputo dell’esistenza dei Boss ma non ne ho mai incontrato uno. Vengono, infatti. chiamati “ombre” perché si confondono tra le persone comuni. Sono soliti avere anche lavori ritenuti onesti e rispettabili mentre conducono parallelamente affari disonesti, legati all’ambiente mafioso. Esiste un tipo di vita malavitosa molto più evidente, che ha come luogo di azione la strada. Ed è proprio nella strada che, al contrario dei Boss, gli “scugnizzi” agiscono sotto il comando degli stessi che dirigono gli affari.

Questi affari riguardano la droga, la prostituzione ed il pizzo. Ho incontrato questa vita lungo il mio percorso e ormai sono sette anni che condivido tutto questo con altre persone. Sono dentro questo sistema ed ormai è difficile uscirne perché ormai ci sei abituato, ne fai parte.

lo ho conosciuto questo mondo attraverso mio fratello che ora sta a Regina Coeli. Io obbedisco soltanto a lui, non ho altri capi all’interno del gruppo, solo mio fratello. L’attività principale è trasporto di droga. La prima volta avevo nove anni e stavo insieme a due ragazzi più grandi: uno è sceso prima dal treno con il telefono, poi sono sceso io e poi uno dietro. Di solito questi trasporti si fanno in tre, ma noi facevamo finta di non conoscerci. Siamo tutti vestiti bene e camminiamo uno davanti per vedere se ci sono borghesi o cani evidentemente per attirare la loro attenzione scappando, così i poliziotti seguono lui che, però, non ha nulla.

AI centro c’è chi trasporta la droga e dietro c’è quello che guarda se qualcuno ti segue. Detto così sembra facile, ma quando ti ci trovi è difficile, anche se prima o poi ci si abitua. Penso che continuerò a fare questa vita perché è l’unico modo per avere tanti soldi anche da mandare ai miei familiari che sono un botto.

 

 

Un esame intelligente della mia vita fino a qui trascorsa

 

di Edoardo

 

Durante i miei vent’anni ho fatto cose buone, sono andato a scuola fino al secondo alberghiero, anche se non ho avuto molto successo, e molto presto ci tornerò per prendermi una qualifica che oggi è molto importante per lavorare. Però durante la mia vita ho fatto anche tanti errori. Sono andato male a scuola, ho seguito amicizie (che tanto amicizie non erano) sbagliate e ho commesso sbagli che oggi vorrei cancellarle, ma purtroppo non si può tornare indietro, anche se si può voltare pagina e iniziare una nuova vita.

La troppa libertà e le scelte fatte di testa mia mi hanno portato fino a qui. È difficile capire di chi è la colpa ma sicuramente è mia. Se avessi dato retta alla ragione forse non mi sarei trovato in questa situazione. Penso però anche che, oltre che di negativo ho ricavato anche qualcosa di positivo, cioè sono cresciuto apprezzando il valore della vita e il rispetto degli altri. Purtroppo quando stavo migliorando e pensavo di avercela fatta mi è arrivato il definitivo e sono entrato in carcere, ma le cose che ho acquisito al di fuori me le ritrovo e una volta che uscirò le metterò in atto: “La vita continua…”.

 

 

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