Giornalismo dal carcere

 

 Albatros

Giornale dell’Istituto Penale per i Minorenni Ferrante Aporti di Torino

(Anno 2 - numero 2)

 

Il bersaglio da non colpire

Cosa c’è dietro

Io parlo…

Le fiabe

Judo: uno sport da amare

La mia avventura

Il bersaglio da non colpire

 

Il “laboratorio” che produce questo periodico è davvero una scommessa contro tutti i possibili ostacoli esterni. Leggi, regolamenti, consuetudini…: il carcere è come un mondo a sé, spiegano gli operatori. Non è possibile applicare parametri comuni per progettare e realizzare attività in questo sistema fatto di celle, di orari, di rotazioni continue delle persone.

Ma “Albatros” viene ogni volta a sfidare anche tutti i possibili ostacoli “interni”: interni al gruppo che lo produce, interni ai singoli che ne fanno parte. Ogni fascicolo che giunge nelle mani dei lettori potrebbe essere accompagnato - senza esagerazioni – da un libro con i racconti su chi e come è arrivato a scrivere quelle pagine.

Mi sembra doveroso premettere queste considerazioni in occasione di un nuovo passo in avanti che il giornale sta compiendo: quello di arrivare per la prima volta a rappresentanti di organismi che non hanno rapporti consueti con il Ferrante Aporti. Immaginando un bersaglio, è come se “Albatros” stesse superando il limite del cerchio più piccolo per collocarsi in un settore più esterno. Può suonare paradossale, ma l’obiettivo del gioco – in questo caso – non è quello di mirare al centro del bersaglio, ma di riuscire a conficcare le freccette il più lontano possibile di lì.

L’obiettivo del laboratorio che produce questo strumento di comunicazione è infatti ben chiaro: non si tratta di fare “qualcosa” contro la noia, di sognare di essere fuori con l’ausilio di carta e penna, di introdursi nell’uso di mezzi sofisticati per darsi un tono. È l’impegno, in nome e per conto di tutti i detenuti, di consentire l’espressione di pensieri e di curiosità, di segnalare a sé stessi e a chi sta fuori i pensieri che abitano la mente di un giovane mentre sconta una pena.

Mettere in fila delle parole scritte perché creino relazioni non è cosa semplice. Siamo abituati al linguaggio orale, e quello scritto spesso è solamente funzionale al proprio lavoro. Gli stessi rapporti interpersonali galleggiano più facilmente sull’onda dei “messaggini” che sul mare del dialogo. Ai giovani redattori di “Albatros”, e ai loro accompagnatori adulti, va riconosciuta la capacità di produrre una comunicazione che va oltre il banale, il consueto. Con quella fatica in più che è richiesta per tenere le fila di un lavoro diluito nel tempo e fra tante persone.

Se qualcuno trova sulla sua scrivania una delle freccette lanciate a bersaglio, ci faccia sapere: sapremo se questa fatica è premiata. (sommario)

Cosa c’è dietro

 

Sull’argomento droga si è sempre discusso molto, ormai quasi tutti ne hanno parlato: come eliminarla, com’è composta, le punizioni per chi la usa o per chi la vende… si è parlato sempre di argomenti superficiali che a noi ragazzi sembrano solo un modo come un altro per venirci contro. Perché invece nessuno si è mai chiesto “cosa c’è dietro?”, perché quando una persona vede un ragazzo che fa uso di sostanze stupefacenti riesce solo ad evitarlo e non a chiedergli perché lo fa? Forse perché le persone che ne sono fuori fingono semplicemente di interessarsi ma in realtà hanno le idee ben chiare...e ti classificano: ti droghi? Sei un cattivo ragazzo che ha deciso di buttare via la sua vita, semplicemente una persona da evitare, ti guardano sentendosi un gradino più in alto e non riescono a vedere minimamente quello che può averti portato a fare determinate azioni.

Ed è anche per questo che i ragazzi continuano a farlo, perché la gente riesce a vedere solo quello che vuole vedere… io in prima persona posso dire di conoscere tante persone, e vi assicuro che di persone cattive ne ho viste… ma non tra le persone che fanno uso di droga. Chi ti giudica senza sapere, senza nemmeno provare a capirti, quelli che ti guardano e ti mettono nella massa senza capire che anche tu hai una tua persona, loro che sono senza problemi e che hanno una vita fantastica guardandoti dall’alto in basso… queste non vi sembrano persone cattive? Magari cattivi non è l’aggettivo giusto, forse sarebbe più azzeccato qualcosa come superficiali o perfino insulse… È a loro che dico: guardateci e sappiate che la nostra vita non vale meno della vostra, perché anche se sbagliamo in qualcosa noi possiamo recuperare, mentre quelli come voi sono condannati a vivere nel loro buio… con la speranza che qualcuno capisca questa lettera mando un abbraccio a tutti i ragazzi… (sommario)

Io parlo…

 

Versione seria

 

C’erano una volta, in un carcere minorile chiamato Ferrante Aporti, due ragazzi ai quali fu assegnata una stanza da rimettere a nuovo. I due ragazzi, con l’aiuto di un operatore molto bravo a pitturare, appena entrati si guardarono in faccia… Al primo impatto la stanza si mostrava loro brutta, talmente brutta da far passare la voglia di rimetterla a posto. Col passare dei giorni, ridendo e scherzando, iniziavano a vedere i primi risultati: i muri, che una volta erano neri, diventarono bianchi… il soffitto venne dipinto di vari colori… gli angoli che erano coperti di muffa, vennero rimessi a nuovo con delle decorazioni molto allegre.

È stato un lungo lavoro, a volte anche un po’ faticoso, ma la parte più drastica di tutto questo è stato il pavimento perché alla fine dei lavori era ricoperto di piccole gocce che ci erano cadute nel tinteggiare. Se noi siamo riusciti a fare questo, dobbiamo ringraziare l’operatore che ci ha seguito passo a passo. La stanza che una volta si presentava orrenda ora è diventata graziosa e accogliente.

Versione allegra

 

C’erano una volta due ragazzi che incontrarono un povero ingenuo. A prima vista si presentava come uno straccione… I due si guardarono negli occhi e con lo sguardo si dissero: “Ma chi ci hanno mandato?”. I due gli diedero un’opportunità, quella di tagliarsi i capelli, di farsi la barba, lavarsi e di mettersi degli abiti decenti. Quando lo videro non potevano credere ai loro occhi, ed infatti uno dei ragazzi si diede delle sberle per vedere se era vero o soltanto un sogno.

Quel tipo era solo uno spilorcio da paura, infatti, tutti i soldi che guadagnava non li adoperava affatto… così, guardando nei documenti privati di una banca, scoprirono che era il più ricco di tutto il Torino. (Sommario)

Le fiabe

 

Mercoledì mattina, all’attività scolastica abbiamo presentato un progetto creato da un uomo detenuto al carcere “Le Vallette” (S.) di Torino con l’aiuto delle ragazze del carcere e della comunità Arcobaleno. Questo progetto è composto da una specie di “puzzle” con delle fiabe da comporre per aiutare noi più piccoli del Ferrante Aporti.

Ogni fiaba dà un piccolo insegnamento o comunque dona un piccolo sorriso per chi riesce a capirle. Infatti queste sono semplici fiabe, ma ragazze straniere, come alcune delle piccole del Ferrante Aporti, non sono riuscite a capirle, cercando comunque di metterle insieme e di far risultare il puzzle completo.

Con l’aiuto della maestra Chiara (e anche del disegno sul retro) sono riuscite a completare questo puzzle ridendo e scherzando come penso volesse essere l’intento di questo progetto, che con un po’ di difficoltà è stato finito. Il puzzle è stato un gesto apprezzato da molte di noi del Ferrante Aporti perché, come capirete e saprete anche voi non è facile per delle ragazzine come noi (come d’altronde per qualunque persona detenuta stare in carcere, non avendo più la possibilità così di apprezzare la cosa più bella che l’uomo abbia mai avuto, la libertà.

L’aiuto da parte di altre persone, magari anche altre ragazze come noi, ci fa capire che non siamo sole, e che non siamo nemmeno le uniche a non poter più stare vicino alle persone che amiamo...ma che comunque bisogna essere forti e arrivare al giorno dopo sempre con la testa alta.

Molte di noi hanno espresso i loro ringraziamenti ad alta voce, dicendo cose del tipo: “Che bel puzzle maestra! È tutto colorato… grazie a chi l’ha portato” o anche “Le fiabe che hanno scelto sono carinissime… complimenti!” e tante altre cose di questo tipo.

Ormai siamo in tante qua al Ferrante e io in prima persona guardandomi intorno vedo anche tante piccole che per migliorare hanno solo bisogno di un po’ di affetto… non sicuramente di una permanenza in carcere; questi piccoli gesti d’affetto che ci arrivano anche da fuori ci aiutano molto...sono piccoli gesti che a noi qui dentro sembrano enormi. Grazie a tutte le ragazze che ci hanno aiutato e che continuano a farlo… noi non dimentichiamo questi gesti! Con tanto affetto… le “piccole” del Ferrante Aporti. (Sommario)

Judo: uno sport da amare

 

La prima volta che ho provato a praticare questo sport sono andato con un mio amico; sono passati 8 anni da allora, ma ancora oggi sono appassionato di questa arte marziale molto antica che arriva dall’Oriente. Il Judo prevede dei combattimenti il cui scopo finale è quello di mettere l’avversario con la schiena a terra. I campionati previsti per questa disciplina partono dal livello cittadino e arrivano fino al livello mondiale: le Olimpiadi.

Io ho iniziato il mio percorso facendo gare in palestra, poi il mio maestro mi ha mandato ai campionati cittadini che ho vinto. Questa vittoria mi ha dato la possibilità di partecipare ai campionati regionali. Da questo campionato sono stato eliminato molto presto ma avevo soltanto 12 anni. Ho continuato a fare judo per 2 anni dopo questo campionato poi ho smesso perché la voglia mi era passata. Quando ho lasciato il judo ero cintura verde. La cintura indica il grado di esperienza e di capacità dell’atleta. Quando si inizia si indossa la cintura bianca, i più esperti indossano la nera. In mezzo ci sono questi altri colori: giallo, arancio, verde, blu e marrone. Il judo mi ha lasciato un diploma perché ho vinto il campionato cittadino, ma anche una mano rotta durante lo svolgimento del campionato regionale. Questa disciplinami ha insegnato a controllarmi, a gestire le reazioni e la forza che uso nei miei gesti. (Sommario)

La mia avventura

 

Stare chiusa in una stanza è la cosa più brutta, essere privati della propria libertà. Io non mi sono sentita mai così male, stare chiusi 24 ore su 24 senza i propri famigliari e sopratutto senza la persona amata ti fa sentire sola e abbandonata. Ma nello stesso tempo è come un’avventura, stai male e sei triste ma incontri tante persone, fai tante amicizie. Un’amica ti sta sempre accanto quando piangi, quando sei triste ti sta sempre vicina. Il carcere è brutto ma allo stesso tempo è bello, perché incontri delle persone magnifiche. Qui dentro stiamo insieme 24 ore su 24 e la cosa più brutta è quando ci dividiamo; perché ti affezioni una all’altra, stai cosi tanto tempo insieme e poi ti separi.Io è quasi un anno che sono qui dentro e finalmente è arrivato il momento che aspettavo da tanto tempo, la cosa più bella è la liberta, mi mancheranno le mie amiche ma dovunque andrò, qualunque cosa farò non le dimenticherò mai, saranno sempre nel mio cuore. (Sommario)

C/o laboratorio di informatica – Via Berruti Ferrero n° 3 – 10135 Torino

Direttore Responsabile: Antonio Labanca

Collaborazioni: Ragazze e ragazzi del Ferrante

Giornale realizzato grazie al contributo del progetto P.A.R.I.

 

 

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