Rapporto CPT Italia

L'italia: i rilievi del Comitato europeo per la prevenzione della tortura

   

Le visite ispettive del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura sono lo specchio fedele delle condizioni presenti nelle stazioni di polizia e nelle caserme italiane. Ossia è il miglior modo per accertare quanto le forze di polizia si muovano in un'ottica human rights oriented.

Nell'ottobre del  1995  il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura ha visitato una serie di luoghi, fra cui le seguenti stazioni di polizia:  

1)    Questura di Catania Via Manzoni

2)    Questura di Napoli Via Medina

3)    Questura di Roma Via San Vitale

4)    Posto di Polizia alla Stazione Centrale di Milano

5)    Posto di Polizia alla Stazione Centrale di Roma Termini

6)    Posto di Polizia all'aeroporto internazionale di Roma Fiumicino

7)    Sala di attesa nella zona di transito presso l'aeroporto internazionale di Roma Fiumicino.

 

Gli Stabilimenti visitati, in dotazione all'Arma dei Carabinieri, sono stati:  

 

1)    Catania Piazza Verga

2)    Catania Piazza Dante

3)    Napoli Ponticelli

4)    Napoli Poggioreale

5)    Roma Parioli.  

 

Gli Stabilimenti visitati, in dotazione alla Guardia di Finanza, sono stati:  

 

1)    Milano Ufficio Regionale

2)    Roma Ufficio Speciale

3)    Roma Centro per la repressione delle frodi.  

 

Gli Istituti Psichiatrici visitati sono stati:  

 

1)    L'Ospedale Civile Leonardo Bianchi di Napoli

2)    L'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Napoli.  

 

Ecco alcuni passi salienti del rapporto riguardanti le forze dell'ordine:  

 

"La delegazione del CPT ha visitato gli stabilimenti della Polizia di Stato e dei Carabinieri; alcuni dei luoghi della Polizia di Stato visitati erano stati oggetto della precedente visita dell’OPT. Inoltre, la delegazione dell’OPT ha visitato tre stabilimenti della Guardia di Finanza.

Nel corso della visita, la delegazione dell’OPT non ha incontrato che un piccolo numero di persone detenute davanti alle forze dell'ordine; pertanto la delegazione si è intrattenuta con numerosi detenuti negli istituti penitenziari visitati in relazione al trattamento cui sono stati soggetti durante lo stazionamento presso le camere di sicurezza delle forze dell'ordine. Un numero considerevole di detenuti incontrati a Milano ed un certo numero di detenuti incontrati a Roma hanno sostenuto di essere stati maltrattati da membri delle forze dell'ordine; queste denunce riguardano principalmente la Polizia di Stato e, in misura minore, i Carabinieri.

La delegazione ha inteso meno denunce di questa natura a Napoli e a Catania.

Le forme dei maltrattamenti denunciati sono essenzialmente gli stessi di quelli menzionati nel rapporto relativo alla visita del 1992 e riguardano soprattutto gli extracomunitari e le persone arrestate per violazione della legge sugli stupefacenti.

La consultazione del Registro 99 nella sezione nuovi giunti della casa circondariale di Milano (San Vittore) ha permesso di constatare che nelle quattro settimane precedenti la visita, 35 persone (che sono approssimativamente un nuovo arrivato su quindici) si sono lamentate di essere stati malmenati al momento del loro arresto.

Più della metà di loro presentano lesioni fisiche ed altri segnali che dal punto di vista medico sono compatibili con le loro denunce. I danni subiti da alcuni

(trauma cranico, contusioni o fratture composte o multiple) possono essere qualificati estremamente gravi. C'è da sottolineare che tutte le lesioni traumatiche riscontrate nel registro 99 sono state trasmesse d'ufficio al magistrato competente.

Inoltre, tutti i detenuti per i quali vi sono denunce di maltrattamenti sono stati convocati dal Comandante di Reparto al fine di confermare le stesse.

La delegazione dei CPT ha avuto modo di intrattenersi, in maniera riservata, con tre dei detenuti recentemente giunti in carcere e che presentano tracce di lesioni.

Il primo dei detenuti interrogati ha denunciato di essere stato trattato brutalmente al momento dell'arresto da agenti della Polizia di Milano. Le violenze denunciate comprendono colpi ai piedi, colpi di manganello e colpi con un'arma sulla spalla destra. Arrivato in carcere, è stato constatato che presentava "contusioni estese nella regione lombare prevertebrale sinistra". Un secondo detenuto ha denunciato di essere stato malmenato da agenti della Polizia di Milano durante il trasferimento in macchina in carcere. Al momento del loro ingresso in carcere, è stato constatato che presentava " una leggera escoriazione sulla parte destra del viso e sulle braccia". Il terzo detenuto ha denunciato che alcuni agenti di polizia io avrebbero colpito ai piedi con il manganello; ha anche affermato che altri agenti hanno simulato di strangolarlo con la sua cintura. Una volta giunto in carcere, presentava tracce di "escoriazioni all'avambraccio ed alla spalla sinistra e tumefazioni". Gli è stato proposto di fare una radiografia del braccio sinistro e del torace e di restare in osservazione nell'infermeria del carcere.

La proporzione dei detenuti nuovi giunti alla casa circondariale Regina Coeli di Roma che denunciano di avere subito maltrattamenti è ugualmente non irrilevante. Nel corso delle tre settimane che hanno preceduto la visita, undici detenuti che avevano denunciato di avere subito maltrattamenti dalle forze dell'ordine presentavano ferite compatibili con le loro denunce. Un primo caso da citare a titolo di esempio riguarda un detenuto giunto dall'ospedale San Camillo; all'esame del medico di guardia presenta i seguenti segni: ecchimosi alla regione sottooculare sinistra ed alla regione laterale sinistra del collo, dolori al setto nasale, una lacerazione alla regione frontale sinistra, dolori all'emitorace destro. Furono richiesti urgentemente radiografie del cranio e del torace. Un secondo caso riguarda un detenuto che presentava, al momento dell'ingresso in carcere, lesioni (tipici, secondo il medico, di colpi di manganello) ed escoriazioni sul petto, sugli avambracci, sulla spalla, sul collo e sulla gamba destra oltre che contusioni ed ecchimosi sulla spalla destra.

Nella Casa circondariale di Napoli (Poggioreale), il registro 99 contiene una descrizione piuttosto succinta delle lesioni riscontrate sui nuovi giunti. La delegazione si è intrattenuta con alcune persone che presentavano lesioni al momento del loro ingresso in carcere. Per esempio, un detenuto di origine nordafricana che portava tracce di ecchimosi ed ematomi multipli affermava di essere stato maltrattato al momento dell'arresto. Un secondo detenuto sempre di origine nordafricana presentava una lesione all'orecchio sinistro alla quale erano stati messi i punti; la ferita era compatibile con la sua denuncia di essere stato colpito con la pistola al momento dell'arresto.

Dopo la prima visita periodica del 1992, il CPT era arrivato alla conclusione che fra le persone private della libertà dalle forze dell'ordine, soprattutto alcune categorie (extracomunitari, persone arrestate per violazione della legge sugli stupefacenti, ecc.) corrono attualmente un maggior rischio di maltrattamenti. Visto in particolar modo il comportamento della Polizia di Stato di Milano, sembra che la situazione delle persone detenute sia di pari degrado rispetto a quanto riscontrato dopo la prima visita periodica del Comitato. Nel Rapporto relativo alla prima visita periodica, il CPT ha raccomandato che il personale direttivo delle forze dell'ordine indicasse senza ambiguità ai propri subordinati che certi maltrattamenti sono inammissibili e che sarebbero stati severamente sanzionati.

La migliore garanzia possibile contro i maltrattamenti è che il ricorso a tali metodi sia rifiutato senza ambiguità dagli agenti di polizia. Di conseguenza, gli insegnamenti di materie attinenti ai diritti umani ed una adeguata formazione professionale costituiscono una parte essenziale di una strategia di prevenzione dei maltrattamenti. Il CPT ha notato che una certa formazione sulla materia dei diritti umani è stata assicurata ai membri della Polizia di Stato e dei Carabinieri durante la loro formazione di base e permanente e che essi sono informati delle sanzioni penali e disciplinari cui possono essere soggetti in caso di maltrattamenti a persone detenute.  

 

 Il CPT raccomanda: 

 

che una grande priorità sia accordata all'insegnamento dei diritti umani ed alla formazione professionale dei membri delle forze dell'ordine di tutti i gradi e di tutte le categorie. Esperti non appartenenti a questa categoria devono essere incaricati della formazione;  

che una attitudine alla comunicazione interpersonale divenga un fattore essenziale nella procedura di reclutamento dei membri delle forze dell'ordine e che un'attenzione considerevole sia posta all'acquisizione ed allo sviluppo di tecniche di comunicazione interpersonale durante la loro formazione.

Conviene ripetere che un importante mezzo di prevenzione dei maltrattamenti da parte delle forze dell'ordine consiste in un esame diligente di tutti i reclami formulati a riguardo e nell'applicazione di sanzioni penali appropriate. Una simile misura può avere effetto dissuasivo sugli appartenenti alle forze dell'ordine inclini a maltrattare persone detenute i quali possono avere l'impressione di poter agire impunemente. A tal riguardo il CPT ha preso nota delle informazioni trasmesse dalle autorità italiane a proposito dei reclami per maltrattamenti contro membri delle forze dell'ordine e delle sanzioni disciplinari e/o penali inflitte. Il CPT vorrebbe ricevere queste informazioni per l'anno 1996. 11 CPT vorrebbe ugualmente ricevere informazioni dettagliate sulle procedure disciplinari applicate nei casi di denunce di maltrattamenti contro membri delle forze dell'ordine, comprese le garanzie prese a tutela dell'obiettività della decisione.

Infine, per ciò che concerne le denunce di maltrattamenti al momento dell'arresto, il CPT riconosce che l'arresto di un sospettato comporta dei rischi, e l'eventualità della resistenza agli agenti. Le circostanze dell'arresto possono essere tali che l'interessato subisca lesione senza che vi fosse stata deliberata intenzione di infliggerla. Cionondimeno, al momento di procedere all'arresto, non deve essere usata più forza di quella strettamente necessaria. Inoltre, nel caso di una persona che sia colpita, non è mai giustificato che sia brutalizzata. Alla luce delle informazioni raccolte durante la visita, il CPT raccomanda che tali precetti siano formalmente e fermamente prescritti ai membri delle forze dell'ordine.

 

Condizioni di detenzione nelle stazioni di polizia

 

Conviene ripetere i criteri generali applicati dal CPT a riguardo delle condizioni di detenzione negli stabilimenti della polizia di Stato e dei carabinieri. Tutte le celle devono essere di una dimensione ragionevole per il numero di persone che devono ricevere, con aria sufficiente e luce naturale. In più le celle devono consentire il riposo (per esempio vi deve essere una sedia o un banchetto fisso) e le persone obbligate a passare la notte in detenzione devono avere a disposizione un materasso e coperte. Le persone detenute devono potere soddisfare i propri bisogni fisici al momento voluto, in condizioni di riservatezza e decenza, e devono disporre di possibilità adeguate per il bagno. Devono per tutto il tempo avere accesso all'acqua potabile e ricevere i pasti alle ore consuete, compreso almeno un pasto completo al giorno (cioè più di un panino). Le persone detenute per periodi prolungati (24 ore o più) devono poter beneficiare, nei limiti del possibile, di una permanenza all'aria aperta.

Rispetto a tutti gli stabilimenti visitati, il CPT raccomanda che le condizioni di detenzione nei differenti stabilimenti visitati tengano conto delle seguenti indicazioni:

installare luce artificiale nelle celle del posto dei carabinieri di Piazza Verga a Catania e riparare la luce artificiale nelle celle del posto dei carabinieri di Parioli a Roma e della Questura di Roma;

fornire dei materassi alle persone detenute nella notte nella Questura di Catania e nel posto dei carabinieri di Parioli a Roma;  

 

Posto di polizia di frontiera

 

Questo posto, situato nella zona degli arrivi, era in totale ristrutturazione (i lavori erano cominciati una settimana prima). Il nuovo posto comprendeva: una sala di attesa (ambiente di 20 metri quadri) con delle panche; un locale di detenzione riservato ai detenuti in attesa di giudizio o pericolosi; un secondo locale di detenzione (ambiente di 10 metri quadri) con una porta a vetro blindata; un bagno ben equipaggiato. La luce artificiale e l'aerazione nei locali era sufficiente; tuttavia, è da notare che questi locali non consentono alcun accesso alla luce naturale. E' ugualmente da sottolineare che nessuna possibilità era assicurata a chi intendesse fruire dell'aria aperta. I locali erano inidonei a detenere persone per periodi prolungati.

 

Zona riservata ai passeggeri in attesa di visto

 

Le autorità dell'aeroporto avevano destinato questa zona ai passeggeri in transito non ammessi al territorio italiano. Inoltre, in assenza di altri locali di detenzione appropriati, gli stranieri inviati dalle questure per essere espulsi erano legalmente ristretti. Per misura di sicurezza, a tutte le persone fermate in questa zona il passaporto ed il biglietto di aereo erano ritirati; inoltre non potevano disporre dei loro bagagli.

Vi è una stanza di 50 metri quadri con otto sedie. Dispone di televisione, radio, telefono, giornali, macchina automatica per bevande; vi era luce artificiale. Le persone qui ristrette non erano del tutto protette dalla vista del pubblico. La stanza era dotata di due bagni (uomini e donne), con una doccia ed un w.c. Lo stato di questi bagni lasciava a desiderare.

Al momento della visita della delegazione, nella zona riservata summenzionata vi era una famiglia di origine irachena (una coppia e due bimbi), lì da più di dieci giorni. A questi passeggeri in transito era stato rifiutato una prima volta l'ingresso nel territorio italiano, si erano recati in Tunisia e poi si sono ripresentati in Italia. Altre quattro persone albanesi erano ristrette da quattro giorni negli stessi locali. Una consultazione dei dossier della polizia di frontiera ha evidenziato che comunemente la durata media della restrizione era di 4/5 giorni, eccezionalmente di due settimane. C'è da notare che non vi era alcun letto a disposizione delle persone che dovevano passarvi la notte. Allo stesso modo non vi era disponibilità di fruizione di aria aperta per le persone che dovevano permanervi per periodi prolungati.

Il CPT è ugualmente preoccupato per la questione dell'alimentazione delle persone ristrette nella zona riservata. Un cartello posto all'ingresso della zona indicava che le distribuzione dei pasti sarebbe avvenuta due volte al giorno, alle 12 ed alle 18, e che i passeggeri avrebbero ricevuto bevande e pasti dalle compagnie aeree interessate. I pasti sono frugali (sandwich ed acqua); eccezionalmente, alcune persone erano autorizzate a recarsi, con la scorta della polizia, in un ristorante dell'aeroporto.  

 

Il CPT considera che le condizioni di detenzione osservate nella zona riservata sono inaccettabili e possono essere considerate degradanti.

 

 

In effetto, sono detenuti per più giorni in una grande promiscuità, uomini, donne, bambini, in una situazione che non consente il riposo notturno. Al massimo in questa stanza la detenzione può durare qualche ora.

Di conseguenza, il CPT raccomanda alle autorità italiane di prendere misure immediate per migliorare in maniera significativa le condizioni di soggiorno delle persone ristrette per qualche ora all'aeroporto di Roma-Fiumicino. Questi miglioramenti dovranno principalmente comprendere:

 

la possibilità di poter riposare dignitosamente (con materasso e coperte), eliminando la promiscuità e la visibilità al pubblico;

la fornitura dei pasti agli orari consueti (che comprenda un pasto completo almeno una volta al giorno);

la possibilità di avere accesso ai propri bagagli;

la possibilità di beneficiare di almeno un'ora al giorno di aria all'aperto;

la disponibilità di spazi per la lettura.  

Questi sono soltanto alcuni stralci del Rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura essenziali per capire che anche in Italia vi è l'urgenza, o quanto meno l'opportunità, di istituire un organismo di controllo dell'attività di polizia, anche per riorientarla verso il suo fine primario, ossia la tutela dei diritti fondamentali della persona.  

 

 

 

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