Ristretti Orizzonti

 

Reportage. Viaggio a Feltre al Museo dei Sogni:

fra pietre, sassi, terra e acqua una forma diversa di comunicazione

di Francesca Carbone, redazione di Ristretti Orizzonti

 

25 aprile 2008

 

È stato pubblicato questo mese "Educare con arte", il quaderno numero 17 della Comunità di "Villa San Francesco", per ricordare i suoi sessant’anni di attività (1948-2008) e i 4000 ragazzi che vi hanno vissuto.

 

La villa, che si trova a Facen di Pedavena (località Feltre, BL), è una comunità del Centro Italiano Femminile (C.I.F.) di Venezia e opera in favore di minori che necessitano di un intervento educativo-assistenziale per superare problemi legati alla convivenza familiare.

 

I ragazzi di Villa San Francesco ti guardano con occhi timidi, rivelatori di fragilità, disorientamento, e a volte, forse, del senso di esclusione dal resto del mondo.

 

La Comunità ricorre all’arte per educare e stimolare questi giovani, incoraggiandoli a esprimere la propria personalità e un’abilità troppo spesso soffocata dalla mancanza di autostima.

 

Vivono immersi fra milleottocento opere realizzate da duecentosessanta artisti fra italiani e stranieri, (oltre millecinquecento i quadri d’arte moderna); Vito Calabrò è la firma più presente dal 1980, quando incontrò il direttore della Comunità Aldo Bertelle: da allora numerosissime le iniziative che vedono i ragazzi coinvolti assieme agli artisti: allestimenti di grandi e piccoli presepi nel periodo natalizio, mostre d’arte, incontri culturali di alto livello.

 

Museo dei sogni, della memoria e dei presepi

 

Nel 1986 dalla Comunità di Villa San Francesco nasce "Arcobaleno’86", cooperativa di solidarietà sociale in località "Casonetto", per affrontare la difficoltà di vivere anche attraverso l’apprendimento di un’attività lavativa: comparto ortofloricolo, manutenzione del verde pubblico e privato, piccoli assemblaggi, iniziative culturali e sociali, agriturismo. Presenti diverse strutture, tra cui quelle che ospitano laboratori di ceramiche e vetro, e i musei. La cooperativa cerca di evitare che, una volta nella giungla del mercato del lavoro, i ragazzi si spengano in un’occupazione alienante, vanificando gli sforzi di anni.

 

Quando si arriva ad Arcobaleno’86 il tempo si ferma. Si parcheggia davanti al Carro della Memoria, un vagone che trasportava i deportati nei campi di concentramento durante la II guerra mondiale. L’impatto è forte e il confine che separa passato, presente e futuro inizia a perdere di nitidezza: si comincia subito a confrontarsi con il peso della storia, con i sogni degli uomini e con i loro errori.

 

Chissà a quale epoca appartiene Aldo, il direttore, "il grande padre", che attende i visitatori all’entrata: «Benvenuti nel mondo "delle quattro esse": sogni, segni, simboli, solidarietà». Il viso segnato dalla fatica e dalla sofferenza della quotidianità di essere educatore, negli occhi la forza di chi, testardo, non si piega ad un presente che ha perduto molti valori e punti di riferimento; nella voce e nei movimenti la fermezza di chi non può mai mostrare esitazione, perché ha addosso mille giovani occhi che lo vedono come una guida.

 

Parla quasi sempre in dialetto locale, e questo insieme ai suoi discorsi, i gesti, le frasi inusuali, rivela la volontà di calarsi nel mondo dei suoi ragazzi, e anche ai visitatori Aldo chiede lo sforzo di lasciarsi alle spalle i codici comunicativi standard. «Tante volte "i grandi" pensano che siano i ragazzi il problema – spiega -, invece è proprio l’opposto», una frase che sintetizza bene la sua impazienza nei confronti degli adulti: per chi non coglie i messaggi lì alla Cooperativa Arcobaleno scatta subito il cartellino rosso.

 

Nel silenzio, che è l’elemento dominante, una musichetta proviene da uno dei musei e invita a entrare... la sensazione è un po’ quella di essere sospesi, e non si sa bene che fare davanti a quel carrettino alla porta, sul quale si prega di lasciare tutto ciò che non serve, preoccupazioni comprese. Davanti a questa richiesta la persona comune inizia a domandarsi se non avrebbe fatto meglio a starsene a casa sua. Un senso di spiazzamento che si rafforza una volta dentro alla prima sala di quello che è l’ormai famosissimo museo dei Sogni, della Memoria e dei Presepi, di fronte al modo in cui gli oggetti sono esposti: in barba a qualunque canone di esibizione, domina un ordine talmente poco chiaro da ricordare la confusione. Tutto intorno, frammenti e materiali di storia, pezzi prelevati dal loro contesto e portati lì a raccontare e ricordare ciò che non deve essere dimenticato per la tragedia a la speranza che rappresenta: da una tegola di Hiroshima, a un pezzo del muro di Berlino, calcinacci di quello costruito dagli israeliani in Palestina, e resti di un mattone della stazione di Bologna dopo l’esplosione nell’80; macerie del soffitto della scuola di San Giuliano e sanpietrini prelevati in Vaticano dal punto esatto in cui Papa Giovani Paolo II subì l’attentato, accanto le lenzuola del policlinico Gemelli che vennero usate quando Wojtyla vi arrivò in fin di vita; e poi frantumi delle Torri Gemelle e una serie infinita di tanti altri oggetti e memorie.

 

Aldo non lascia tregua: «C’è qualcuno di voi che sappia qual è il sogno di vostra madre o padre?». incalza i ragazzini presenti, e li provoca ancora: «Ti ho capito sai, a te! Tu sei così, così e così…». Loro non si perdono una sola della sue parole: non hanno bisogno di tante chiavi interpretative né sono pieni di difese e sovrastrutture come gli adulti. Forse la scuola e la società in genere non l’ hanno ancora capito, ma il direttore sa bene che con i ragazzi ci vuole una comunicazione diversa, a partire dall’insegnamento della storia che può appassionare molto di più se la si tocca con le proprie mani. Servono simboli e segni: per questo nasce il Museo dei Sogni.

 

Bertelle si avvicina ad una grande ampolla di cristallo piena di terra: proviene da 198 paesi del mondo. Nel 1998 i giovani della Comunità avevano scritto a tutte le massime cariche dei paesi del pianeta chiedendo che spedissero loro un pugno di terra della nazione che rappresentavano; nove anni più tardi l’ultimo è arrivato, pronto per essere mescolato agli altri per ricavarne I Mattoni del Mondo, che verranno redistribuiti ai vari stati. Si chiama educazione alla mondialità e alla cittadinanza globale: ognuno di noi è parte di un tutto. E poi polvere siamo e polvere ritorneremo: il credo cristiano presente in ogni parola di Aldo, lo è in un’ accezione laica, frammisto al messaggio universale di pace, che lui ricorda essere iscritto nell’art. 28 della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1948, col riferimento a un giusto ordine sociale e internazionale.

 

In un’altra grande anfora, sono contenute le acque arrivate a Casonetto da tutte le parti del mondo: chiunque voglia aggiungerne dell’altra in segno di pace è il benvenuto.

La realizzazione di quell’anfora e quell’ampolla ha insegnato ai ragazzi che se lo si vuole, nulla è impossibile.

 

Ultima mission impossible da portare a termine quella del bastone del pellegrino, un legno di acacia che tre giovani cresciuti in comunità e oggi diventati educatori e operatori, avevano avuto in dono a Nazareth dai Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, dove erano andati in visita. Da lì lo avevano portato a Betlemme, ripercorrendo il viaggio di Giuseppe e Maria per andare a censirsi, e poi su verso casa, al Museo dei Sogni, dove è rimasto esposto sino al 23 marzo del 2008. Quella data ha segnato la partenza per un lungo viaggio del bastone nell’intera penisola italiana, che si concluderà il giorno di Natale 2008, quando esso ritornerà di nuovo a Feltre. Chiunque potrà camminare, per quanti chilometri vorrà, portando il legno per un tratto del suo tour a tappe: 12 città che rappresentano 12 tribù, nelle quali si chiede ai cittadini di riconoscersi e censirsi: Calunniati, Contemplativi, Coraggiosi, Credibili, Essenziali, Giusti, Memori, Rispettosi, Ri-Cercatori, Senza Utile, Sognatori, Testimoni.

«La convocazione all’iscrizione in una tribù deriva dall’art. 2 della Costituzione – spiega il team dell’Arcobaleno’86 –che impone a tutti in via inderogabile l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale. Questo esige una verifica periodica dei valori ideali e comportamentali di ogni cittadino». Perciò dal 15 dicembre 2007 al 24 dicembre 2008 chiunque potrà iscriversi in una delle 12 tribù sia durante il percorso del bastone, che presso la cooperativa Arcobaleno, oppure anche procedendo tramite censimento a distanza dalla propria casa o per procura. Di nuovo segni e simboli fondono il messaggio cristiano a quello laico: il pellegrino è cosciente che il grande cammino avviene in se stesso, che nulla è possibile se non ci si auto-aiuta, non ci si ama, non si è autori e artefici della propria vita…in atre parole, non ci si realizza.

La Madonna dell’inutile

di Francesca Carbone, redazione di Ristretti Orizzonti

 

25 aprile 2008

 

Erano gli anni dei trentadue bimbi trovati nei cassonetti della discarica, gli anni dell’Italia che buttava via la vita. Aldo commissiona allo scultore padovano Giancarlo Frison una Madonna fatta coi rifiuti.

«Ho pensato a chi sarebbe andato a pregarla: i volontari di Villa San Francesco, le persone semplici – spiega Frison -, così ho escluso il linguaggio della mera ricombinazione di oggetti trovati».

 

Vicino a una discarica di rottami d’auto, l’artista trova la radice di un albero divelta da una tempesta, raccoglie in giro una suola di scarpone, pezzi di catena, gli anelli usati per tenere le vacche nella stalla, un cagnolino di plastica, una scheggia di albero, qualche cascame di fonderia…«Ero allora, e lo sono tuttora, alla ricerca di una comunicazione gentile, del linguaggio della dolcezza che l’uomo ha dentro di sé ed esprime, anche in fasi storiche terribili, nella cultura e nella vita.

 

Cerco un’accezione possibile dell’umanesimo, in un tempo in cui l’arte non rappresenta la figura umana se non è lacerata, violentata o deforme. Quando la violenza e la brutalità, magari anche come denuncia, divengono tendenza culturale - afferma Frison – il cerchio si chiude e non c’è più luce».

L’artista ingloba tutti questi oggetti "inutili" nel modello in plastilina e questi entrano nella fusione: ne esce una figura di madre che si accorge di un bambino buttato tra i rifiuti e si piega a prendersene cura.

Aldo inizia sempre il tour al Museo dei Sogni riunendo i visitatori attorno alla Madonna dell’inutile: "Di chi sei tu?", questa è la domanda che rivolge loro. Un suggerimento: la risposta giusta non è "di Dio", o "dei miei genitori", ma "di me stesso".