Decreto legge su estradizione

 

Decreto legge sull’estradizione, l’obiettivo è l’equo processo

di Leonardo Filippi (Università di Cagliari)

 

L’Unione Sarda, 21 febbraio 2005

 

Il Governo, con un decreto-legge, tenta di ottenere la consegna di numerosi latitanti (tra cui 140 terroristi, da Cesare Battisti a Pietrostefani), condannati in contumacia in Italia, che gli Stati esteri dove si sono rifugiati non estradano nel nostro Paese perché qui non è loro garantito un nuovo processo. Ma il rimedio proposto sembra peggiore del male.

È infatti capitato che la Corte europea ha condannato l’Italia per aver violato la Convenzione europea che garantisce un "equo processo" all’imputato contumace quando non risulta in modo inequivoco, in mancanza di una sua rinuncia a comparire, che l’assenza dal processo è stata una scelta consapevole.

Nel caso esaminato da ultimo nel novembre scorso dalla Corte europea, essa osservò che il fatto che l’interessato, tale Sejdovic, un cittadino dell’ex Jugoslavia, fosse irreperibile, in difetto di altri elementi, non provasse la sua conoscenza del processo e pertanto la legge italiana fu dichiarata sul punto in contrasto con la Convenzione europea proprio perché non gli offriva un concreto ed effettivo rimedio per ottenere un nuovo processo, alla sua presenza.

In particolare la Corte aggiunse che l’istituto italiano della "restituzione nel termine" (che consente all’imputato di "provare di non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento") non soddisfa queste condizioni perché non attribuisce al condannato in contumacia, all’oscuro del processo, un "diritto incondizionato ad ottenere la riapertura dei termini per interporre appello".

Ora il Governo con il decreto-legge modifica la disciplina della "restituzione nel termine", stabilendo che il condannato in contumacia potrà chiedere (entro trenta giorni dal momento in cui ha avuto effettiva conoscenza dell’atto) di essere riammesso nei termini per impugnare la sentenza, anche se definitiva, se "risulta dagli atti che non ha avuto effettiva conoscenza del procedimento e non abbia volontariamente rinunciato a comparire".

Ma la proposta, anziché adeguarsi alla Convenzione europea, introduce per il contumace una situazione deteriore rispetto al passato, perché egli non è più ammesso a provare la sua ignoranza del processo, dovendo invece questa "risultare dagli atti", il che è di fatto improbabile, dato che il sistema italiano delle notifiche prevede un’inammissibile presunzione di conoscenza quando l’atto è consegnato a persona diversa dal destinatario.

Si pensi, ad esempio, ad una notifica eseguita a mani di persona convivente, essendo il destinatario un marittimo imbarcato e perciò assente per settimane dall’abitazione: per la legge si presume la conoscenza del processo e quindi non "risulta dagli atti" che l’imputato non ha avuto effettiva conoscenza del procedimento, che anzi si è svolto regolarmente.

La Corte europea esige invece che la legge italiana preveda un "diritto incondizionato" alla riapertura dei termini per ottenere un nuovo processo, così come è previsto, ad esempio, sin dal secolo scorso in Francia, dove la cosiddetta "purgazione della contumacia" comporta che, se il condannato in contumacia si costituisce in carcere o è arrestato, la sentenza pronunciata nei suoi confronti è automaticamente annullata ed egli ha diritto alla celebrazione di un nuovo processo in sua presenza.

Con questo decreto-legge, il nostro Governo, non solo non assicura un "equo processo", ma provocherà ancora il rifiuto delle estradizioni, esponendo per giunta il nostro Paese ad un’ennesima censura dei giudici di Strasburgo. Insomma, oltre il danno la beffa.

 

 

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