Mediazione penale

 

Mediazione penale. Una testimonianza e qualche riflessione

di Claudia Mazzuccato (Mediatore penale dell’Ufficio per la Mediazione di Milano)

 

www.dignitas.it, dicembre 2002

 

Un primo cenno d’insieme

 

Anche in Italia è emersa in questi ultimi anni una particolare attenzione per nuovi modelli di giustizia, alternativi, sussidiari, collaterali o integrati nel sistema giudiziario "tradizionale". In campo penale, giustizia riparativa e mediazione sono due modalità di approccio alle secolari questioni poste dalla commissione di un crimine. La giustizia riparativa può essere definita in breve come una forma di risposta al reato che coinvolge la vittima, il reo e/o la collettività nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dall’illecito, allo scopo di promuovere, fra l’altro, la riparazione delle conseguenze dell’evento lesivo e rafforzare quindi il senso di sicurezza coLlettivo. La mediazione, in particolare, è - in prima approssimazione - un procedimento informale in cui le parti, guidate da un’equipe di esperti, hanno la possibilità di incontrarsi, di discutere del reato. dei suoi effetti sulla loro vita e sulle loro relazioni, di progettare modalità di comportamento futuro assumendosi, eventualmente, anche impegni volontari di riparazione - simbolica o materiale - del danno causato.

Muovendo da una lettura relazionale del fatto criminoso inteso primariamente come un conflitto che lacera aspettative sociali condivise - la giustizia riparativa lancia una sfida culturale - cercare di superare la logica sterile del castigo per una logica costruttiva dell’impegno, del dialogo, della corresponsabilità.

Cercare di superare la visione di una giustizia centrata sulla reciprocità "contabile" del "male per male" - la giustizia della ritorsione verso una giustizia centrata sulla reciprocità "circolare" della relazione - la giustizia dell’incontro tra un Io e un Tu. In ambito penale minorile, da alcuni anni in diverse città italiane (Milano, Torino, Trento, Bari) si sperimenta la mediazione penale, come spazio di attenzione per la vittima e come risorsa nel percorso di responsabilizzazione e recupero educativo del minore autore di reato. Quanto poi all’ambito penale ordinario (adulti), nella recente Legge istitutiva della competenza penale del Giudice di Pace (D. Lgs. 274/00), ruolo pregnante viene attribuito a una giustizia di prossimità, "vicina al corpo sociale" che si apre anche alla "negoziazione dei conflitti sociali" e al fattivo sostegno alla vittima (cfr. relazione al D.Lgs. 274/00), pur conservando una natura intrinsecamente penalistica e dunque pubblicistica.

Le novità legislative e i progetti sperimentali in ambito minorile costituiscono un laboratorio e un banco di prova dei nuovi modelli: se i risultati saranno positivi e l’esperienza mostrerà l’efficacia e la serietà delle pratiche mediative - riparatorie sarà possibile dar vita a una "progressiva trasformazione della natura e dell’essenza stessa del diritto penale" (cfr. Relazione al D.Lgs. 274/00). È in gioco dunque una sfida con implicazioni pratiche, culturali e ideali che vede coinvolti le Istituzioni, gli operatori, gli studiosi, i cittadini.

Avvicinarsi allo "spirito della mediazione" può essere importante per diffondere una cultura di pace e aspirare a realizzare una effettiva "umanizzazione" della giustizia non solo penale. Nelle pagine che seguono si ripercorrerà brevemente la storia e l’esperienza della mediazione penale a Milano di cui sono stata, immeritatamente, uno dei protagonisti. Prego il lettore di non dimenticare mai, tra le righe che descrivono l’attività concreta, quotidiana dell’Ufficio per la mediazione, lo scenario in cui si staglia ineludibile l’interrogativo sulla pena, la necessità di una seria e razionale politica criminale di prevenzione dei reati, l’indispensabile "commiato" da visioni repressive e retributive della giustizia penale. Lo scenario in cui non smettono mai di apparire domande ultime sulla giustizia e sul senso di ingiustizia, sul bene e sul male, sul dolore e sulla violenza. Lo scenario, soprattutto, in cui non smettono mai di comparire straordinarie, talvolta impensabili e nascoste, capacità di incontro, resilienza 8 e apertura dell’essere umano, veri talenti nel mistero irriducibile di ogni persona.

 

L’Ufficio per la Mediazione di Milano: un po’ di storia e di notizie

 

Dal maggio del 1998 è operativo a Milano un Ufficio per la Mediazione che quotidianamente, su mandato dell’Autorità giudiziaria minorile, promuove e realizza l’incontro volontario, libero e protetto tra gli autori di reato (minorenni all’epoca del fatto) e le loro vittime.

L’Ufficio per la Mediazione di Milano è stato formalmente istituito in seguito alla firma di un protocollo d’intesa interistituzionale tra il Ministero della Giustizia, il Comune di Milano, la Regione Lombardia, il Comune di Cinisello Balsamo, l’Azienda Sanitaria Locale n. I della Provincia di Milano, Sotto il patrocinio del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano. Il Protocollo d’intesa ha ufficializzato il Progetto per un Ufficio di Mediazione penale, presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, elaborato già nel 1996 da un gruppo di studiosi e operatori esperti di mediazione e giustizia minorile (il cosiddetto "gruppo promotore" di cui allo stesso protocollo).

I mediatori milanesi sono fin dall’origine quattordici: i sette Componenti del "gruppo promotore" e altre sette persone funzionari pubblici, dipendenti dalle Amministrazioni sottoscrittrici il protocollo d’intesa e "distaccati" presso l’ufficio per la mediazione. I mediatori sono eterogenei per sesso, età e Competenze scientifiche e/o professionali: uomini e donne, giovani e meno giovani, don marcate diversità culturali (quattro educatori, tre assistenti sociali, due giuristi, due pedagogisti, un criminologo, un sociologo, un teologo). L’intero gruppo ha svolto - prima dell’apertura del servizio - un lungo, serio, unitario periodo di formazione secondo un modello umanistico, non negoziale di mediazione.

Tale modello, attento alle implicazioni emotive - esistenziali del conflitto, è particolarmente efficace in ambito penale dove più che raggiungere un accordo è indispensabile lavorare sugli effetti del reato per dischiudere una possibilità di reciproco riconoscimento tra le parti. La serietà dell’iter formativo, poi, è condizione per l’efficacia degli interventi e finanche per la funzionalità dell’Ufficio che richiede in ogni fase delle competenze esperte.

Tutti i mediatori prestano la loro attività presso l’Ufficio a tempo parziale, secondo delle turnazioni interne che garantiscono (oltre a coprire l’intero orario di apertura della sede) la possibilità di formare le equipe necessarie per gli interventi di mediazione. Ciò significa fra l’altro che essi generalmente continuano a svolgere la loro pregressa attività professionale (docenti universitari, insegnanti, educatori / assistenti sociali presso i servizi dell’Amministrazione della Giustizia o del territorio, ecc.). La diversità culturale e professionale dei componenti è una delle principali ricchezze di cui gode l’Ufficio. I mediatori lavorano sempre in gruppi multidisciplinari in cui si mescolano armoniosamente sa peri teorici e pratici, che lungi dal contaminare lo spirito della mediazione, garantiscono per ogni "caso" un’attenzione globale ai molti, complessi, intrecciati aspetti coinvolti (educativi, giuridici, ecc.).

Il progetto viene finanziato in parte con i fondi stanziati dalla L. 285/97 (cd. Legge Turco), in parte attraverso gli oneri assunti dagli organi ed enti partner del Protocollo d’intesa. È pubblico anche il finanziamento per la formazione iniziale e in itinere dei mediatori. Si è da poco concluso il primo segmento di sperimentazione, il finanziamento del progetto è stato comunque confermato anche per i prossimi tre anni. Tutti gli interventi e le attività relative alla mediazione sono gratuiti: colloqui preliminari, incontri di mediazione, incontri per definire aspetti risarcitori e/o di riparazione, redazione degli eventuali accordi transattivi, possibile accompagnamento per la remissione di querela, follow up dell’esito della mediazione, follow up degli impegni riparativi.

L’Ufficio per la Mediazione è "ospitato" dal Comune di Milano presso i locali del Servizio Educativo Adolescenti in Difficoltà (SEAD Settore Educazione). La collocazione fuori dal Tribunale per i Minorenni segnala immediatamente agli interessati la diversità tra mediazione e procedimento penale giudiziario.

La competenza territoriale dell’Ufficio coincide con quella del Tribunale per i Minorenni e si estende quindi su un territorio molto vasto che comprende la province di Milano, Varese, Como, Lecco, Sondrio, Pavia e Lodi. È frequente che, per facilitare gli interessati, siano i mediatori a raggiungere le parti nelle loro comunità di appartenenza e di residenza. L’inaugurazione del progetto sperimentale di mediazione penale a Milano è stata preceduta da un’intensa fase preparatoria di sensibilizzazione e di collaborazione con tutti gli operatori della giustizia penale minorile: magistrati della Procura e del Tribunale per i minorenni, avvocati, operatori dei servizi sociali, pubblici amministratori. L’opera di consolidamento culturale delle pratiche di mediazione prosegue in itinere con incontri periodici con la magistratura e i servizi minorili e con i difensori d’ufficio nei processi a carico di minorenni: tali momenti di incontro e discussione sono occasioni uniche e preziose di arricchimento, approfondimento, assestamento e valutazione critica delle forme di giustizia riparativa.

Secondo le indicazioni raccomandate dal Consiglio d’Europa, l’Ufficio per la mediazione ha intrapreso altresì, fin dalle origini e per tutta la prima tranche triennale di sperimentazione, una proficua ricerca di monitoraggio e valutazione dell’attività svolta. Oggetto dell’indagine Sono stati sia la raccolta di dati quantitativi (numero di mediazioni, durata, esito, caratteristiche delle parti, tipologia di reato, etc.) sia la valutazione dell’efficacia degli interventi a partire dalla qualità percepita dai destinatari delle mediazioni (utilità, competenza / neutralità dei mediatori, effetti, etc.).

 

L’Ufficio per la Mediazione di Milano: qualche informazione sull’attività

 

L’attività di mediazione penale trova spazio, per ora, solo in seno alla giustizia minorile, notoriamente più attenta al recupero educativo del reo e dunque più aperta a percorsi flessibili, personalizzati, rapidi, de-stigmatizzanti, significativi e non repressivi di risposta alla commissione dell’illecito.

Senza qui entrare nell’analisi delle singole disposizioni del D.P.R. 448/88, sarà sufficiente rammentare che il sub-procedimento di mediazione trova accoglienza primariamente nel contesto dell’accertamento della personalità del giovane imputato, vero perno di tutto il sistema minorile, secondo cui il giudice minorile deve modellare l’intervento penale sulla maturità e sulle risorse personali, familiari e sociali del ragazzo. Il processo penale a carico del minorenne è dunque costruito come un luogo "ardito" di progettazione pedagogica al fine di tentare in ogni modo la promozione di percorsi di educazione e inserimento sociale. La legge considera dinamicamente la personalità dell’adolescente. dentro tale dinamismo è fattore fecondo e giuridicamente rilevante la possibilità di un incontro volontario responsabilizzante e costruttivo con la persona offesa dal reato. Possibili esiti giudiziari di una mediazione riuscita sono (a seconda della gravità dell’illecito e di altre circostanze valutabili dal giudice): l’irrilevanza del fatto (art. 27 D.P.R. 448/88), il perdono giudiziale (art. 169 C.p.), l’esito positivo di un più ampio programma di messa alla prova (artt. 28~29 D.P.R. 448), e in generale qualsiasi misura di favore, non detentiva.

L’eventuale esito negativo della mediazione non ha, invece, alcun effetto processuale, essendo l’incontro tra reo e vittima completamente volontario, libero e confidenziale. Per la vittima del reato, la mediazione offre un momento privilegiato e unico di accoglienza, attenzione, ascolto, sostegno e possibile ristoro materiale. Ciò è tanto più rilevante nel Processo penale minorile in cui, per legge, l’offeso e il danneggiato non poSSono costituirsi parte civile, essendo così preclusa la pretesa risarcitoria in sede penale.

In Concreto, l’Ufficio per la mediazione si attiva solo su mandato dell’autorità giudiziaria minorile (Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari, Giudice dell’Udienza preliminare, o - in casi rari Giudice del dibattimento), eventualmente stimolata da una possibile richiesta delle parti. È la magistratura che seleziona i "casi" adatti alla mediazione secondo una criteriologia concordata con i mediatori che tiene conto delle caratteristiche del reato, della responsabilità e personalità del minore, della vittima, della relazione tra le parti, del contesto comunitario in cui l’illecito ha avuto luogo.

Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare non è la tenuità del crimine a orientare la scelta del giudice. Anzi. Alla prova dei fatti, la mediazione si è mostrata tanto più efficace quanto più il reato ha mobilitato forti sentimenti, un chiaro senso di ingiustizia e ha infranto (nella vittima e nel reo) valori fondamentali. L’incontro di mediazione, infatti, diventa lo spazio-tempo in cui sentimenti e valori universali sono richiamati e si im-pongono allo sguardo delle parti spingendole verso una convergenza e un mutuo riconoscimento. Sono quindi proprio i reati oggettivamente più gravi, o soggettivamente vissuti come gravi e traumatizzanti a essere più adatti alla mediazione. Lo sono altresì quegli illeciti che accadono tra persone conoscenti: in famiglia. a scuola, nel condominio, nel quartiere, nel piccolo centro urbano; e cioè là dove le relazioni tra le parti devono loro malgrado proseguire. A differenza del procedimento giudiziario, fondato sulla separazione del colpevole dall’innocente / della pretesa legittima dalla pretesa illegittima, la mediazione concepisce la giustizia come "forma della riunione di ciò che era separato".

Il mandato dell’autorità giudiziaria investe l’Ufficio per la mediazione del compito di verificare la fattibilità di un incontro tra reo e vittima, di contattare gli interessati. di svolgere detto incontro se vi è il consenso dei medesimi, di restituire al Pubblico Ministero o al giudice una comunicazione sintetica circa l’esito dell’attività effettuata. Con l’invio del caso, dunque, sul procedimento penale (che resta pendente ma temporaneamente e brevemente "non operativo") si innesta il sub-procedimento di mediazione che vede nell’Ufficio per la mediazione e nelle parti gli unici protagonisti.

Le fasi salienti a questo punto sono così riassumibili:

il mediatore responsabile del fascicolo provvede all’invio di lettere informative e di un opuscolo illustrativo all’imputato, alla persona offesa, agli esercenti la potestà (se i soggetti sono minorenni) e ai difensori nominati nel processo;

il mediatore responsabile del fascicolo prende i primi contatti telefonici con ciascuna parte e la invita a dei colloqui preliminari individuali;

i colloqui preliminari si svolgono alla presenza di una coppia di mediatori e hanno una funzione informativa e di prima raccolta delle impressioni e dei vissuti delle parti, nonché di ricezione del consenso all’incontro di mediazione vero e proprio;

l’incontro di mediazione ha luogo tra tutti coloro i quali sono direttamente coinvolti nel conflitto e nel procedimento penale, alla presenza di un’equipe di almeno tre mediatori indipendenti e neutrali (o - secondo una felice espressione di Eligio Resta "equi - prossimi" alle parti); altri mediatori assistono i genitori e gli eventuali accompagnatori; al termine dell’incontro - che può durare anche molte ore tutti gli intervenuti si riuniscono brevemente insieme per una "restituzione" del lavoro svolto e per il delicato momento della consegna" del risultato della mediazione alla corresponsabilità delle persone vicine ai diretti interessati (normalmente i genitori dei minorenni e i familiari delle vittime adulte) perché li sostengano nel non facile compito di aderire fattivamente ai propositi e agli impegni comporta mentali / riparativi assunti unilateralmente o reciprocamente;

è frequente che la mediazione specie in caso di reato grave o gravissimo sia seguita da un ulteriore, successivo momento di definizione di un accordo sul risarcimento del danno. Tale fase eventuale avviene alla presenza dei difensori quali esperti della quantificazione equa del danno e delle questioni tecnico - giuridiche implicate nell’assunzione di un’obbligazione risarcitoria;

i mediatori, preferibilmente alla presenza delle parti, redigono la comunicazione sintetica dell’esito da inviare all’autorità giudiziaria;

nel caso in cui la mediazione apra percorsi riparativi, simbolici o materiali, i mediatori svolgono un accompagnamento del giovane reo fino all’integrale adempimento di tali impegni;

l’attività riparativa può coinvolgere direttamente anche la vittima, secondo il programma consensuale definito nell’incontro mediatorio;

durante il primo triennio di sperimentazione, in costanza della ricerca di valutazione e monitoraggio, gli intervenuti all’Ufficio di mediazione venivano contattati nuovamente a mediazione archiviata - da alcuni ricercatori al fine di somministrare il questionario relativo all’indagine qualitativa.

Tema delicato, quello dell’esito della mediazione merita un cenno ulteriore, una mediazione ha esito positivo, per i mediatori milanesi, quando i presenti (mediatori / parti) sono spettatori e artefici di un mutamento costruttivo nella comunicazione e nel rapporto tra reo e vittima, quando - in altre parole - è possibile percepire un reciproco riconoscimento tra le parti o almeno - una significativa diversa percezione l’una dell’altra, spesso estrinsecati in un impegno di riparazione simbolica o materiale soddisfacente per entrambi. Si noti che, allo sguardo mediativo, la remissione di querela e/o il risarcimento del danno (come obbligo giuridico formale) sono praticamente irrilevanti, certamente secondari e non costitutivi del buon fine dell’incontro.

 

Un primo, approssimativo, bilancio dell’esperienza e un appello

 

In questi primi anni di lavoro. ci siamo occupati di un ampio raggio di illeciti: dalle ingiurie, alle rapine, alle estorsioni. alle lesioni gravi e gravissime, alle violenze sessuali. Abbiamo incontrato molte centinaia di persone, tra imputati, vittime e loro familiari entrando in contatto diretto con una porzione piccola - se paragonata al carico complessivo dell’intero Tribunale per i Minorenni di Milano - ma estremamente significativa della cosiddetta delinquenza minorile e dell’universo umano che vi gravita attorno. I numeri ancora a tre cifre dei nostri procedimenti ci hanno consentito di dedicarci appieno al meglio delle nostre capacità, al massimo delle nostre risorse - alle persone che coraggiosamente e non senza fatica hanno scelto in libertà di intraprendere un percorso pionieristico non facile e (costruttivamente) sofferto; ci hanno anche consentito un costante confronto teorico - pratico per il continuo affinamento e miglioramento dell’attività.

Il bilancio provvisorio che possiamo trarre è certamente buono: la maggioranza dei casi inviati approda alla mediazione, la quasi totalità delle mediazioni ha esito positivo, il giudizio di chi è intervenuto è stato soddisfacente.

Bilancio buono, non trionfalistico: molto è il lavoro da svolgere, e si tratta di un lavoro soprattutto culturale. in troppi - anche tra gli addetti ai lavori - ancora non conoscono la mediazione e la giustizia riparativa; molti si accontentano poi di conoscenze superficiali e si improvvisano mediatori dando vita a "esperimenti" (più che "sperimentazioni") che non hanno le "carte in regola" secondo le linee-guida internazionali; alcuni si affidano alla moda di quello che è già stato battezzato il nuovo paradigma della giustizia penale. asservendo questo fragile, prezioso, strumento a pericolose e perverse logiche di mercato; altri continuano a rimanere sordi e ciechi davanti a un’esperienza internazionale che, se non altro, ha l’indubbio merito di aver riaperto domande fondamentali sulla giustizia, superando la fossilizzazione del sistema penale fermo e diviso tra la "crisi" dell’idea rieducativa e la nuova, talvolta spaventosa, vitalità di logiche repressive - retributive (vedi le politiche di "tolleranza zero", i "pacchetti sicurezza" e le proposte di riforma del sistema minorile).

La strada. a mio parere, è quella di inquadrare le nuove esperienze riparative nel contesto di un ripensa mento della politica criminale e di una seria riforma del sistema sanzionatorio. La strada, a mio parere, è quella di constatare il fallimento della pura repressione proprio nel garantire sicurezza ai cittadini e di aprire un dibattito sui modi di dare risposte democratiche alle domande di giustizia. La mediazione ha luogo in un’agorà, la mediazione è il luogo della parola, il luogo del consenso, il luogo del senso condiviso. La mediazione, dunque, è profondamente democratica; arditamente, ma ragionevolmente, essa propone di seguire il metodo consensuale là dove la democrazia si fa più difficile e sofferta: nel punto preciso in cui - con il reato si spezza il contratto sociale e un’esistenza diventa ferita; nel punto preciso in cui è facile - ma inutile, ingiusto e nocivo - prendere la bilancia e la spada.

 

 

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