Modifiche a Ordinamento Penitenziario

 

Articolato: il reinserimento sociale

 

Capo I° - Gli interventi individualizzati per il reinserimento sociale.

 

Art. 1. (Progettazione del percorso di reinserimento sociale).

1. L’attuazione del programma di trattamento deve svilupparsi, in ragione dei tempi di esecuzione della pena e della risposta dell’interessato, nella progettazione del percorso trattamentale interno e, poi, di quello di reinserimento sociale all’esterno, progetti suscettibili di modificazioni ed adattamenti nel corso della progressiva realizzazione.

2. Nella definizione del percorso penitenziario sono previsti ed utilizzati tutti gli elementi del trattamento indicati nell’art. 15. E’ altresì necessaria la ricognizione della situazione oggettiva entro la quale dovrebbe svolgersi tale percorso e la individuazione delle risorse concrete che lo rendono possibile.

3. Il programma di trattamento, aggiornato con la definizione del percorso di reinserimento sociale, e quelli con le modifiche e gli adattamenti successivi, sono comunicati al magistrato di sorveglianza e per gli interventi di cui al comma 5 dell’art. 69 e per gli eventuali successivi provvedimenti di cui al comma successivo di questo articolo.

4. La concreta attuazione del percorso fa riferimento alle possibilità giuridiche del condannato di essere ammesso a benefici penitenziari. Per questi, anche con riferimento alla entità della pena, si segue un criterio di progressione. Questa non è, comunque, necessaria, particolarmente quando esistono le condizioni per l’immediato passaggio ad una misura alternativa alla detenzione.

 

Art. 2. (Le risorse organizzative).

1. Gli operatori penitenziari che hanno predisposto il programma di trattamento, contribuiscono alla definizione del percorso di reinserimento sociale. Essi sono coadiuvati e dagli operatori penitenziari, operanti nella stessa sede o in una sede diversa, particolarmente dagli operatori dei centri servizio sociale adulti dei luoghi dove il percorso si prepara o si attua.

2. Sono coinvolti i servizi pubblici socioassistenziali e sanitari del territorio di appartenenza del condannato e dei suoi familiari, tenendo conto delle competenze di tali servizi nella assistenza alle famiglie dei detenuti e internati, nonchè nella assistenza postpenitenziaria agli stessi.

3. Sono anche ricercate ed attivate le risorse del volontariato all’interno e all’esterno dell’istituto.

4. E’ curata la complessiva promozione della rete sociale che collabori alla preparazione e attuazione del percorso di reinserimento sociale.

 

Art. 3. (Assistenza alle famiglie e utilizzazione delle risorse a favore delle stesse).

1. L’intervento trattamentale, finalizzato alla definizione ed attuazione del percorso di reinserimento sociale, è integrato, previa adeguata ricognizione della situazione, dalla azione di assistenza e sostegno nei confronti delle famiglie dei detenuti ed internati.

2. Tale azione è rivolta anche a migliorare le relazioni delle persone detenute o internate con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolarne il reinserimento sociale. In quanto possibile, i familiari devono essere coinvolti come risorsa che favorisce l’adeguato sviluppo di tale processo.

3. Per la applicazione dei commi precedenti, è utilizzata la collaborazione degli enti e organi pubblici e delle organizzazioni private competenti.

4. I centri di servizio sociale adulti e gli altri operatori della rete sociale rilevano anche le criticità dell’ambiente sociale in cui si inseriscono le criticità in cui vivono il condannato e la propria famiglia e ne investono gli enti e i servizi generali che hanno le competenze di intervento sociale in quel contesto.

 

Art. 4. (Esecuzione delle misure alternative).

1. Il processo di reinserimento sociale prosegue e si sviluppa durante la esecuzione delle misure alternative, nella costanza del sostegno e del controllo degli operatori penitenziari competenti e col concorso delle positive risorse della famiglia, nonché di tutte le risorse dei servizi territoriali, pubblici e privati, e del volontariato.

2. Le varie risorse di sostegno devono integrarsi in una rete sociale di aiuto, i cui componenti sono coinvolti dagli operatori penitenziari e trovano fasi comuni di conoscenza del caso, di consultazione sullo stesso e di specifiche e concrete iniziative al riguardo. Per la continuità ed efficacia del lavoro della rete sociale,deve essere promossa la redazione di protocolli di intesa fra i soggetti partecipanti.

3. Nei casi in cui i servizi pubblici o privati o la cooperazione sociale abbiano un ruolo specifico nello svolgimento della misura alternativa, le valutazioni di questi circa lo sviluppo del processo riabilitativo devono essere tenute in particolare conto dagli organi penitenziari e dalla magistratura di sorveglianza: quando si tratta di valutazioni tecniche, come quelle dei servizi sulle dipendenze da sostanze stupefacenti o alcooliche, o da servizi psichiatrici o, in genere, sanitari, le stesse non possono, in linea di massima, essere disattese.

4. Nello svolgimento delle misure alternative l’evoluzione progressiva del percorso di reinserimento sociale deve essere prioritaria e va sostenuta anche in presenza di difficoltà e di situazioni di disagio dell’interessato. Nello svolgersi della misura si deve verificare l’adeguatezza della stessa e dei suoi aspetti operativi per migliorarne la efficacia rispetto alle esigenze e alle capacità dell’interessato.

5. Un volta conclusa la misura alternativa per effetto della conclusione della esecuzione della pena, le risorse dei servizi pubblici e degli altri organismi sociali mantengono la loro disponibilità all’interessato per favorirne, completarne o confermarne il reinserimento sociale. In particolare, devono essere favoriti il completamento di programmi di inserimento attivati dai servizi e gli inserimenti lavorativi attuati presso organismi della cooperazione sociale, finché la situazione di reintegrazione sociale non risulti completata.

 

Art. 5. (I percorsi penitenziari delle persone ammesse alle misure alternative dalla libertà).

1. Sono promossi, dagli stessi centri di servizio sociale per adulti o da organismi appartenenti alla rete sociale o dal volontariato, sportelli informativi e operativi per coloro che possono presentare istanza di misura alternative dalla libertà ai sensi dei commi 5 e seguenti dell’art. 665 del Codice procedura penale.

2. Gli operatori di tali sportelli danno le informazioni necessarie per la presentazione delle istanze e per la individuazione ed anche, se possibile, per la messa a disposizione, delle risorse che possono contribuire a dare fondatezza alla istanza. Vengono date informazioni agli interessati per l’accesso alle agenzie per l’impiego pubbliche e private nei casi in cui il contributo di queste possa essere utile.

3. Nel corso della inchiesta sociofamiliare dei centri di servizio sociale per adulti, questi registrano gli elementi di inserimento sociale già posti in essere dagli interessati o quelli che possono essere messi in atto attraverso la misura alternativa. La relazione conclusiva della inchiesta ha la funzione di mettere in luce, se già in corso, o di definire o ridefinire il percorso di reinserimento sociale del condannato.

4. Si applicano, anche nei casi di cui al presente articolo, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo precedente.

 

Art. 6. (Assistenza postpenitenziaria e soppressione di enti).

1. I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo periodo a questa successivo. Tale disposizione si applica anche nei confronti di coloro che fruiscono di misure alternative.

2. Il definitivo reinserimento nella vita libera è agevolato dai centri di servizio sociale per adulti, che promuovono gli interventi adeguati, facendo riferimento alle risorse della rete sociale.

3. I dimessi affetti da gravi infermità o anormalità psichiche sono segnalati ai servizi pubblici competenti per la necessaria assistenza.

4. Per la attuazione degli interventi che precedono possono essere predisposti progetti, per i quali può essere richiesto il finanziamento della Cassa Ammende. Può essere finanziato anche l’impiego di operatori di rete, che colleghino i vari servizi di cui al comma 2, al fine di una maggiore efficacia degli interventi stessi.

5. Oltre alla Cassa per il soccorso alle vittime del delitto, prevista dall’art. 73 della presente legge e soppressa con il DPR 616/77, sono anche soppressi i consigli di aiuto sociale, previsti dagli artt. 74, 75 e 76, nonché il Comitato per la occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale, previsto dall’art. 77.

6. Le agenzie per il lavoro pubbliche e le altre abilitate svolgono le funzioni già previste dal comitato per l’occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale.

7. Sono abrogati gli articoli 45 e 46 della presente legge.

 

Art. 7. (Attività di ricerca e studio sulla esecuzione della pena e delle misure di sicurezza).

1. Deve essere promossa la attività di studio e ricerca in merito alla esecuzione della pena e delle misure di sicurezza, nonché delle misure alternative alle stesse al fine di verificare la loro efficacia e indicarne i possibili miglioramenti.

2. Le università ed enti e organismi che svolgono documentata attività di ricerca, possono svolgere tale attività in merito alla elaborazione dei dati statistici raccolti dagli appositi servizi della amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni pubbliche, nonché alle modalità di esecuzione della pena, delle misure di sicurezza e delle misure alternative alle stesse, anche in ordine alla ricaduta nel reato.

3. Le ricerche possono comportare l’accesso alla documentazione giuridica di procedure archiviate e alla documentazione giudiziaria delle persone interessate, esistente presso il casellario giudiziale e le eventuali banche dati sulle pendenze giudiziarie. E’ possibile l’accesso alla documentazione, anche informatica, esistente presso la amministrazione penitenziaria.

4. Le ricerche possono essere svolte con colloqui, anche registrati, con persone libere, recluse o in misura alternativa.

5. Le ricerche e gli studi devono assicurare l’anonimato dei casi gestiti. Le ricerche si svolgono previo rilascio di dichiarazione liberatoria da parte degli interessati, se si svolgono attraverso rilevazioni individuali: resta fermo l’impegno dell’anonimato.

6. Le ricerche di cui ai commi precedenti vengono autorizzate dall’ufficio giudiziario o amministrativo interessato. Per la amministrazione penitenziaria l’autorizzazione è rilasciata dall’Ufficio studi e ricerche presso il dipartimento della amministrazione penitenziaria.

 

Capo II.
Gli interventi collettivi relativi a gruppi di persone in condizioni particolari.

 

Art. 8 (I gruppi di detenuti ed internati in condizioni particolari).

1. Devono essere attuati progetti di reinserimento sociale concernenti gruppi di detenuti o internati, la cui restrizione sia condizionata da problemi comuni di carattere sociale, il cui superamento può essere decisivo per la riabilitazione dalle condotte illecite, che hanno determinato la detenzione o l’internamento.

2. Nei gruppi di detenuti o internati predetti sono compresi

coloro che presentano o abbiano presentato e siano ancora coinvolti in problemi di tossicodipendenza o di alcooldipendenza;

coloro che vivono situazioni di disagio fisico che incida sulla loro autosufficienza, nonché di disagio psichiatrico e psicologico o di abbandono sociale;

coloro che appartengono all’area della immigrazione.

 

Art. 9. (Progetti collettivi di inserimento all’esterno).

1. I progetti di cui all’articolo precedente si attuano attraverso lo svolgimento, da parte degli interessati, di attività lavorativa o di altre attività comunque utili al reinserimento sociale. I progetti devono essere finalizzati al superamento dei problemi che hanno influito sulle condizioni di esclusione sociale e che hanno concorso a determinare la commissione dei reati e conseguentemente la detenzione.

2. Sono utilizzate le disposizioni relative ai lavori socialmente utili e, per le persone che presentano problemi di dipendenza dagli stupefacenti o dall’alcool, quelle relative ai programmi terapeutici per la cura e la riabilitazione, nonché, per le persone con problemi psicofisici e di abbandono sociale, quelle relative alla cura e alla assistenza sociosanitaria.

3. La preparazione alla partecipazione ai progetti può essere attuata attraverso corsi di formazione professionale nei confronti dei detenuti e internati, realizzati in tutto o in parte all’esterno degli istituti.

4. Nella realizzazione dei progetti è privilegiata la attuazione degli stessi all’esterno degli istituti.

5. Quando i progetti hanno ad oggetto lo svolgimento di attività lavorativa, gli stessi si possono attuare:

- con la attuazione di rapporti lavorativi;

- con le modalità previste per lo svolgimento dei lavori socialmente utili, se si ricorra agli stessi;

- con la attuazione di programmi di reintegrazione sociale, sottratti alla disciplina del rapporto di lavoro, che assicurino, comunque, il mantenimento, la accoglienza e il soddisfacimento delle altre indispensabili esigenze di vita delle persone, nonché le coperture sanitaria ed assicurativa adeguate. Tali programmi valorizzano la prestazione di lavoro in favore della comunità come strumento di compensazione del danno sociale prodotto dal reato.

 

 

Art. 10. (Misure e condizioni giuridiche per la partecipazione ai progetti).

1. Per la realizzazione dei progetti da attuare in tutto o in parte all’esterno sono utilizzati il lavoro all’esterno e le misure alternative alla detenzione.

2. Quando si ricorre a programmi di reintegrazione sociale, nei quali l’interessato non viene remunerato, la detrazione di pena, se concessa, è determinata nella misura di sessanta giorni per ogni semestre di pena scontata.

3. 4. Ai partecipanti ai progetti è applicata la disciplina legislativa concernente la particolare misura giuridica utilizzata. La partecipazione ai progetti e le modalità e i tempi della stessa sono previsti dalle prescrizioni delle misure o dai programmi di trattamento attuativi delle stesse.

4. Specifici progetti possono essere proposti e realizzati anche per coloro che si trovano in una misura alternativa attuata totalmente all’esterno degli istituti e che rientrano nella previsione del comma 2 dell’art. 8.

3. Possono essere ammessi ai programmi anche i detenuti in custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari. Quando i programmi si svolgono in luogo esterno a quello di detenzione, per i detenuti in carcere si applica l’art. 21, comma 1, ed è necessaria la previa autorizzazione, ivi prevista, della competente autorità giudiziaria, mentre, per i detenuti agli arresti domiciliari, la stessa autorità giudiziaria adotta apposito provvedimento, che prevede anche le modalità e i tempi per l’uscita dalla sede di detenzione domiciliare.

 

Art. 11. (La proposizione dei progetti).

1. I progetti sono proposti dagli enti pubblici territoriali. Possono essere proposti anche da organismi privati, che svolgono attività di cura e di assistenza in ordine alle situazioni indicate nel comma 2 dell’art. 7 o che sono inquadrati nella cooperazione sociale.

2. I progetti devono assicurare:

la copertura organizzativa, con personale adeguato, delle attività svolte in attuazione dei progetti stessi sia per la parte concernente le attività lavorative, sia per quelle concernenti le attività di assistenza e cura;

la conformità alla normativa sul rapporto di lavoro, se questo si configuri e, se così non sia, il rispetto delle previsioni del comma 5 dell’art. 9, precedente;

il raccordo con gli operatori del sistema penitenziario e il rispetto della normativa relativa alla situazione giuridica dei partecipanti alla attuazione dei progetti;

la risorse finanziarie cui il progetto fa riferimento.

3. Per i singoli partecipanti ai progetti, a seconda della misura applicata, vengono indicati prescrizioni o programmi di trattamento funzionali allo svolgimento dei progetti.

 

Art. 12. (Sede regionale per i progetti).

1. E’ istituito un Ufficio regionale per i progetti.

2. Tale ufficio individua le risorse economiche utilizzabili per i progetti, riferibili anche a quelle assegnate ai vari assessorati e in particolare a quelli: dell’ambiente, protezione civile, sanità, sicurezza sociale, istruzione e formazione professionale ed eventuali altri. Promuove anche, presso i soggetti di cui al comma 1 dell’art. 11, la proposizione di progetti che possano rendere utilizzabili fondi europei. Presta assistenza agli stessi soggetti, ove occorra, per la formulazione e la presentazione dei progetti. L’ufficio stesso svolge attività di coordinamento e di servizio, finalizzata alla presentazione dei progetti da parte degli enti ed organismi indicati nel comma 1 dell’articolo precedente.

3. L’ufficio predetto, nella individuazione delle risorse economiche fa riferimento anche ai fondi disponibili per le iniziative in questione presso la Comunità Europea e a quelli della Cassa ammende presso il dipartimento della amministrazione penitenziaria.

4. Presso gli altri enti locali territoriali e le organizzazioni relative è curata la definizione operativa dei progetti, completa della documentazione relativa. I progetti sono presentati per la approvazione e il conseguente finanziamento alle autorità di competenza

5. L’attuazione dei progetti deve avvenire di intesa con la amministrazione penitenziaria, rappresentata dal provveditore regionale della stessa.

 

Capo III.
Individuazione dei progetti e luoghi di detenzione.

 

Art. 13. (Finalizzazione dei progetti).

1. I progetti hanno finalizzazioni diverse, sempre rivolte alla rimozione delle difficoltà sociali dei partecipanti, ma anche allo svolgimento di attività di pubblica utilità.

2. Sotto il secondo profilo, vengono privilegiati i progetti che realizzano interventi ambientali, quali la tenuta e il riordino delle zone agricole o boschive abbandonate, nonchè la sistemazione e pulizia di corsi d’acqua, e la migliore utilizzazione delle zone urbane destinate ad uso pubblico o in condizioni di abbandono.

3. Nella attuazione dei progetti si deve promuovere la organizzazione della rete sociale che favorisce il reinserimento sociale degli utenti, cui i progetti medesimi sono finalizzati.

 

 

Art. 14. (Progetti per dipendenti da stupefacenti o da alcool).

1. I progetti per le persone dipendenti da stupefacenti, proposti ed attuati dal servizio tossicodipendenze pubblico o, previa valutazione positiva dello stesso, da enti o organismi privati compresi negli enti ausiliari di cui all’art. 115 del DPR 309/90, sono organizzati in forma di comunità diurna. Vengono realizzati programmi diurni, anche di riduzione del danno, nei casi che lo richiedono. Per tali progetti è consentito il ricorso all’art.21 della presente legge, anche se non ricorre una attività esterna di lavoro.

2. Per le persone alcooldipendenti vengono realizzati programmi distinti da quelli di cui al comma 1.

3. Tali progetti possono accedere al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga di cui all’art. 127 del DPR 309/90.

4. Resta salva, comunque, la possibilità di utilizzazione di misure alternative.

 

Art. 15. (Progetti per situazioni di disagio psicofisico o sociale).

1. I progetti per le persone con problemi psicofisici o di abbandono sociale proposti ed attuati dai servizi socioassistenziali competenti o, previa valutazione positiva degli stessi, da enti o organismi privati, in particolare appartenenti alla cooperazione sociale, sono organizzati in appositi servizi o comunità diurni. Si applica quanto previsto dal secondo periodo del comma 1 e dal comma 4 dell’articolo precedente.

 

Art. 16. (Progetti per le persone immigrate).

1. I progetti per le persone immigrate saranno individuati particolarmente fra quelli di cui al comma 2 dell’art. 13.

2. Nella attuazione di tali progetti, particolare cura sarà dedicata anche agli aspetti di formazione professionale.

3. Per i possibili strumenti giuridici di attuazione dei progetti vale quanto indicato nei due articoli precedenti.

3. Per la gestione di tali progetti le cooperative sociali devono essere considerate soggetto preferito.

 

Art. 17. (Istituti penitenziari locali a custodia attenuata).

1. L’attuazione dei progetti deve realizzare una riduzione in assoluto delle persone detenute e internate e, in particolare, di quelle che si trovano negli istituti penitenziari ordinari.

2. A tal fine devono essere creati, nei territori comunali nei quali hanno sede tribunali ordinari o sedi distaccate degli stessi, istituti penitenziari a custodia attenuata, gestiti dal comune nel quale vengono istituiti. La direzione è affidata al sindaco o a un suo delegato e il personale impiegato è dipendente dal comune. Le spese di istituzione e di gestione degli istituti sono rimborsate dallo Stato.

3. Gli istituti penitenziari locali a custodia attenuata possono essere creati anche in comuni prossimi ai luoghi di attuazione dei progetti, diversi da quelli indicati nel comma precedente.

4. Gli istituti predetti sono istituiti con provvedimenti del dipartimento della amministrazione penitenziaria, d’intesa con la regione competente.

5. La custodia degli operatori degli istituti è limitata ai periodi di presenza dei reclusi. Gli operatori degli istituti e i centri di servizio sociale adulti svolgono le funzioni di loro competenza nella esecuzione delle misure giuridiche utilizzate. E’ promossa la organizzazione della rete sociale, come disposto dal comma 3 dell’art.13.

6. Può essere anche autorizzato lo svolgimento del periodo giornaliero detentivo, previsto dal programma di trattamento, presso la stessa sede di attuazione del progetto o una sede appositamente creata dall’organismo che cura la realizzazione del progetto. L’autorizzazione è concessa dal provveditorato regionale della amministrazione penitenziaria, che, attraverso apposita convenzione, definisce le condizioni, anche economiche, di gestione. In tali casi, le funzioni penitenziarie sono svolte dagli operatori del progetto.

 

Art. 18. (Utilizzazione degli istituti di cui all’articolo precedente).

1. Gli istituti locali di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo precedente possono essere usati anche per la esecuzione della semilibertà o della semidetenzione di persone non comprese nei progetti.

 

Art. 19. (Realizzazione degli istituti).

1. Per realizzare gli istituti di cui agli articoli precedenti, possono essere recuperate le sedi delle cessate case mandamentali, nonché gli immobili demaniali o di altri enti pubblici o privati, che, per le caratteristiche strutturali, siano adatti o adattabili alle finalità degli istituti stessi.

 

 

Precedente Home Su