Norme sull'edilizia carceraria

 

Senato della Repubblica - XIV Legislatura

Disegno di legge n° 645

 

d’iniziativa dei senatori

 

Rizzi, Schifani, Manfredi, Asciutti, Azzollini, Bettamio, Boscetto, Centaro, Comincioli, Contestabile, Dell’Utri, Del Pennino, Fabbri, Grillo, Guasti, Minardo, Morra, Pessina, Pianetta, Piccioni, Salini, Scotti, Tomassini e Travaglia

 

Comunicato alla Presidenza il 20 settembre 2001

 

Norme sull’edilizia carceraria nei centri urbani

 

Onorevoli Senatori - Il problema della permanenza di edifici carcerari nei centri storici di talune città ha assunto col passare degli anni carattere di estrema gravità. È a tutti noto che considerazioni ormai comunemente condivise impongono la dislocazione dei complessi carcerari e penitenziari il più possibile fuori degli abitati e comunque fuori dalle zone di più intensa urbanizzazione cittadina.
Motivi di ordine urbanistico e funzionale rendono anacronistica la presenza di grossi complessi, sovente strutturati in modo antiestetico, obbligatoriamente circondati da ampi spazi e da apprestamenti protettivi, auspicabilmente muniti di tutta una serie di installazioni collaterali (ambulatori, infermerie, centri diagnostici e terapeutici, alloggi del personale di custodia, uffici) in zone urbane nelle quali la presenza di questi stabilimenti non ha ragion d’essere, intralcia la vita cittadina, costringe i detenuti stessi a trascorrere la loro detenzione in ambienti poco consoni, complica e rende insolubili i problemi della sicurezza e quelli della agibilità stradale circostante.
In questi ultimi anni abbiamo assistito unicamente all’attuazione della legge 12 dicembre 1971, n. 1133, che prevedeva la ristrutturazione di numerosi istituti (Genova, Alessandria, Roma Massa e Napoli) e la realizzazione di 78 nuovi istituti.

Tuttavia l’insufficienza dei finanziamenti disponibili, oltre a non consentire di avviare consistenti interventi di ristrutturazione, ha notevolmente rallentato la realizzazione dei programmi in corso. Al riguardo, occorre evidenziare che i provvedimenti legislativi varati nel corso degli ultimi anni (dal 1995) hanno comportato una riduzione complessiva di oltre 31 miliardi di lire.
Per risanare e potenziare il patrimonio edilizio, sarebbe necessario intervenire con consistenti lavori soprattutto nelle strutture dove le condizioni di sovraffollamento nonchè la vetustà dei fabbricati hanno prodotto una grave situazione di degrado.

Tipico il caso di Milano, dove il carcere di san Vittore è posto quasi al centro della città e crea problemi insolubili, rendendo impossibili anche quegli ammodernamenti che richiederebbero spazi non più reperibili e opere non attuabili nel cuore dell’area urbana della metropoli.
Alla dislocazione degli edifici carcerari esistenti in zone decentrate si è per anni auspicato potesse provvedere l’autorità amministrativa, ma ben poco è stato fatto in proposito, se non nei casi in cui la autentica inagibilità dei preesistenti edifici ha imposto, con la forza cogente delle cose, di correre ai ripari. Si impone, dunque, la adozione di misure legislative che avviino a soluzione l’annoso ed urgente problema.

Il disegno di legge si propone di conseguire questi obiettivi e consta di sette articoli. L’articolo 1 pone un principio di ordine generale per l’edilizia carceraria riguardante le maggiori città, nelle quali le ragioni ben note sopra riassunte acquistano speciale evidenza. L’articolo 2 si preoccupa di delimitare con esattezza i comuni per i quali la nuova normativa diviene operante, ancorando quest’ultima ad una rigorosa classificazione fatta in base ai dati del censimento nazionale della popolazione.
L’articolo 3 individua l’edilizia carceraria, cui la legge si riferisce e pone il divieto di nuovi insediamenti nelle zone classificabili come centri storici, centri edificati intensivi e centri residenziali. In pratica si tratta di impedire che carceri e penitenziari sorgano là dove la struttura urbana è più addensata.

Gli articoli 4, 5 e 6 regolano le ipotesi di progetti di costruzione in itinere, vietando l’elaborazione, la approvazione e l’esecuzione, ove non fosse rispettato il divieto generale di cui all’articolo 3. Occorre naturalmente regolare i rapporti già sorti con i proprietari di aree e immobili interessati dai vecchi, non più attuabili progetti e si propone così di far ricorso al giusto contemperamento degli interessi pubblici con quelli privati, nel rispetto dei principi costituzionali. Pertanto si è distinto il caso della semplice dichiarazione di pubblica utilità che non comporta indennizabilità, da quello dell’occupazione iniziata che comporta corresponsione dell’usuale interesse sul prezzo-valore, da quello – estremo – dall’avvenuta espropriazione che deve dar luogo alla possibilità di retrocessione, senza peraltro consentire indebiti guadagni del privato per effetto della lievitazione dei prezzi.
Più complesso è il problema per gli edifici già esistenti: vi provvede l’articolo 6, il quale impone la programmazione di opere di ricostruzione degli stabilimenti odierni non più tollerabili nei centri cittadini ed assegna termini ragionevoli perché detta programmazione venga realizzata, attraverso opportune modifiche degli strumenti urbanistici esistenti ovvero – nell’inerzia delle amministrazioni locali – attraverso interventi della autorità statale.

L’articolo 7, per consentire la sollecita realizzazione dei programmi di edilizia carceraria, prevede che le espropriazioni avvengano ai sensi degli articoli da 32 a 42 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n° 327. L’urgenza e la gravità del problema, cui concorre da un lato l’insopprimibile esigenza di assicurare ai detenuti una moderna edilizia carceraria e dall’altro la necessaria bonifica urbanistica dei centri cittadini, induce a sperare in una sollecita approvazione del disegno di legge.

 

Disegno di legge

 

Articolo 1

 

Nei comuni con popolazione residente superiore a 200.000 abitanti non possono essere realizzate opere di edilizia carceraria, se non nei limiti e alle condizioni stabiliti nella presente legge.

 

Articolo 2

 

Alla classificazione dei comuni, ai fini della applicazione della presente legge, si provvede in occasione di ciascun censimento generale della popolazione e, dopo la conclusione delle operazioni di censimento, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto col Ministro della giustizia.

La classificazione di cui al comma 1 è operante fino a che, con successivo decreto emanato a seguito di nuovo censimento, il comune venga diversamente classificato.

 

Articolo 3

 

Per i comuni con popolazione residente superiore a 200.000 abitanti non possono essere deliberati, approvati o posti in esecuzione progetti di costruzione, ampliamento o modificazione di edifici carcerari e di edifici da adibire comunque a servizi connessi con la custodia di persone detenute, entro le zone che gli strumenti urbanistici adottati delimitano come centri storici, ovvero come centri edificati destinati ad edilizia intensiva o residenziale.

Ai fini della presente legge, si considerano edifici da adibire a servizi connessi con la custodia di persone detenute gli uffici dei carceri giudiziari e delle case di reclusione e di pena, gli ambulatori e ricoveri per persone comunque detenute sia in attesa di giudizio sia in espiazione di pene, gli alloggi di servizio del personale comunque destinato alla custodia dei detenuti ed ogni altro edificio destinato ad esplicazione di servizi ed attività carceraria.

 

Articolo 4

 

I progetti in corso di deliberazione ovvero deliberati ed in attesa di approvazione debbono essere modificati, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità alle norme contenute nella presente legge, a cura delle amministrazioni interessate.

Per i terreni e gli altri beni immobili, per i quali sia intervenuta dichiarazione di pubblica utilità in vista della realizzazione di progetti di cui al comma 1, e non conformi al disposto dell’articolo 3 della presente legge, la dichiarazione di pubblica utilità è revocata di diritto alla data di entrata in vigore della presente legge.

Nulla è dovuto ai titolari di diritto di proprietà o di altro diritto reale per effetto della revoca della dichiarazione di pubblica utilità.

 

Articolo 5

 

I terreni e gli altri beni immobili, per i quali sia intervenuta, prima dell’entrata in vigore del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, occupazione di urgenza in esecuzione di progetti di costruzione previsti al comma 1 dell’articolo 4 della presente legge, e non più conformi alle disposizioni di cui sempre alla presente legge, debbono essere restituiti alla disponibilità degli aventi diritto entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge con provvedimento dell’autorità che ha disposto la occupazione.

Ai proprietari spetta la corresponsione, a carico dell’amministrazione occupante, di un indennizzo corrispondente all’interesse legale sull’ammontare dell’indennità di esproprio se quest’ultima ha già costituito oggetto di offerta, ancorché non accettata, o non divenuta definitiva.

Qualora l’indennità non sia stata offerta, l’indennizzo dovuto per la occupazione ai sensi del comma 2 del presente articolo è pari all’interesse legale sul valore del bene calcolato ai sensi degli articoli da 32 a 42 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.
Qualora sia già intervenuta l’espropriazione, può essere richiesta la retrocessione dei beni espropriati, per un prezzo pari all’indennità corrisposta per l’espropriazione maggiorata in misura pari all’interesse legale in ragione di ogni anno trascorso dalla data dell’espropriazione.

 

Articolo 6

 

Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i piani regolatori dei comuni di cui all’articolo 2 e nel territorio dei quali già esistano edifici compresi nella previsione di cui al comma 1 dell’articolo 3 situati in zone delimitate come centri storici, ovvero come centri edificati destinati a edilizia intensiva o residenziale, debbono essere modificati e debbono prevedere la ricostruzione in altra zona degli edifici stessi.

Qualora alla scadenza del termine di cui al comma 1 l’amministrazione comunale interessata non provveda a deliberare la variante di piano regolatore, la ricostruzione degli edifici carcerari o da adibire a servizi connessi con la custodia dalle persone detenute è disposta con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro della giustizia.

Il decreto di cui al comma 1 ha efficacia di variante al piano regolatore vigente nel comune. Esso può essere emanato in sede di approvazione del piano regolatore adottato dal comune.

 

Articolo 7

 

Alle espropriazioni occorrenti per la esecuzione delle opere carcerarie ai sensi della presente legge, si applicano, per la determinazione della indennità, le disposizioni di cui agli articoli da 32 a 42 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.

Le aree di risulta già occupate da edifici, in sostituzione dei quali sia avvenuta la ricostruzione ai sensi dell’articolo 6 della presente legge, nonché i sovrastanti edifici entrano a far parte del patrimonio disponibile e possono essere alienati.

 

 

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