Depenalizzazione e alternative

 

Studio comparato in materia di depenalizzazione

e sanzioni alternative

di Roberta Gamberale (avvocato)

 

Un'attenta analisi del sistema di giustizia italiano e delle sue possibili linee di riforma - deve partire da una fondamentale constatazione: l'ipertrofia del sistema penale vigente, dovuta alla tendenza, comune a tutte le legislazioni, a corredare la violazione dei precetti legislativi con la sanzione penale. A ciò si aggiunga l'ineffettività dell'applicazione del sistema sanzionatorio, da intendersi non come disfunzione del sistema, ma come suo modo di essere.

L'enorme numero di ipotesi di reato costituisce la causa principale di ingolfamento dell'intero sistema giudiziario, poiché, in tutta evidenza, attualmente non si può garantire l'applicazione certa della sanzione penale a tutte le violazioni previste in tempi ragionevolmente rapidi.

Si deve riconoscere che non c'è fenomeno, per quanto complesso, sul quale il legislatore degli ultimi decenni non sia intervenuto con la sanzione penale, ritenuta quella fornita di maggior deterrenza.

In questo contesto, ormai da tempo la dottrina penalistica più attenta e rigorosa, sia in Italia, sia all'estero, esprime l'allarme per l'espansione senza limiti del diritto penale, che va di pari passo con la sua accresciuta inefficienza a governare i conflitti che scaturiscono dalla dinamica e dallo sviluppo sociale.

Lo stesso Consiglio superiore della magistratura, con una relazione approvata nella seduta dell'11 giugno 1992, ha sottolineato come l'azione penale non possa essere utilizzata indiscriminatamente per colpire ogni comportamento non in regola con le norme, ma come essa debba, al contrario, essere riservata alle esigenze di tutela dei beni primari della collettività e, segnatamente, dei beni di rilevanza costituzionale.

Sul piano del diritto sostanziale il concreto obiettivo di fondo è il diritto penale minimo, esigenza fondamentale e unica razionale risposta ai tentativi di eliminare dal nostro ordinamento l'obbligatorietà dell'azione penale, con conseguente depenalizzazione degli attuali sistemi; in altre parole occorre rifondare il sistema sanzionatorio attraverso un'estesa riduzione delle fattispecie incriminatrici e la previsione di pene alternative al carcere, affinché la pena detentiva sia riservata ai pochi casi in cui la gravità del fatto ne giustifichi l'esecuzione.

Una poderosa depenalizzazione, quindi, consentirebbe di ridurre la quantità dei procedimenti penali in modo che il numero dei processi da definire sia tale che, anche attraverso il potenzia mento dei riti alternativi, il dibattimento possa divenire una fase dedicata prevalentemente, se non esclusivamente, alla trattazione di quei fatti di reato che in ragione della loro gravità o complessità necessitano di un accertamento e di una valutazione più approfonditi.

Senza soffermarci sul ddl. A.s. 2570 (già A.C. 1850), di iniziativa dei deputati Bonito ed altri, approvato in prima lettura, con modificazioni, dall'Assemblea della Camera dei deputati il 27 giugno 1997, a conclusione dell'esame congiunto con la p.d.l. 2084, Grimaldi ed altri, recante anch'essa "Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori", ed attualmente all'esame in seconda lettura della Commissione Giustizia della Camera, può essere utile, invece, analizzare i sistemi sanzionatori degli altri paesi europei, per trarre, ove possibile e se conveniente, qualche suggerimento.

La depenalizzazione può essere attuata in varie direzioni, ad esempio attraverso il trasferimento della tutela di alcuni diritti nel campo civile.

Importanti studi effettuati sul versante penalistico e, soprattutto, su quello criminologico, hanno evidenziato le importanti funzioni cui possono assolvere la restitutio in integrum ed il risarcimento del danno, in particolare a livello di integrazione sociale, grazie al riavvicinamento tra l'autore e la vittima, e sul piano della prevenzione speciale poiché grazie al suddetto riavvicinamento favoriscono l'integrazione del reo nel contesto collettivo.

Questi rimedi potrebbero facilmente essere previsti per una serie di reati contro il patrimonio in quanto, con il soddisfacimento della parte lesa, potrebbero costituire causa di estinzione del reato.

L 'utilizzazione di queste sanzioni anche in materia penale risultano in due importanti documenti, l'uno delle Nazioni Unite e l'altro del Consiglio d'Europa, entrambe risalenti alla metà degli anni Ottanta.

Al riguardo, l'Assemblea generale dell'ONU, il 20 novembre 1985, ha adottato la Dichiarazione A/REs/40/34 sui principi fondamentali di giustizia relativi alle vittime della criminalità ed alle vittime degli abusi di potere; il relativo par. 9 stabilisce che "I governi devono riesaminare le loro prassi, discipline eleggi per fare della restituzione una possibile soluzione nelle vicende penali, in aggiunta alle altre sanzioni penali".

In modo molto più esplicito il Consiglio d'Europa, nella Raccomandazione R (85) 11 del Comitato dei Ministri sulla posizione della vittima nell'ambito del diritto e della procedura penale, adottata il 28 giugno 1985, ha previsto al par. 10 che: "Il tribunale penale dovrebbe poter ordinare la riparazione da parte dell'autore del reato a beneficio della vittima.

Il successivo par. 11 prevede che:" La riparazione dovrebbe potere, a livello normativo, sia costituire una pena, sia sostituirsi ad una pena, sia essere pronunciata contemporaneamente ad una pena".

Queste sollecitazioni, provenienti a livello internazionale, sono state recepite in molti sistemi penali nazionali.

L'Inghilterra, già a partire dagli anni Settanta con il Criminal Justice Act 1972, in seguito trasfuso nel Powers of Court Act 1973 e, negli anni Ottanta, con la Section 67 del Criminal Justice Act del 1982 ha introdotto il sistema dei cosiddetti compensation orders.

 

Essi presentano le seguenti caratteristiche:

 

  1. spetta esclusivamente al giudice penale decidere in merito al quantum della riparazione;

  2. la formulazione della richiesta non necessita di requisiti formali;

  3. allo scopo di evitare inutili affollamenti di soggetti, la vittima è inserita nella dinamica processuale nella fase finale del sentencing;

  4. la Corte (e questo costituisce l'aspetto più importante) accertata l'inadeguatezza finanziaria attuale dell'imputato, può dichiarare la prevalenza del compensation order sulla sanzione pecuniaria che sarebbe altrimenti irrogata.

Quest'ultimo elemento sottolinea il riconoscimento dell'idoneità della compensation a funzionare in alternativa alla sanzione penale, nei casi di criminalità bagatellare.

Tuttavia, il sistema inglese presenta un limite: la prestazione, infatti, non essendo il frutto di una libera scelta, sembra indebolire, in particolare, la funzione di prevenzione speciale, proprio dal punto di vista della cosiddetta "compensazione autore - vittima".

Tra gli ordinamenti di lingua tedesca, un altro esempio riguarda l'Austria.

In particolare, il paragrafo 167 del codice penale prevede l'istituto del "pentimento oneroso" (Taetige Reue) attraverso il quale è preclusa la punibilità per alcune specifiche figure delittuose, nel caso in cui l'autore, prima che "l'autorità pubblica sia venuta a conoscenza della colpevolezza di quest'ultimo" risarcisca direttamente, o tramite un terzo, l'intero danno, ovvero si obblighi a farlo in un determinato lasso di tempo.

Questo sistema se da un lato lascia maggior libertà di scelta all'autore, dall'altro prevede l'applicazione dell'istituto solo a determinate categorie di reati. E da ritenere che proprio tale constatazione abbia spinto il legislatore austriaco a modificare, con la riforma del 1987, il paragrafo 42, comma 2, del codice penale.

In particolare, con tale modifica è stata sancita la non punibilità, per mancanza di "meritevolezza di pena" mostrata dal fatto, a causa della ridotta colpevolezza o nel caso in cui il danno sia stato totalmente risarcito dal reo, in riferimento a quei reati con un limite edittale di pena fino a tre anni di reclusione, aumentati addirittura a ,cinque anni per gli imputati minorenni, a seguito della riforma del 1988 riguardante il diritto penale minorile.

Su basi analoghe si pone l'ordinamento olandese: al riguardo, il progetto elaborato dalla cosiddetta Commissione Terwee, trasfuso in legge nel 1992, qualifica il risarcimento del danno come sanzione penale in senso stretto. In questo caso il limite è di carattere essenzialmente classificatorio, poiché considerare la sanzione in oggetto quale sanzione penale stricto sensu rischia di svalutare la sua origine civilistica.

Meritevole di attenzione è anche il lavoro effettuato in Germania nel 1992 dai cosiddetti Alternativen - Professoren all'interno di due progetti di legge riguardanti rispettivamente i furti nei grandi magazzini e la "giustizia aziendale", nei quali si è proposto un nuovo modello di giustizia "settoriale", caratterizzato dall'adozione di sanzioni di natura prevalentemente privatistica.

I progetti risultano grandemente influenzati dal pensiero del loro ispiratore, Roxin, il quale qualifica il risarcimento del danno quale "dritte spur", vale adire un "terzo binario", oltre alle pene ed alle misure di sicurezza, di cui si riconosce, pertanto, la natura di sanzione autonoma nel diritto penale.

Nonostante l'iniziale tiepida accoglienza, questi due progetti sono meritevoli della massima considerazione, in quanto l'utilizzazione in chiave essenzialmente sostitutiva del risarcimento del danno risponde appieno al principio del diritto penale come extrema ratio, esprimendo una sorta di umanizzazione di tale ramo del diritto che si realizza, in particolare, quando per livelli non elevati di pena è possibile evitare il sacrificio di un bene di primaria importanza, quale è la libertà personale, a vantaggio della preferenza per una diminuzione del solo patrimonio.

Nel 1994, il legislatore tedesco ha apportato un'importante modifica al codice penale, mediante l'inserimento del paragrafo 46a, intitolato proprio alla "compensazione autore - vittima" ed al risarcimento del danno.

Tale norma dispone che, nel caso di risarcimento totale o parziale del danno, sia attraverso prestazioni di carattere economico, sia di natura personale, il giudice penale può o diminuire la pena, o anche rinunciarvi nel caso in cui la pena detentiva in concreto da irrogare non superi un anno di reclusione oppure quella pecuniaria trecentosessanta tassi giornalieri.

In questo modo non solo si supera la concezione tradizionalista in base alla quale il risarcimento in sede penale può dar luogo soltanto ad una diminuzione della pena, ma si introduce, altresì, un sistema non più dipendente dalla scelta discrezionale sui singoli reati meritevoli di un siffatto effetto, ma collegato, più correttamente, a livelli generali di pena.

Altre soluzioni sono state sperimentate con successo in Europa; così in Francia non esiste il reato di emissione di assegni a vuoto- che al contrario costituisce un notevole carico di lavoro per i nostri uffici giudiziari- poiché l'istituto bancario che rilascia il carnet di assegni è tenuto ad onorare nei confronti dei terzi di buona fede l'assegno compilato dal cliente, con diritto di rivalsa nei confronti di quest'ultimo: le banche cureranno in questo modo di rilasciare tali mezzi di pagamento a clienti effettivamente affidabili.

Per quanto riguarda il tema della sicurezza, intesa come diritto fondamentale di cittadinanza e che, in quanto tale, non può non essere al centro di una politica democratica della giustizia, occorre rilevare l'esistenza di due modelli: il primo modello è fondato sulla segregazione di coloro che appaiono pericolosi per la sicurezza collettiva e, quindi, punta su di un ricorso massiccio alla carcerazione attraverso l'applicazione su larga scala di pene privative della libertà personale e la previsione di pene detentive lunghissime L'altro modello, senza rinunciare al ricorso alla privazione della libertà personale nei casi di maggior pericolo, persegue la sicurezza attraverso un costante sforzo di contatto e di recupero con i soggetti e le aree devianti. Questa soluzione comporta indubbiamente un aggravio per le forze dell'ordine, ma, nello stesso tempo determina un alleggerimento del carico sulla polizia penitenziaria, sugli istituti di detenzione e sull'amministrazione penitenziaria.

Questo secondo modello, con variazioni da paese a paese, è proprio della cultura e della tradizione delle democrazie europee.

Un esempio, in tal senso, proviene dalla vicina Francia che, con i quartieri dormitori della periferia, con la forte presenza di immigrati non integrati, con la ghettizzazione d'intere fasce di popolazione, si caratterizza per una sensibile microcriminalità e per una forte insicurezza.

In particolare, da un articolo apparso nella Rèvue francaise d'administration publique (n. 71 del luglio - settembre 1994) è emerso che l'85 - 90 per cento dei fatti di microcriminalità restano impuniti perché non se ne scoprono gli autori.

Per quella modesta percentuale di fatti per i quali si perviene all'individuazione degli autori, la politica giudiziaria, invece di orientarsi verso la punizione esemplare, persegue, d'intesa con le forze di polizia, un tipo di repressione diretta al recupero: in questi casi, la polizia informa immediatamente il magistrato di turno della scoperta dell'autore, delle sue caratteristiche, delle circostanze concrete del fatto e valuta con lo stesso magistrato la possibilità di una mediazione con la vittima.

Nel caso in cui tale valutazione risulti positiva, il che avviene molto spesso, il magistrato convoca innanzi a se, o ad un terzo specialmente abilitato, il reo e la parte offesa per pervenire ad una composizione, spesso in cambio della prestazione gratuita di un lavoro riparatorio da parte del primo.

La riparazione (che a volte consiste in un modesto risarcimento o addirittura in semplici scuse) evita l'inizio dell'azione penale alimentando un sentimento di fiducia nelle istituzioni.

Dal 1975, in Francia si è operata una cospicua riforma tendente a ridurre l'uso delle pene detentive brevi, e, parallelamente a potenziare le misure alternative tradizionali.

Il sistema sanzionatorio francese, comunque, presenta una stretta analogia con quello italiano, sia con riferimento alle sanzioni sostitutive, sia a quelle alternative, tra le quali è prevista anche la semilibertà.

Quando la pena è al massimo di sei mesi, il giudice può consentire di scontare la stessa al di fuori dell'istituto penitenziario per svolgere lavoro, seguire corsi professionali o sottoporsi a trattamenti medici. .

Questa misura, originariamente prevista come pena detentiva "night time", è stata modificata nel 1985 a causa della carenza di celle.

A seguito della suddetta modifica, attualmente i detenuti devono passare in carcere solo i giorni in cui non sono occupati al di fuori, il che comporta una sorta di "detenzione nel week end", con la fondamentale differenza che i giorni di semilibertà sono computati come giorni di detenzione.

Ricordiamo, infine, che il Code Pènal Rèforme, Paris, 1992, entrato in vigore il 1° marzo 1994, ha introdotto, all’articolo 131 - 3, tra le cosiddette pene correzionali, sia le "Jour amende", ossia la pena pecuniaria commisurata con un sistema molto simile a quello dei tassi giornalieri, sia il lavoro di interesse generale (le travail d'intèret gènèral) consistente nella condanna a prestare tra le 24 e le 240 ore di lavoro non retribuito a favore di una collettività pubblica, di un ente pubblico o di un'associazione entro un periodo fissato dal giudice.

Sebbene il Belgio abbia un codice penale relativamente datato, nel tempo si sono succedute molteplici innovazioni riguardanti, soprattutto, l'adozione di misure di contrasto alle pene detentive brevi, tra le quali particolare importanza riveste la "semi - libertè" In osservanza della circolare del Ministro di Giustizia del 1984 che ha stabilito, sia pure con talune eccezioni, la generale non eseguibilità delle pene detentive inferiori a quattro mesi, particolare importanza riveste, per le pene fino ad un mese, l'esecuzione nel week end.

Tuttavia, l'impiego di questa misura è risultato molto scarso poiché in molti hanno visto postergato nel tempo l'epilogo della sanzione, nonché un intollerabile problema di sovraffollamento degli istituti penitenziari.

Per le pene sino a sei mesi il sistema belga prevede una misura molto simile alla nostra semilibertà.

Si tratta di una misura accordata dal dipartimento della giustizia, previa accettazione da parte del condannato di un piano di esecuzione in cui sono previste tutte le condizioni, e consistente nell'alternarsi del regolare lavoro o studio alla privazione della libertà nelle sere, nei week end e nelle feste.

Tuttavia, l'impiego di questa misura è andato stranamente decrescendo nel tempo, passando da un utilizzo pari allo - 12% nel 1972 ad un 4,6% nel 1983.

Analoghe modalità di esecuzione sono previste per la semidetenzione, concessa al condannato a pene detentive lunghe, solitamente nell'ultimo periodo per favorirne il reinserimento.

Infine occorre ricordare il Congedo Penitenziario, concesso ai detenuti meritevoli di fiducia per periodi compresi tra uno e tre giorni: esso rappresenta un periodo di libertà giustificato dall'esigenza di realizzare un determinato scopo pratico, solitamente la soluzione di problemi familiari e sessuali.

Il periodo di congedo non è calcolato nella durata della pena complessiva, a differenza, tra le altre, di quanto previsto dalla nostra legislazione.

La Spagna è il paese dell'Ovest europeo che presenta il sistema penale più complesso, con un elevato numero di sanzioni.

Il codice penale spagnolo, infatti, non solo fornisce una dettagliata elencazione delle pene principali, ma anche delle misure di sicurezza e di prevenzione tra le quali particolare importanza riveste "l'arresto fin de semana" per pene detentive comprese tra le quattro e le dodici settimane.

L'ordinamento spagnolo, in particolare, prevede che le pene detentive lunghe siano eseguite in quattro fasi nel cosiddetto "sistema progressivo", nel quale si colloca la semilibertà.

La Prelibertad, simile alla nostra semilibertà, costituisce una figura anticipatrice della libertà condizionale; in essa il detenuto può lavorare fuori del carcere in "regimen abierto", ottenendo periodicamente un week end libero.

E' particolarmente importante sottolineare, ai fini della presente indagine comparativa, che il Nuevo Còdigo penal, introdotto con la Ley Organica n. 10, del 23 novembre 1995, ed entrato in vigore il 24 maggio 1996, ha soppresso le pene detentive brevi, ossia sino a sei mesi di reclusione, sostituendole o con la pena pecuniaria, a tassi giornalieri, oppure con gli "arresti di fine settimana".

Va evidenziato, inoltre, che sono catalogate tra le pene principali sia gli arresti di fine settimana, sia il lavoro a favore della comunità gratuito, e limitato al massimo ad un anno.

Con riferimento alla Gran Bretagna, la vigente legislazione, ispirata dalla finalità di riabilitazione del reo, prevede che il condannato ad una pena detentiva possa scontarla in regime di libertà vigilata e sotto il controllo di un probation officer.

Il servizio di probation è assolto da un apposito ispettorato dell'amministrazione penitenziaria, a volte con il concorso degli enti locali, ed è diretto ad apprestare centri di assistenza per i detenuti, i quali sono tenuti a seguirvi programmi riabilitativi. In alcuni casi, può disporne l'assegnazione a servizi comunitari.

Nel caso in cui il detenuto abbia già scontato una parte della pena o in presenza del requisito della buona condotta o ancora per motivi di salute, la legislazione prevede la scarcerazione anticipata e condizionale del detenuto (on parole).

Il compito di istruire il relativo procedimento spetta al Parole Board, organo collegiale (composto attualmente da 81 membri), che è stato introdotto dal Criminal Justice Act del 1967 ed ha attribuzioni assimila bili a quelle del nostro giudice di sorveglianza.

L 'attività di questo organo in passato è stata rivolta altresì alla ricerca dei considerevoli benefici derivanti, in termini di risorse umane e finanziarie, dalla deflazione della popolazione carceraria; sotto questo profilo, risultati positivi sono stati riportati in inchieste parlamentari (il Carlisle Report del 1988).

Con riguardo all'esecuzione della pena, è importante ricordare Il recente orientamento legislativo improntato ad un maggior rigore nella concessione di provvedimenti di scarcerazione. Con il Crime (Sentence Act) del 1997, adottato a seguito del White Paper intitolato Protecting the Public e presentato al Parlamento nel marzo 1996, il legislatore britannico ha infatti affermato il principio della "effettività della pena", disponendo che la pena scontata dal detenuto deve essere il più possibile corrispondente a quella irrogata con la sentenza di condanna.

Infine, è utile ricordare un provvedimento legislativo di particolare, adottato recentemente: il Prisoner's Earning Act del 1996, che ha autorizzato forme di tassazione sui proventi del detenuto tratti dalle sue attività lavorative, e la destinazione di tali somme a finalità di prevenzione della criminalità e di sostentamento delle vittime dei reati.

Paese dotato di un sistema correzionale - rieducativo all'avanguardia, la Svezia sin dagli anni '30 si è caratterizzata per la cosiddetta "filosofia del trattamento" attraverso la quale si è cercato di ridurre al massimo l'area della pena detentiva, ampliando le forme alternative e la discrezionalità nella commisurazione della pena (cosiddetto sentencing), al fine di privilegiare gli aspetti più pedagogici e medici dell'esecuzione penale, in una prospettiva di riabilitazione del reo.

La Svezia, infatti, ha un tasso di detenzione tra i più bassi d'Europa, anche se più alto rispetto agli altri paesi scandinavi. La pena più largamente utilizzata è quella pecuniaria e si tende a favorire la pena detentiva breve.

Il servizio penitenziario dell'ordinamento svedese è caratterizzato dal fatto che, oltre che per i condannati ed i detenuti in attesa di giudizio, è responsabile del supporto e della supervisione nei confronti delle diverse forme alternative alla pena detentiva e, in particolare, dell'esecuzione di condanne allo svolgimento di un'attività lavorativa socialmente utile o al trattamento in una comunità per tossicodipendenti ed alcolisti.

Il servizio, inoltre, ha la possibilità di elaborare rapporti relativi alla situazione sociale, presente e passata, dell'accusato indicando le necessità e le motivazioni che potrebbero giustificare o raccomandare forme alternative alla detenzione nel caso in cui l'imputato sia condannato. Mediante questi rapporti, che possono essere richiesti dalle corti prima della conclusione del processo, è possibile elaborare sentenze appropriate ai singoli casi.

La condanna alla Probation consiste nel sostituire alla privazione della libertà l'obbligo di trascorrere sotto sorveglianza un periodo di prova, che può andare da uno a tre anni.

Peraltro, è importante sottolineare che questa misura è considerata come una vera e propria sanzione penale in libertà, alternativa alla detenzione, e non una sanzione sostitutiva della pena.

La probation può essere accompagnata da ammende o oneri relativi, ad esempio, al trattamento di disintossicazione, e solitamente prevede un periodo di sorveglianza della durata di un anno cui possono seguire sino a due anni di cosiddetta "provisional freedom".

Particolari tipi di probation sono accompagnati dall'obbligo di prestare un'attività lavorativa socialmente utile e non retribuita, da un minimo di 40 ad un massimo di 200 ore.

Questo tipo di trattamento è riservato ai giovani di età non superiore ai 25 anni e che sarebbero stati condannati a pene detentive fino ad un anno. Non si applica, invece, a quelle persone che soffrono o hanno sofferto per l'abuso di sostanze tossiche, come alcool e droghe, e per le quali è previsto il ricorso al Community trattament order attraverso il quale il condannato è obbligato a seguire un programma personalizzato di rieducazione presso una comunità terapeutica specializzata.

Nel caso di reati meno gravi, un contenuto sanzionatorio più esiguo ha la condanna condizionale, applicata a quei soggetti per i quali il rischio minimo di recidiva consente al giudice di pronunciare una sentenza di condanna con "prova".

Tale periodo ha la durata di circa due anni e non comporta misure di sorveglianza da parte di organi pubblici.

Spesso accanto alla condanna condizionale è prevista una pena pecuniaria o l'obbligo di risarcire il danno provocato dal reato.

Occorre ricordare che, dal mese .di Agosto 1994, in Svezia è in corso di sperimentazione una misura sostitutiva riservata i soggetti condannati a non più di tre mesi di reclusione.

Questa misura, che può intervenire in fase di applicazione della pena su decisione della direzione regionale del Prison and probation service, consiste in una sorveglianza intensiva, che può essere attuata anche tramite l'ausilio di congegni elettronici, e comporta frequenti visite del personale del servizio

sociale, controlli relativi all'uso di alcool o droghe e la partecipazione del condannato ad un programma personalizzato di rieducazione.

Tutta l'attività dell'autore del reato è sottoposta ad un monitoraggio elettronico mediante un congegno ricetrasmittente che il soggetto è obbligato a portare con se.

Una ricevente collegata all'apparecchio telefonico consente di verificare che gli spostamenti del soggetto in questione rispettino il piano delle attività concordate con il servizio sociale.

Durante il periodo di sorveglianza speciale, il condannato deve pagare 50 corone svedesi al giorno al fondo per il risarcimento delle vittime dei reati.

In Germania il sistema penale tedesco si basava, già dallo scorso fine secolo, sugli insegnamenti di von Liszt che tendevano al rigetto della pena detentiva breve.

La riforma del 1975 ha portato ad una sostanziale restrizione nell'uso della pena detentiva breve, considerata anti - riabilitativa, e ad un più generalizzato impiego della sanzione pecuniaria quale strumento di politica criminale, diretto alla prevenzione delle future offese.

Questa tendenza ha portato ad un aumento del ricorso alle sanzioni di tipo non custodiale, e ad un particolare riconoscimento della pena pecuniaria come fondamentale pena sostitutiva, di recente ristrutturata secondo il sistema dei "tassi giornalieri"" Il sistema tedesco conosce modalità esecutive della pena, come la sospensione condizionale o la liberazione condizionale, riscontrabili in molti altri paesi, ma, tuttavia, non offre la possibilità di ravvisare la presenza di misure analoghe alla semilibertà o ai permessi premio.

L 'Olanda si caratterizza per il clima sanzionatorio particolarmente mite, e per la tradizionale tendenza alla riduzione dell'uso della pena detentiva breve.

Tutto ciò ha fatto dell'Olanda il Paese in Europa con la più bassa densità di popolazione carceraria; le pene irrogate sono mediamente le più brevi d'Europa, e circa un quarto delle condanne sono in parte o totalmente sospese.

Questa "felice situazione" si è andata deteriorando, però, nel corso degli anni '80,quando, cioè, l'aumento della criminalità ha fatto emergere problemi di sovraffollamento delle carceri ed ha conseguentemente portato ad un inasprimento delle pene e dei termini delle sanzioni custodali, nonché alla introduzione del "lavoro non pagato a favore della comunità".

Tuttavia, essendo il sistema detentivo olandese informato ai principi di umanizzazione della pena ed alla risocializzazione fuori dal carcere, nel sistema carcerario le decisioni sono prese dall'autorità amministrativa.

 

Tre, in particolare, sono le fattispecie applicabili in maniera empirica

  1. l'esecuzione nel week end, che è concessa su richiesta del condannato e deve essere eseguita in luoghi vicino alla città d'origine. Essa rappresenta, comunque, una fattispecie alla quale si ricorre in ipotesi molto rare.

  2. Il collocamento in prigioni aperte è una figura molto vicina alla semilibertà. Durante il giorno, infatti, il detenuto svolge normali occupazioni fuori dal carcere e nel week end è libero. Una parte dei guadagni è devoluta all'istituto di pena, allo scopo di risarcirne le spese.

  3. La detenzione durante il giorno rappresenta una figura molto simile alla semidetenzione, poiché lascia libere le sere ed i fine settimana e prevede, soprattutto, lavoro. Tale misura, applicabile nelle ultime sei settimane di detenzione, si sconta in appositi istituti, anche promiscui, sotto il controllo del "probation service". Quest'ultima misura ha fatto registrare ottimi risultati: nel periodo compreso tra il 1989 ed il 1990, infatti, solo un soggetto beneficiario è ritornato in carcere per non averne rispettato le condizioni.

 

La presente indagine comparativa non poteva concludersi senza uno sguardo al sistema sanzionatorio statunitense. Negli Stati Uniti d' America sistema sanzionatorio si incentra, prevalentemente, su quegli istituti tipici del mondo anglosassone, vale a dire il "probation" o il "parole", il cui modello è stato ampiamente recepito dalle strutture sanzionatorie di molti Paesi.

In alcuni Stati il "probation" può essere accompagnato dalla prigione o da altri provvedimenti limitativi della libertà.

In particolare, se il reato è grave la Corte può imporre sino ad un anno di carcere se l'accusato non ha lavoro; nel caso in cui il reato sia meno grave, invece, può essere imposta la detenzione nelle sole ore in cui il condannato non lavori, secondo un modello analogo alla semilibertà.

Dalla combinazione della "probation" con la prigione scaturisce una figura simile al "parole", infatti, non tutta la pena è scontata e comunque il beneficiario è tenuto al rispetto di determinate condizioni.

In continuo aumento è l'impiego dei permessi di uscita dalla prigione: si pensi che nel 1990 il numero di tali permessi è stato altissimo (tra il 95 ed il 99%), con punte perfino del 100% in sette Stati, sebbene in alcuni Stati, in realtà molto pochi, come New York ed il Mississippi, la concessione di tale misura sia esclusa.

Il permesso è rilasciato, in particolare, per permettere il reinserimento del condannato prima del ricorso all'istituto del "parole", nonché prima della definitiva liberazione, ma anche per consentire lo svolgimento di cure mediche, per motivi religiosi, o per emergenze come funerali o gravi malattie dei familiari.

In 37 Stati la concessione è subordinata all'esistenza di un responsabile del permesso, che solitamente è un membro della famiglia o un volontario.

Sebbene le condizioni varino sa Stato a Stato, per il rilascio del permesso è necessario che il beneficiario sia annoverato tra i detenuti comuni, abbia scontato una certa parte di pena e sia prossimo alla data del "parole" o della liberazione.

Decisivo è anche il tipo di crimine commesso nel senso che, in alcuni Stati la misura è preclusa a coloro che abbiano compiuto reati particolarmente gravi (evasione, violenza, reati sessuali, incendio doloso, ecc.).

Da questo studio comparato possiamo trarre alcune conclusioni che potrebbero rappresentare, altresì, utili suggerimenti.

In paesi come la Spagna, la Svezia e la Francia, sia pure limitatamente a pochi istituti, la concessione della semilibertà è inserita nell'ambito di un sistema detentivo organizzato per fasi, che prevede il passaggio da un carcere più duro ad una modalità di detenzione meno severa, sino ad una terza fase nella quale

avviene, appunto, la concessione della semilibertà, che precede la quarta ed ultima fase di totale dismissione del soggetto dal circuito penitenziario.

L 'inserimento della misura nell'ambito di questo complesso trattamento differenziato permetterebbe di valutare i progressi compiuti dal detenuto nel corso del trattamento.

Ai sensi dell'articolo 50, co. 2 del nostro ordinamento penitenziario, l'ammissione al regime di semilibertà avviene dopo aver scontato un congruo periodo di pena detentiva, mentre sarebbe, forse, più conveniente una maggiore scansione del periodo di detenzione da scontare prima della concessione del beneficio, nonché la previsione di strutture differenziate all'interno delle quali il soggetto possa scontare la residua pena da semilibero.

Occorre sottolineare, inoltre, le nuove misure alternative che potrebbero utilmente aggiungersi alla stessa semilibertà: si pensi ad esempio all'arresto fin de semana dell'ordinamento spagnolo e all'analoga detenzione nel week end tipica del sistema belga e di quello olandese.

Quest'ultima misura, tuttavia, ha sollevato le critiche di coloro che sottolineano il problema derivante dal considerevole aumento della popolazione carceraria nel fine settimana, nonché il notevole rischio di evasione che suggerisce, di conseguenza, che tale misura sia adottata solo nei casi in cui la progressione del trattamento si in uno stato più avanzato rispetto a quello idoneo alla concessione della semilibertà.

Occorre riconoscere, comunque, che l'impiego di tale misura consentirebbe al soggetto, durante i giorni lavorativi, un utile reinserimento nel contesto familiare e sociale, ma sarebbe preferibile utilizzarla come misura iniziale, vale adire per quelle pene detentive brevi, sino ad un massimo di 90 giorni, per evitare l'eccessiva durata della detenzione stessa nel fine settimana.

Per quanto riguarda i permessi è potuto notare che in alcuni Stati essi invece di avere carattere "premiale" sono concessi soltanto per assolvere alle normali esigenze di vita .

Il sistema svedese, ad esempio, prevede la concessione di un permesso di più lunga durata, per trascorrere il relativo periodo con i familiari in una fattoria.

Da quanto fin qui detto, potrebbe essere utile distinguere le misure alternative in:

misure iniziali, come "l'affidamento in prova" per pene sino a tre anni, e la "detenzione domiciliare di fine settimana" potrebbe, invece, essere riservata alle pene detentive brevi, fino ad un massimo di 90 giorni di pena detentiva. In questo modo si eviterebbe di rendere troppo lungo il numero di fine settimana da trascorrere in detenzione, sia pure domiciliare.

misure nel corso di esecuzione: queste dovrebbero essere limitate alla rinnovata "semilibertà" ed alla "liberazione condizionale", alla quale potrebbe essere utile affiancare un trattamento esterno, per pene residue o inferiori a tre anni, o superiori a cinque anni dopo cinque anni di semilibertà correttamente fruiti (come proposto dal dott. Breda in sede di Commissione).

 

 

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