Germania

 

Un italiano condannato al "piccolo ergastolo" in Germania 

Ma in Italia la sua condanna è diventata un vero "fine pena mai"

 

Ristretti Orizzonti, n° 4 - 2003

 

Saverio B., condannato in Germania al "piccolo ergastolo", 15 anni, chiede di essere estradato in Italia per scontare la pena nel suo paese. Richiesta accolta. Solo che, per alcuni perversi meccanismi di legge, la pena viene tramutata nell’ergastolo italiano, non 15 anni, ma fine pena mai! Ho chiesto a Saverio di parlarci della sua storia, lo ha fatto con molto equilibrio e serenità. La stessa serenità che ci auguriamo abbia chi deve finalmente trovare una soluzione per questa situazione assurda. Se la Germania voleva condannare Saverio B. all’ergastolo, lo avrebbe condannato all’ergastolo lungo, 30 anni. Che sono pur sempre 30 anni e non l’ergastolo. Dalla Convenzione di Strasburgo, sottoscritta anche dall’Italia, risulta che se si viene condannati all’estero e si torna in patria per scontare la pena, quest’ultima non può, per principio, essere maggiore di quella comminata nel paese dove è avvenuto il reato.

 

Il racconto di Saverio

 

Oggi, mentre ero a messa, un amico della redazione di Ristretti Orizzonti mi ha chiesto se avessi voglia di raccontare la mia esperienza, visto che per sei anni sono stato recluso in carceri tedesche, e successivamente estradato a scontare il resto della condanna in Italia.

Mi sono lasciato convincere a raccontare questa storia solo perché mi è stato assicurato che questo racconto verrà pubblicato integralmente. Tutto quello che scriverò è facilmente riscontrabile da una precisa documentazione originale, di sentenze emesse dai tribunali tedeschi dove sono stato condannato. E soprattutto questi fatti li ho vissuti sulla mia pelle, e ne porto le ferite.

 

Quello che mi ha colpito di più nel nostro paese è il modo di tramutare le sentenze straniere. Nel mio caso, provenivo dalla Germania con una sentenza di ergastolo breve, pari a 15 anni di reclusione, che qui mi è stata tramutata in ergastolo. Carcere a vita. Fine pena Mai!

Nel 1998, dopo sei anni di detenzione in Germania a Straubing, in Baviera, mi arrivò la comunicazione che, se avessi finito di scontare la pena in Germania, al termine sarei stato espulso senza possibilità di rientrare. Dalle autorità tedesche mi fu offerta la possibilità di venire in Italia a scontare il resto della pena, con l’assicurazione che in Italia avrebbero rispettato la sentenza emessa dal Tribunale di Monaco di Baviera nel maggio del 1992. La pena che avrei dovuto scontare in Italia sarebbe stata la stessa alla quale ero stato condannato in Germania, 15 anni. La condizione che mi convinse a venire fu la promessa che, dopo aver scontato i quindici anni in Italia, sarei potuto rientrare dalla mia famiglia in Germania. Per l’amore verso la mia terra di origine, l’Italia, non ho mai voluto prendere la cittadinanza tedesca, perché il mio sogno è sempre stato quello di tornare in Italia, e anche ai miei figli ho trasmesso questo sentimento. Dopo quello che mi è successo loro hanno chiesto la cittadinanza tedesca, essendo nati lì, ed essendo mia moglie tedesca.

Il fatto che mi ha portato in carcere è stato l’unico grande sbaglio della mia vita. Ho sempre lavorato, conoscevo solo cantieri. Ho lavorato in raffinerie petrolifere, centrali chimiche e nucleari. Tutti lavori delicati, essendo io specializzato nella lavorazione di materiali nobili. Acciaio inox, titanio e tutti i derivati ferrosi. Sono uno specialista in saldature, e per 25 anni ho girato e lavorato in mezzo mondo, nei Paesi Arabi, nel Caucaso, in Russia e in tutta l’Europa, occupandomi del montaggio di tubazioni speciali ad alta pressione. Lo sbaglio che ho fatto nasce dalla esasperazione di un lungo periodo di minacce subite in un cantiere, dove io ero il responsabile. La cosa poi è degenerata. Purtroppo una vita si è spezzata. In un attimo oltre alla sua ho distrutto la mia vita, quella dei miei familiari, che sono rimasti senza un punto forte di riferimento, quale sono stato io per trenta anni.

Dalla mia patria però, dopo una vita passata all’estero lavorando, e facendo una carriera lavorativa iniziata all’età di 15 anni, mi aspettavo un po’ più di sensibilità, anche alla luce del mio passato. E soprattutto che venissero rispettati i trattati internazionali. Non sono un delinquente, questo è il solo episodio negativo della mia intera esistenza. Sono quasi tre anni che sto combattendo per questa ingiusta trasformazione della mia sentenza. Non smetterò di farlo finché mi sarà riconosciuta la reale sentenza emessa dalle autorità tedesche: ossia quindici anni.

Penso sia una cosa giusta che quando uno sbaglia debba pagare il suo debito. È inutile andare a cercare scuse, ma, contemporaneamente, non si può aggravare una sentenza sino a raddoppiarla triplicarla… renderla perpetua, solo perché si è deciso di valicare una frontiera, e si è voluti venite nella propria terra a scontare una pena comminata all’estero, come prevedono precisi accordi internazionali. Qui si tratta solo di rispettare ed applicare i principi di base di questi accordi.

 

L’incubo delle carceri italiane, per me che ero abituato alla correttezza e disciplina tedesche

 

Dopo essere stato trasferito, il primo impatto che ho avuto con un carcere italiano è stato a Bolzano. Comunque già alla frontiera del Brennero mi sono accorto di alcuni "eccessi" del nostro bel Paese. Mi era stata riservata un’accoglienza da brivido. Dalla Germania in Italia, ho viaggiato con un solo poliziotto sino al Brennero. Mentre in Italia ad attendermi vi erano una decina di agenti. Mi ricordo che chiesi ingenuamente al poliziotto tedesco il perché di tutti quegli agenti e lui mi rispose sorridendo: "Tutti per lei, Signor B.".

Poi mi resi conto all’improvviso che il peggio sarebbe arrivato successivamente: infatti, giunto a Bolzano, mi misero in una cella che in Germania non sarebbe stata idonea neppure per un cane. Non c’era neanche il gabinetto, tanto che ero costretto ad ogni bisogno a farmi aprire la cella per poter andare da un’altra parte. Solo dopo aver parlato con un responsabile dell’istituto e con un’educatrice, dopo 5 giorni mi cambiarono cella, ma anche quella era un incubo per me che ero abituato alla correttezza e disciplina tedesche.

Ricordo, ad esempio, che ho presentato un’istanza al tribunale di Padova e la risposta mi è giunta dopo circa un anno e quando non ne avevo più bisogno. Certo capisco il sovraccarico di lavoro, ma questo mi ha fatto capire anche che mi dovevo adeguare alle nostre attuali "usanze" e possibilità, dimenticando la Germania. Giustamente ogni paese ha le sue leggi da rispettare, ma la nostra burocrazia è spaventosa, tanto è vero che anche all’estero è molto "temuta". Quello che io ho sempre amato in Germania è la loro disciplina su ogni singola cosa: quando si presentava un’istanza, oppure si chiedeva una specifica informazione ad un giudice, dopo massimo tre o quattro settimane si otteneva una adeguata risposta, positiva o negativa.

Sicuramente vi saranno molti detenuti che hanno fatto un’esperienza analoga in più di un carcere e purtroppo ogni carcere ha il suo lato positivo o negativo. Ma spesso è nelle cose più normali del mondo, che poi qui in Italia ci distinguiamo dagli altri paesi della Unione Europea. Purtroppo facciamo anche spesso e volentieri una pessima figura quando l’Italia viene citata in negativo davanti alla Corte Europea per i diritti dell’uomo. Penso che quello che è capitato a me non dovrebbe capitare più a nessuno e questa dovrebbe diventare una lotta per i diritti umani nei paesi dell’Unione Europea. Mi ha sempre fatto male al cuore sentire citata l’Italia tra le ultime della classe in Europa, per il rispetto dei diritti fondamentali.

Il lato buono delle carceri italiane, perché qualcuno ce n’è, è di poter indossare abiti civili, e poi la possibilità di essere ascoltato da un’educatrice e dall’assistente sociale e dagli assistenti volontari, per me tutte cose nuove che in Germania non esistevano.

Devo anche ammettere che la cucina nelle carceri italiane è abbastanza buona, in più si ha la possibilità di cucinare da soli quello che si può comprare alla spesa. Anche le celle qui a Padova sono più a misura d’uomo. Per il resto, tutti i corsi che si fanno qui vengono proposti egualmente all’estero, con una differenza: che in Germania lavorano quasi tutti e chi vuole frequentare un corso può andarci la sera per tre ore al giorno, per sei giorni alla settimana. Inoltre, c’è la possibilità di tenere in cella tutto il necessario per potere affrontare il corso prescelto.

Per quanto riguarda la popolazione carceraria, penso che ognuno ha la possibilità di essere capito, l’importante è comportarsi nel miglior modo possibile, in maniera corretta, con tutti.

C’è un detto che dice: "Se vuoi essere rispettato, devi prima tu rispettare gli altri". Noi siamo tutti in una grande barca e dipende da noi tenerla a galla, o farla affondare! La mia speranza è che venga fatta giustizia su questo fatto che riguarda me, ma anche altri, perché non serve essere giuristi per comprendere che si tratta di una grave ingiustizia!

 

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