Francia

 

Nuove iniziative e progetti di riforma

del Parlamento francese nel settore penitenziario

di Elena Biffoni

 

All’inizio dell’anno 2000, la pubblicazione del libro-documento "Medicin chef à la prison la Santé", redatto dalla Dottoressa Veronique Vasseur, che denunciava l’inumanità delle condizioni detentive nelle carceri francesi, ha attirato l’attenzione del Paese e del Governo alla fase esecutiva della procedura penale.

La sensibilizzazione dell’opinione pubblica, le pubbliche denunce nonché la diffusione nei principali canali d’informazione delle condizioni detentive, hanno indotto non solo ad un nuovo intervento parlamentare nei confronti della questione carceraria, ma anche all’istituzione di Commissioni d’inchiesta che sono andate ad accertare quale fosse la realtà penitenziaria.

I rapporti effettuati dalla Commissioni d’inchiesta, hanno evidenziato molti problemi che dovranno essere risolti sia nel breve che nel lungo periodo, ma in primo luogo, è stato posto l’accento sulla necessità di emanare un vera e propria legge penitenziaria.

In effetti, il diritto penitenziario in Francia si basa essenzialmente su tre testi: l’articolo 728 del Codice di Procedura Penale che rinvia ai decreti per l’organizzazione degli stabilimenti penitenziari; la legge del 23 giugno 1987 che qualifica le missioni del servizio pubblico penitenziario; e infine la legge del 18 giugno 1994 relativa al trattamento sanitario dei detenuti.

Ora, sulla base dell’art. 728 del C.p.p., l’insieme della regolamentazione penitenziaria è basata su decreti che tra l’altro sono stati modificati a più riprese, andando a creare una stratificazione successiva che rende la lettura normativa ancora più difficile. Un esempio se ne ha dalla sola lettura del titolo II - sulla detenzione - ove le disposizioni concernenti il lavoro dei detenuti sono inserite nel Capitolo relativo alla sistemazione dei soggetti nei diversi stabilimenti penitenziari, e la regolamentazione relativa ai reclami dei detenuti figura nel Capitolo della disciplina e sicurezza delle prigioni.

Buona parte dei testi poi, sono stati rivisti e modificati a più riprese dal 1958 (data di entrata in vigore del Codice di Procedura Penale francese) ad oggi, senza che ne venisse modificata l’architettura generale. L’organizzazione della parte decretale del C.p.p., risulta dunque di una lettura difficile e mal ordinata.

La stessa amministrazione è cosciente dell’incertezza giuridica derivata dall’enorme profusione di regolamenti e, per ovviarne in parte, pubblica ogni anno in attuazione dell’art. D. 256 del C.p.p. dei fascicoli di volgarizzazione destinati al personale e agli stessi detenuti permettendogli di disporre in modo semplice e pratico di norme di riferimento.

Da quanto sopra esposto, si intuisce come in Francia non esista uno Statuto chiaramente definito così come lo possiamo trovare in Italia nella Legge del 26 giugno 1975 e nel suo Decreto d’applicazione ove sono enunciate le regole essenziali della vita detentiva.

Proprio sulla base dell’esempio italiano, il Governo francese ha annunciato l’elaborazione di una legge penitenziaria che possa ridefinire il senso della pena, nonché le missioni dell’amministrazione penitenziaria, ma tenuto conto dell’ampiezza del testo di legge e dell’ordine del giorno delle assemblee, non potrà essere adottata che dopo le elezioni politiche dell’aprile del 2002.

Nel frattempo, considerando l’esigenza di agire rapidamente in favore del miglioramento delle condizioni detentive, è stato presentato un disegno di legge davanti alla Commission des lois relativo alle condizioni di detenzione e al controllo delle carceri, che potrà permettere delle importanti evoluzioni nell’attesa dell’adozione di un testo globale sull’esecuzione delle pene privative della libertà.

In relazione poi, al miglioramento della qualità della vita detentiva, appare opportuno evidenziare uno studio svolto da parte della dottrina d’oltralpe all’interno di un quadro pubblicistico.

Alcuni studiosi iniziano a concepire il detenuto come un vero e proprio "utente" di un servizio pubblico. Concependo quindi il carcere un servizio e non solo una coercizione nei confronti del detenuto/cittadino, ne dovrebbe derivare da parte dell’amministrazione penitenziaria un maggiore impegno nella gestione delle carceri, nonché una nuova presa di coscienza delle condizioni di vita detentive.

Parte della dottrina vuole proporre questo nuovo approccio, considerando il carcere come un servizio pubblico e il detenuto come un "utente" al fine di favorire la normalizzazione del mondo penitenziario passando "da un servizio di repressione ad un servizio di prestazioni".

La dottrina francese in primo luogo, sostiene l’applicazione di uno statuto dell’utente del servizio pubblico che, poi, equivale ad aspirare al riconoscimento effettivo di un certo numero di diritti per i detenuti, anche attraverso l’estensione delle possibilità di ricorso presso le giurisdizioni amministrative.

In secondo luogo, sostengono la giurisdizionalizzazione dell’applicazione delle pene, per poter finalmente aspirare al rispetto nei confronti del detenuto nonché dei principi fondamentali della procedura penale riconosciuti a tutti i cittadini. Questi rappresentano due obiettivi perfettamente conciliabili poiché si tratta semplicemente di applicare ai detenuti delle regole di diritto comune, così come lo si fa per tutti i cittadini. Il diritto penitenziario francese, è dunque in pieno mutamento e lo è anche con riferimento alla gestione carceraria. Si intuisce in effetti, che per poter evitare gli abusi dell’amministrazione penitenziaria, il sistema dovrebbe orientarsi verso una politica di trasparenza della gestione, anche attraverso un controllo esterno ed indipendente.

Lo stesso Parlamento Europeo ha chiesto agli Stati Membri con la Risoluzione del 17 dicembre 1998, di prevedere un organo di controllo indipendente al quale rivolgersi in caso di una violazione dei diritti del detenuto.

A tutt’oggi esiste già un controllo svolto a livello europeo dal Comitato di Prevenzione della Tortura, ma le ispezioni sporadiche di quest’istituzione, il cui raggio d’azione si estende ormai a 41 Stati Membri, dovrebbe essere sostituito da un organo nazionale permanente. Questa era la convinzione del Parlamento Europeo, fin dal 1991 quando emanò la prima Raccomandazione in materia.

Nel corso dell’anno 2000 poi, i rapporti delle Commissioni d’inchiesta francesi, hanno evidenziato la problematica relativa al controllo delle carceri.

In effetti i poteri pubblici hanno l’onere di assicurare la protezione dei diritti fondamentali dei soggetti che prendono in carico. Appare evidente a questo proposito la necessità di istituire un controllo imparziale che possa intervenire attivamente, tenendo presente che la sua efficacia e credibilità dipenderà necessariamente dal suo grado d’indipendenza con l’istituzione carcerale.

Gli organi di controllo, si prevede, dovranno essere dotati di poteri investigativi, di larghe competenze con procedure minuziose e regolari e, al fine di conseguire la legittimità della sua azione, dovrà appoggiarsi su un testo di referenze definente i diritti e doveri dei detenuti, sulla cui base il detenuto stesso potrà vedersi riconosciuto un diritto d’appello.

Soprattutto, i risultati del controlli dovranno essere resi pubblici informando i cittadini sullo stato delle prigioni della Repubblica.

Un controllo di questo tipo, permetterà non solo un esame effettivo delle condizioni detentive, ma anche la prevenzione di eventuali violazioni dei diritti del detenuto.

Le Commissioni d’inchiesta hanno evidenziato comunque, come indipendentemente dalle varie forme istituzionali di controllo, sono le analisi critiche provenienti dall’esterno il vero mezzo per riuscire a migliorare la situazione penitenziaria poiché, si intuisce, la vita detentiva potrà migliorare solo se verrà posta sotto lo sguardo attento dei cittadini.

Nel corso delle sue audizioni, la Commissione d’inchiesta del Senato ha, in effetti, ricordato "La società non deve rifiutare di vedere questi luoghi, e lo deve fare non come le commissioni, che vanno periodicamente a visitarle e non vedono niente, ma lasciandovi entrare abitualmente i giornalisti. Non vi sono ragioni per nascondere le prigioni: i cittadini devono poter conoscere ciò che vi accade, bisogna che la prigione si apra sulla società e che la società stessa prenda in carico la prigione".

La questione relativa al controllo penitenziario, è stata oggetto di numerose riflessioni parlamentari che hanno poi condotto ad iniziative legislative.

Una di queste, si è avuta con la legge 2000-494 del 6 giugno 2000, che prevede la creazione di una Commissione Deontologica Nazionale della Sicurezza.

Questa Commissione potrà essere adita su iniziativa delle vittime o dei testimoni su fatti che costituiscono violazione delle regole deontologiche. Una volta raccolte tutte le informazioni utili sul fatto, e previe verifiche sul luogo del reato, la Commissione potrà proporre al Parlamento tutte le modifiche legislative o regolamentari di sua competenza. Anche questo controllo non potrà mai rivestire un carattere globale sul mondo penitenziario, ma potrà senza dubbio permettere l’individualizzazione di violazioni di regole deontologiche, contribuendo senz’altro al miglioramento delle condizioni detentive.

L’altra iniziativa legislativa attuata al fine del raggiungimento di una trasparenza della gestione penitenziaria, si è avuta con la Legge 15 giugno 2000 n° 516, sulla presunzione d’innocenza e i diritti delle vittime, che prevede l’inserimento all’interno del C.p.p. francese, la possibilità per i parlamentari di visitare in ogni momento i luoghi detentivi.

Tale norma, hanno precisato i deputati francesi, è la benvenuta nella misura in sui potrà contribuire a rafforzare la trasparenza della vita detentiva.

Da quanto sopra esposto, si intuisce come negli ultimi mesi in Francia, si sia manifestata una nuova sensibilità per la situazione detentiva. Gli stessi senatori francesi sono portati a concludere che la realtà penitenziaria potrà cambiare solo ponendola sotto lo sguardo attento dei cittadini. Ogni giorno più di 30.000 persone entrano nei luoghi detentivi come visitatori o volontari, 243 autorizzazioni di servizi giornalistici sono state concesse in un solo anno alla stampa francese.

Malgrado le difficoltà che si possono incontrare, è proprio grazie all’apertura crescente del carcere verso la società, che si potrà avere una chiave di volta per l’evoluzione penitenziaria per il miglioramento delle condizioni detentive.

 

 

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