Gran Bretagna

 

Le affollate carceri della "terza via"

 

Il Manifesto, 9 agosto 2003

 

Allarmante serie di rapporti ufficiali sulle condizioni "inaccettabili" in cui versano le prigioni britanniche, riempite all’inverosimile dalla politica "preventiva del crimine" perseguita dal governo New Labour. E un record, quello del numero di donne detenute (per piccoli reati). Rimane il sovraffollamento il problema più grave delle carceri britanniche. Ma a questo sono connessi una serie di altri problemi che stanno facendo aumentare la tensioni nelle segrete di sua maestà. L’ispettrice capo delle carceri, Anne Owers, ha appena pubblicato un rapporto in cui sottolinea che le condizioni in molte prigioni sono ormai intollerabili. Wandsworth, a Londra, è stato l’ultimo istituto visitato dall’ispettrice. Ci sono 1.460 detenuti, la maggior parte dei quali rimangono chiusi nelle loro celle per ventitre ore al giorno e hanno scarso accesso alle docce e ai telefoni.

Per Owers si tratta di una situazione "indifendibile, perché vengono violati gli standard minimi richiesti". Il 53% dei detenuti non si è mai visto concedere il tempo cosiddetto "di associazione", cioè tempo trascorso fuori dalla cella in compagnia di altri detenuti. Ma le storie che hanno raccontato all’ispettrice molti prigionieri sono "inaccettabili": ci sono persone che riescono ad avere accesso alla doccia soltanto una volta alla settimana. Quasi impossibile avere accesso al telefono. Il rapporto è il terzo pubblicato nel giro di poche settimane dopo le visite a sorpresa condotte dall’ispettrice anche al carcere di Liverpool e quello di Pentonville. In tutti e tre i casi la situazione che Owers si è trovata di fronte è stata "intollerabile".

L’ispettrice ha chiesto alle autorità carcerarie di trasferire alcuni dei detenuti per allentare un po’ la tensione. "Wandsworth - ha dichiarato Owers - è un esempio degli effetti dannosi del sovraffollamento. Il sistema carcerario cerca di rispondere al problema del numero record di detenuti ammassando persone nelle celle ma questo va a scapito di qualunque tentativo di recupero e di qualunque attività". Attività che sono praticamente inesistenti, come ha sottolineato la stessa ispettrice, che pure ha riconosciuto che almeno a Wandsworth c’è "un buon progetto di lavoro con i detenuti stranieri e nell’ambito della salute, volto soprattutto a limitare gli episodi di autolesionismo". I detenuti stranieri rappresentano il 13,1% della popolazione carceraria britannica: uno su sette dei settantaquattromila detenuti in tutto il Regno unito ha un passaporto non inglese.

A Wandsworth sono rinchiusi quattrocento cittadini giamaicani (che sono anche la nazionalità più rappresentata nelle carceri a livello nazionale). Il carcere femminile di Morton Hall, nel Lincolnshire, è invece da ieri la prigione con più detenuti stranieri che britannici. Delle trecentocinquanta prigioniere, il 65% non ha un passaporto britannico. Di queste il 54% ha un passaporto "extra Ue", mentre centoquaranta sono cittadine giamaicane. La maggior parte è in carcere per problemi di droga. Nei primi sei mesi di quest’anno dieci donne si sono suicidate in carcere (più che nell’intero 2002) e ci sono stati quasi tremila casi di autolesionismo. Ma soltanto nel mese di luglio sono state salvate in extremis ben ventisei donne.

Quello dei suicidi e dell’autolesionismo è un problema che, secondo le associazioni che lavorano con i detenuti, non viene affrontato in maniera adeguata. Sotto accusa è il servizio sanitario fornito dal Prison Service, l’autorità carceraria nazionale. Inadeguato, dicono le associazioni, perché molte donne soffrono di disturbi psicologici e di depressione ma non vengono assolutamente aiutate. Il risultato è che quattro detenute su dieci hanno tentato il suicidio almeno una volta. Mentre una su tre si è provocata lesioni. Ci sono 4.597 donne rinchiuse nelle carceri di Inghilterra e Galles, tre volte di più che nel 1993. Numeri che rendono la Gran Bretagna il paese con il più alto numero di detenute donne. La maggior parte di queste è condannata per reati non violenti, magari a pochi mesi di carcere. Del resto il ministro degli interni David Blunkett non ha mai fatto mistero della sua filosofia per cui il carcere aiuta a prevenire il crimine.

Una dichiarazione smentita dai fatti (più della metà delle donne detenute sono state nuovamente incarcerate nel giro di due anni dal rilascio) ma che non ha impedito al ministro di introdurre pene carcerarie anche, per esempio, per i genitori (e molto spesso sono mamme) di quegli studenti che marinano sistematicamente la scuola. Anziché investire su programmi di lotta al disagio, alla violenza e alla povertà il governo new Labour preferisce spendere per costruire nuove carceri (magari gestite da privati). A poco servono i dati che rivelano che la maggior parte delle donne attualmente detenute è stata vittima di violenza domestica, un terzo ha subito violenza sessuale, un quarto ha trascorso parte dell’infanzia in istituti minorili o gestiti dai servizi sociali, e quasi il 40% ha lasciato la scuola prima dei sedici anni.

 

 

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