"Morire di carcere": dossier settembre 2007

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di settembre registra 7 nuovi casi: 3 suicidi, 3 morti per cause da accertare e 1 per overdose.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

R.D., detenuto marocchino

25 anni

03 settembre 2007

Da accertare

Ancona

Antonio D’Apote

49 anni

04 settembre 2007

Da accertare

Milano (Quest.)

Detenuta italiana

32 anni

12 settembre 2007

Suicidio

Bergamo

Detenuto albanese

22 anni

13 settembre 2007

Suicidio

Livorno

Raffaele Iuorio

32 anni

16 settembre 2007

Overdose

Avellino

Fulvio Polloni

41 anni

23 settembre 2007

Suicidio

Asti

Jamal Khalid

22 anni

26 settembre 2007

Da accertare

Alessandria

 

Morte per cause da accertare: 3 settembre 2007, Carcere di Ancona

 

R.D., detenuto marocchino di 25 anni, muore dopo cinque giorni di ricovero nella rianimazione dell’ospedale di Ancona. L’uomo sarebbe stato colpito da una intossicazione, dovuta probabilmente all’assunzione di farmaci, nel carcere di Montacuto in cui era rinchiuso per reati comuni. Sconvolti, il fratello e la sorella chiedono che la magistratura faccia luce sull’accaduto, e tramite l’avvocato Jacopo Casini Ropa presenteranno un esposto alla procura di Ancona.

Il detenuto avrebbe dovuto essere scarcerato domenica scorsa, dopo aver scontato una condanna a otto mesi e mezzo di carcere per il furto di un’auto. La pena iniziale di dieci mesi gli era stata ridotta, perché il giudice di sorveglianza aveva accolto un’istanza di liberazione anticipata. La scorsa settimana però, R.D. era stato sottoposto ad un ricovero d’urgenza per un malore, forse connesso a farmaci che aveva assunto in cella. A chiarire i motivi della morte sarà l’autopsia. (Corriere Adriatico, 5 settembre 2007)

 

Morte per cause da accertare: 4 settembre 2007, Questura di Milano

 

Antonio D’Apote, 49 anni, muore nella "camera di sicurezza" della Questura di Milano, dove era stato rinchiuso subito dopo l’arresto: viene ritrovato già cianotico dagli agenti, che sono andati a controllare perché non avevano sentito risposta all’appello e spira prima dell’arrivo dei soccorsi.

È il secondo caso nel giro di due mesi: il 10 luglio scorso era toccato a Mohammed Darid, 32 anni, marocchino, arrestato la sera prima dagli agenti della Polfer in stazione Centrale per spaccio di stupefacenti e trovato senza vita dentro la cella di sicurezza alle 9 del mattino.

Non c’erano segni di violenza sul suo corpo, stabilì il medico legale. Arresto cardiocircolatorio, sancì l’autopsia. La stessa scena si è ripetuta intorno alle 6 di ieri. D’Apote, sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno in casa, una fedina penale zeppa di precedenti per spaccio, furto e rapina, problemi di tossicodipendenza, era stato pizzicato per strada alle 3.30 da due agenti delle Volanti, mentre chiacchierava con una ragazza.

Aveva provato a reagire, prima e dopo le manette, probabilmente sotto l’effetto di stupefacenti, e aveva continuato ad andare in escandescenze anche dopo l’arrivo in via Fatebenefratelli e l’ingresso in cella di sicurezza. Visto anche prendere a testate il muro da alcuni testimoni, D’Apote si era poi disteso pancia a terra. Intorno alle 6.15, secondo la versione fornita dalla Questura, gli agenti di sorveglianza lo hanno chiamato una prima volta, pensando che dormisse, per andare a firmare il verbale d’arresto. Poi una seconda, non sentendo risposta. Alla terza sono entrati ma l’uomo già non respirava più. La chiamata al 118 è partita alle 6.35: quando i soccorritori sono arrivati, però, D’Apote era, già morto. Arresto cardiocircolatorio, è il primo responso. La cella è stata immediatamente messa sotto sequestro dalla stessa polizia e messa a disposizione del pm di turno, Laura Pedio.

"Abbiamo immediatamente avvisato la magistratura - spiega il questore di Milano Vincenzo Indoli - vogliamo fugare qualsiasi dubbio. E un fatto sicuramente non piacevole, che ci angoscia. Ma ogni notte entrano nelle nostre celle di sicurezza 10-15 persone, e capita che alcuni di loro non siano in buone condizioni di salute, o tossicodipendenti, come in questo caso o quello del cittadino marocchino. Le celle sono state ristrutturate da poco, e visitate pure da ispettori della Ue: e tengo a precisare che la permanenza dei detenuti è solo per poche ore", il nuovo caso in meno di 50 giorni inquieta anche i palazzi della politica milanese. "Si può pensare a una visita medica per i detenuti - osserva il presidente del consiglio comunale, Manfredi Palmeri, di Forza Italia - o a un sistema di video sorveglianza". Favorevoli al presidio medico ma contrari alle telecamere Marco Granelli e Giovanni del centrosinistra. (La Repubblica, 5 settembre 2007)

 

Suicidio: 13 settembre 2007, carcere di Bergamo

 

Una detenuta tossicodipendente di 32 anni si suicida utilizzando il gas della bomboletta. Ne da notizia il Sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, con questa lettera indirizzata al Capo del Dap Ettore Ferrara.

"Caro Ferrara, ieri nel carcere di Bergamo una detenuta, tossicomane si è tolta, la vita. È un ulteriore tragico caso di suicidio realizzato - ancora una volta - con Parma a portata di mano: la bomboletta del gas che viene usata dai detenuti nelle celle per scaldare o cuocere il proprio vitto. Non sappiamo, così come tante volte non abbiamo saputo, quali fossero le reali intenzioni della donna: assumere sostanze capaci di alterare lo stato di coscienza o togliersi la vita.

Dunque, nonostante gli sforzi compiuti dall’Amministrazione penitenziaria per migliorare la qualità della vita nelle carceri italiane, l’incidenza del numero dei suicidi sulla popolazione detenuta continua a mantenersi su livelli elevati, anche a fronte della sua riduzione seguita all’indulto. Un dato che deve spingere a riflettere, e che ci impone di individuare con rapidità le modalità più idonee per far sì che il numero dei suicidi, ma anche quello degli episodi di autolesionismo, decresca significativamente,

In tal senso, come noto, l’Amministrazione penitenziaria ha già attivato la riorganizzazione e il rafforzamento dei servizi dì accoglienza e di prima assistenza al fine di contenere l’impatto psicologico che comporta l’ingresso in carcere, soprattutto per coloro che vivono per la prima volta questa esperienza.

Il quadro degli interventi da realizzare si presenta assai complesso anche in considerazione del fatto che, a seguito dell’indulto, non si è ancora provveduto alla riforma di un sistema penale che in alcuni casi si presenta come inutilmente vessatorio e che contribuisce a incrementare la popolazione carceraria tra le 500 e le 1.000 unità al mese.

È soprattutto in questa direzione che va ricercata la causa dell’aumento dei suicidi o, comunque, la sua persistenza all’interno dei sistema penitenziario. È possibile però, da subito, intervenire limitando le opportunità a disposizione di quei detenuti che, in una condizione di disperazione, maturano il proposito di mettere fine alla propria esistenza.

Come noto, infatti, uno degli strumenti maggiormente utilizzati all’interno degli istituti di pena per suicidarsi è la bomboletta del gas. Si rende, pertanto, necessario fare in modo che questi strumenti non possano essere utilizzati per altri scopi, o attraverso la loro sostituzione con piastre elettriche oppure con idonei accorgimenti tecnici tali da impedire episodi di autolesionismo estremo. Mi è del tutto evidente che, con ciò, non si incide in alcun modo su motivazioni e condizioni della scelta suicidarla, ma per lo meno se ne riducono i fattori che la possano facilitare. Insomma, non si lasciano in giro coltelli affilati quando ci sono intenzionati a usarli.

Ti prego di valutare tempi e modi di realizzabilità di questa piccola grande riforma del nostro sistema penitenziario.

 

Luigi Manconi, Sottosegretario alla Giustizia

 

Suicidio: 13 settembre 2007, Carcere di Livorno

 

Detenuto albanese di 22 anni si impicca in cella. C’era quella bella e triste canzone di Fabrizio De André su Miché, un uomo che si toglieva la vita in carcere impiccandosi nella sua cella. Ma stavolta il dramma è diventato reale. Nella notte tra mercoledì e ieri la stessa tragica fine di Miché se l’è scelta un giovane detenuto albanese che si trovava in carcere alle Sughere in attesa di giudizio. Verso le 4 del mattino ha preso un maglione e ha deciso di farla finita.

I tentativi di rianimazione da parte della polizia penitenziaria e del personale del 118 non sono bastati a salvarlo. Che quella del giovane fosse una situazione psicologica difficile era già noto agli operatori del carcere. E poche ore prima del tragico evento - poco dopo la mezzanotte - il 22enne albanese aveva già tentato il suicidio con una cordicella trovata nella sua cella. Subito era partito l’allarme e gli uomini della polizia penitenziaria era riusciti a salvarlo.

Poi la decisione di metterlo in una cella isolata - in un reparto dove poteva essere controllato più attentamente - e dove non ci fossero oggetti pericolosi che il giovane avrebbe potuto usare per farsi del male. Ma questa cautela non è stata sufficiente. Il giovane è riuscito ad entrare in possesso di una maglia che ha usato per ricavare una corda. E poi verso le 4 del mattino ha tentato di nuovo lo stesso gesto. Quando è arrivato il controllo gli agenti della penitenziaria si sono accorti di ciò che stava accadendo. Hanno subito tentato di riportare il giovane a terra mentre si attendeva l’arrivo dei soccorsi.

Al giovane è stato praticato un massaggio cardiaco e fatte alcune iniezioni di adrenalina. Poi i medici del 118 hanno anche tentato di rianimarlo usando il defibrillatore cardiaco. Ma per il giovane detenuto non c’è stato niente da fare. E al medico non è rimasto altro da fare che constatarne il decesso. Sul fatto sarà probabilmente aperta un’inchiesta per capire cosa sia accaduto realmente nella notte in cui il giovane si è tolto la vita. Alle Sughere sono arrivati anche i carabinieri per raccogliere elementi sull’accaduto. Sembra che il giovane detenuto albanese fosse arrivato da poche settimane a Livorno dal carcere di Prato.

In passato, secondo quanto è trapelato, aveva già tentato due volte di togliersi la vita. E per questo era stato visitato e controllato da psicologi ed operatori delle due strutture carcerarie. Soltanto da due giorni il ragazzo era tornato tra i detenuti normali dopo essere stato tenuto in osservazione. Una storia estremamente drammatica che torna a far riflettere sulle condizioni di vita nelle carceri italiane. (Il Tirreno, 14 settembre 2007)

 

Overdose: 16 settembre 2007, Carcere di Avellino

 

Raffaele Iuorio, 32 anni, muore nel carcere di Ariano Irpino: solo qualche giorno prima era stato ricondotto in carcere, per aver disatteso l’obbligo degli arresti domiciliari, è deceduto mentre veniva trasportato al pronto soccorso dell’ospedale di Ariano Irpino. Si era sentito male dopo cena e aveva chiesto aiuto, accusando forti dolori all’addome. Ma inutili si sono rivelati sia i soccorsi dei sanitari all’interno della struttura carceraria che di quelli del 118 immediatamente allertati.

Il giovane non ha fatto in tempo a raggiungere neanche il nosocomio arianese. Adesso il cadavere giace nell’obitorio in attesa che questa mattina, su richiesta della Procura della Repubblica di Ariano Irpino, si svolga su di esso l’esame autoptico. In effetti il medico legale, Michele Gelormini, non ha potuto fare altro che constatare il decesso e indicare alla Procura la necessità di procedere ad una più approfondita indagine attraverso l’autopsia.

Il suo decesso, in effetti, è avvolto dal mistero. Raffaele Iuorio, da tempo ai domiciliari, era stato ricercato dai carabinieri, a seguito della segnalazione della sua presenza nel comune di Grottaminarda. I militi temevano che, a causa dei suoi precedenti per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, potesse contattare giovani del posto. Di qui il suo arresto e la sua traduzione nel carcere arianese. Ma qui è rimasto solo poco più di un giorno, a causa dell’improvviso malore e del conseguente decesso. Cosa è realmente accaduto tra le mura del carcere? Il giovane di Torella dei Lombardi ha accusato un malore o ha ingerito qualcosa che ha causato la sua morte? Si è suicidato? A questi interrogativi la Procura della Repubblica di Ariano Irpino tenta di dare una risposta, così come se l’aspettano i parenti che avrebbero nominato un perito per seguire l’esame autoptico e le fasi dell’inchiesta in corso. Anche la direzione del carcere ha avviato un’indagine interna per far luce sull’intera vicenda. Raffaele Iuorio lascia la mamma Maria Luigia e le due sorelle Angela e Adele. (Il Mattino, 17 settembre 2007)

 

Avellino: il detenuto morto per infarto aveva assunto droghe

 

Il giovane di Torella dei Lombardi, morto nella notte tra sabato e domenica nel carcere di Ariano Irpino, aveva ingerito una quantità notevole di droga, che sarebbe stata la causa o la concausa del sopravvenuto arresto cardiocircolatorio. Questo il risultato dell’autopsia sul suo corpo, anche se per la conferma definitiva occorre attendere il verdetto delle indagini tossicologiche. Il giovane, Raffaele Iuorio, si è sentito male alcune ore dopo l’arresto, pertanto l’ipotesi più probabile, sempre che la presenza di droga nel suo organismo venga confermata, è che l’abbia assunta prima di essere fermato dalle forze dell’ordine. (Irpinia News, 19 settembre 2007)

 

Suicidio: 23 settembre 2007, Carcere di Asti

 

Fulvio Polloni, 41 anni, si toglie la vita impiccandosi con una coperta alle sbarre della cella. L’uomo era detenuto da alcuni mesi per presunti maltrattamenti in famiglia, ai danni della convivente. A Tortona, nel 2003, aveva forzato un posto di blocco, speronando l’auto dei carabinieri. Nella serata di martedì, la decisione di farla finita. Polloni, secondo i primi e ancora sommari accertamenti, avrebbe maturato la scelta del suicidio nelle ultime ore: nulla faceva presagire il suo gesto. Gli agenti di polizia penitenziaria hanno comunicato la notizia del ritrovamento del corpo alla procura, che potrebbe disporre ulteriori accertamenti. (La Stampa, 28 settembre 2007)

 

Morte per cause da accertare: 26 settembre 2007, Carcere di Alessandria

 

Jamal Khalid, 22 anni, marocchino, muore in cella. Il corpo del detenuto è stato ritrovato dopo qualche ora durante un giro di ispezione degli agenti della polizia penitenziaria. È stato chiamato il 118 ma ogni soccorso è stato inutile. Jamal Khalid, di origine marocchina, probabilmente ha seguito i precetti del Ramadan che limita l’assunzione del cibo. Forse aveva il fisico debilitato. Secondo i primi accertamenti potrebbe non aver digerito ed essere rimasto soffocato nella notte. Il corpo del ragazzo è stato portato alla camera mortuaria dell’ospedale di Alessandria. La salma è a disposizione della Procura. (La Stampa, 28 settembre 2007)