"Morire di carcere": dossier giugno 2007

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di giugno registra 9 nuovi casi: 7 morti per suicidio e 2 per cause da accertare.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Carmine Chirillo

48 anni

02 giugno 2007

Suicidio

L’Aquila

Mohamed Talbi

28 anni

04 giugno 2007

Suicidio

Pisa

Gianluca Tortomasi

30 anni

06 giugno 2007

Suicidio

Prato

Giuseppe Contini

48 anni

11 giugno 2007

Suicidio

Cagliari

Gheorghe Mititelu

41 anni

14 giugno 2007

Suicidio

Torino

Carlo Alberto Ventre

59 anni

20 giugno 2007

Da accertare

Roma (Tribunale)

Nicola Spinelli

42 anni

22 giugno 2007

Suicidio

Pesaro

Detenuto iracheno

24 anni

25 giugno 2007

Da accertare

Firenze

Cristian Francisc Butharu

38 anni

28 giugno 2007

Suicidio

Messina

 

Suicidio: 02 giugno 2007, Carcere di L’Aquila

 

Carmine Chirillo, 48enne, si impicca in cella. Carmine Chirillo, condannato per omicidio e sottoposto dal 2003 al "41-bis", il regime penitenziario duro, si è tolto la vita impiccandosi con la cordicella del pigiama. Il suicidio avviene a pochi giorni dall’invio della lettera degli ergastolani d’Italia al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella quale hanno scritto che la morte è molto meglio delle condizioni restrittive della galera a vita e il giorno prima della protesta organizzata dai sostenitori del movimento Olga ("Ora di liberarsi dalle galere"), sotto le mura del supercarcere "Le Costarelle". (Abruzzo News, 4 giugno 2007)

 

Suicidio: 04 giugno 2007, Carcere Don Bosco di Pisa

 

Mohamed Talbi, 28 anni, tunisino, si è impiccato ieri mattina nella sua cella nella Casa Circondariale Don Bosco di Pisa. Il giovane tunisino era rinchiuso da due mesi nel carcere pisano per una vicenda legata allo spaccio di sostanze stupefacenti per il quale è finito sotto processo. Il corpo ormai senza vita del nordafricano è stato scoperto poco prima di mezzogiorno dagli agenti della polizia penitenziaria. Nel momento in cui il giovane ha messo in atto il suicidio, nella cella, che condivideva con altri detenuti, non c´era nessuno. Quando sono arrivati gli agenti della polizia penitenziaria hanno tentato di rianimare il magrebino, ma non c´era più niente da fare.

Nel pomeriggio davanti al carcere Don Bosco si è formato un assembramento di una quindicina di nordafricani, che con la loro presenza hanno ostacolato il traffico. Secondo la polizia si trattava di parenti del giovane suicida, appartenente ad una delle più folte famiglie tunisine residenti a Pisa, che reclamavano la possibilità di vedere e portare via la salma.

Alla fine è stato concesso al parente più vicino del suicida, un cugino, di vedere il corpo, che resta a disposizione del magistrato di turno, il sostituto procuratore della Repubblica, Giovanni Maddaleni. Il pm ha autorizzato la rimozione della salma che è stata portata all´istituto di medicina legale dell´università per l´eventuale autopsia. (La Repubblica, 5 giugno 2007)

 

Suicidio: 06 giugno 2007, Carcere di Prato

 

Gianluca Tortomasi, 30 anni, si è impiccato mercoledì sera nella sua cella del Carcere della Dogaia, poche ore dopo essere finito dentro con l’accusa di essere coinvolto in una rapina avvenuta a Firenze nella mattinata. Ieri sul suicidio la Procura di Prato ha aperto un’inchiesta per indagare sull’inaspettata decisione del giovane di togliersi la vita. Si trovava ancora nelle celle temporanee, quegli spazi dove i detenuti vengono sistemati temporaneamente, in custodia, prima del loro ingresso vero e proprio nel penitenziario. Gianluca si è impiccato lì, prima di prendere posto nel carcere, e per farlo ha usato l’unica cosa che aveva a disposizione: i lacci della scarpe, che ha fissato alla finestra del bagno della cella. Inutili, davanti alla morte già sopravvenuta, i soccorsi del medico e dei volontari della Misericordia accorsi subito in carcere. Tortomasi, già arrestato in passato sempre per rapina e uscito dal carcere per l’indulto l’anno scorso, era stato bloccato a Prato nel pomeriggio di mercoledì dai Carabinieri insieme a Fabrizio Carnovale, 27 anni: entrambi erano stati accusati di essere i presunti autori di una rapina avvenuta nella mattina alla filiale della Cassa di risparmio di Firenze, in piazza Puccini a Firenze. Un testimone aveva annotato il numero di targa della Mercedes con cui erano scappati i rapinatori, auto risultata di proprietà di Tortomasi, fermato poi sotto la sua abitazione a Prato insieme a Carnovale. Dai primi accertamenti disposti dal pm Roberta Pieri, titolare dell’inchiesta, dopo l’arresto Tortomasi, portato al comando provinciale dei carabinieri di Prato, sarebbe apparso calmo sia ai militari che al suo presunto complice, non manifestando nessun proposito suicida. (Ansa, 8 giugno 2007)

 

Suicidio: 11 giugno 2007, Carcere di Cagliari

 

Giuseppe Contini, detenuto di 48 anni, si è impiccato per non tornare all’Opg. Ieri avrebbe dovuto essere trasferito in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario, in Sicilia. Gli ultimi cinque anni li aveva passati in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario, la versione moderna di quelli che fino al 1975 erano chiamati Manicomi Criminali. Ieri, dopo una dozzina di giorni trascorsi nel carcere di Buoncammino per poter partecipare alle udienze del processo a suo carico, avrebbe dovuto essere riportato alla struttura sanitaria di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, dov’era internato da cinque anni Avrebbe dovuto. Invece ha preferito morire: venerdì mattina si è impiccato alle sbarre della cella che lo ospitava. A mo di corda, legata intorno al collo, il lenzuolo. Un classico. Secondo il rapporto presentato al direttore del carcere cagliaritano, Gianfranco Pala, dagli agenti di polizia penitenziaria di turno, Giuseppe Contini non era ancora morto quando è stato ritrovato. Respirava a fatica. I frenetici tentativi di mantenerlo in vita, però, si sono rivelati inutili. L’uomo è morto poco dopo. Da Barcellona Pozzo di Gotto, Contini era arrivato a Cagliari lo scorso 28 maggio. Doveva sedere alla sbarra degli imputati in un processo per incendio doloso; sempre per un incendio, quello che, il primo agosto di sette anni fa, aveva distrutto un capannone e quattromila balle di foraggio a Cabras, l’uomo era stato arrestato insieme a un presunto complice e rinviato a giudizio. Giudicato incapace di intendere e volere, Giuseppe Contini era stato destinato all’internamento in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario: prima ad Aversa, in provincia di Caserta, poi a Montelupo Fiorentino, in provincia di Firenze, infine a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). (L’Unione Sarda, 12 giugno 2007)

 

Suicidio: 14 giugno 2007, Carcere di Torino

 

Gheorghe Mititelu, 41enne rumeno, si suicida in cella. Il rimorso per aver ucciso la propria moglie era troppo forte. Gheorghe ha scelto di soffocare quell’emozione infilando la testa in un sacchetto di cellophane, spegnendo il respiro poco a poco assieme alla propria vita. È morto così l’elettricista romeno condannato a 14 anni e 8 mesi di carcere (con seminfermità mentale) per aver ammazzato a coltellate la moglie Maria Magdalena, il 15 luglio 2005. Colpita più volte, d’impeto.

L’ultima volta, la lama ha squarciato la gola. Il figlioletto Luca di appena 3 anni era nella stanza accanto, nella palazzina in Via Crevacuore 74. Ha udito le urla della mamma e poi l’ha vista immobile in una pozza di sangue. Due anni dopo, Gheorghe ha deciso di uccidersi in cella. Nessuna spiegazione, soltanto un bigliettino con due parole: "Ringrazio tutti". Nessuna ironia. È l’ultimo gesto di distensione, un segno d’affetto per chi lo aveva accettato con quella colpa, tra le più pesanti da sopportare. Ma era lui a non riuscire più a reggere quel peso. Dopo l’arresto (si era costituito il giorno del delitto), era stato ricoverato per un anno nel reparto psichiatrico del carcere "Lorusso-Cutugno". Nel tempo, le sue condizioni erano migliorate. Fino a ottenere l’inserimento in reparti assieme ad altri detenuti. Poi, è arrivato il lavoro. Come operaio e da qualche giorno in cucina. Sempre sotto controllo, con discrezione e continuità. L’ultima visita ricevuta da Gheorghe risale a venerdì. "Sono andato a trovarlo e ho notato un notevole miglioramento nelle sue condizioni" spiega l’avvocato Valter Campini, difensore dell’elettricista nel processo per omicidio. E proprio a lui ha chiesto: "Mi porti il mio fascicolo, voglio leggere tutto quello che mi riguarda".

La premessa: "Comincio a realizzare quello che ho fatto, ma quel giorno ero fuori di me, non capisco ciò che è accaduto". L’amore corroso dalla gelosia, dal sospetto di una relazione della moglie con il datore di lavoro. Realtà soltanto nella mente di Gheorghe. È tutto nel fascicolo del processo, assieme alle perizie che avevano giudicato l’elettricista "incapace di intendere e di volere" al momento del delitto e a quelle che avevano, poi, ridotto a "seminfermità" le condizioni mentali di Gheorghe quando uccise la moglie Maria Madgalena.

Mercoledì sera, l’elettricista ha fatto la seduta di fisioterapia programmata per un infortunio a una mano. Ieri mattina, ha fatto colazione con il compagno di cella in una sezione "Lavoranti" del carcere "Lorusso-Cutugno". Poi, la passeggiata in cortile con gli altri detenuti, il rientro in cella poco dopo le 11. Mezz’ora dopo, è arrivato il carrello con il pranzo. Gheorghe non ha risposto al detenuto addetto al trasporto delle vivande, che ha avvertito la polizia penitenziaria. In pochi istanti, sono arrivati agenti e il medico. Un’ora di tentativi di rianimazione, poi il certificato di morte. La cella è stata sigillata, come prevede la procedura. Dentro c’è ancora il fascicolo con la storia di Gheorghe. E del suo rimorso soffocato con un sacchetto di cellophane. (La Stampa, 15 giugno 2007)

 

Morte per cause da accertare: 20 giugno 2007, Tribunale di Roma

 

Carlo Alberto Ventre, 59 anni, muore d’infarto durante interrogatorio in aula. È morto così, stroncato da un infarto fulminante, nell’aula della prima corte d’assise di Roma, Carlo Alberto Ventre, imputato di omicidio volontario per la morte, avvenuta il 28 luglio del 1998 al Villaggio Tognazzi di Torvaianica, della ex convivente americana di 29 anni, Marie Toni Dykstre, con la quale i rapporti si erano ormai deteriorati per l’affidamento della figlia.

A nulla sono serviti i soccorsi. Interrogato dal pm Giancarlo Capaldo, l’imputato stava raccontando la sua storia, soffermandosi soprattutto sull’evoluzione dei tormentati rapporti con l’ex convivente alla quale un giudice americano aveva tolto la figlia (che adesso ha undici anni ed è affidata, negli Usa, al fratello di Ventre), concedendo alla madre soltanto un diritto di visita monitorato.

Ancora pochi minuti di esame, e l’imputato sarebbe entrato nel merito dell’accusa contestata dalla procura di aver ucciso la donna e avrebbe spiegato che fu la Dykstre, accecata dall’ira per l’impossibilità di vedere la ragazzina, a scagliarsi contro di lui, armata di accetta, a cadere in terra per una spinta e a morire sul colpo dopo aver sbattuto la testa.

"Il mio assistito è stato accusato - ha raccontato l’avvocato Roberto Leonardo, presente in aula - da alcuni testi americani che, dopo la morte della Dykstre, hanno parlato di minacce rivolte alla donna e di circostanze chiaramente inventate. Avremmo dimostrato alla corte che qualcuno non ha detto la verità. Ieri Ventre mi aveva confidato che temeva di essere sopraffatto dall’emozione. Sentiva molto l’appuntamento di oggi in udienza.

Detenuto per quattro anni in America perché il permesso gli era scaduto, aveva fatto di tutto per essere processato in Italia e provare la propria estraneità. Il suo pensiero era quello di ritornare al più presto dalla figlia, che ha cresciuto sin dalla nascita perché la madre non ha mai mostrato troppa attenzione. Quella donna non riusciva a controllare il suo carattere, era spesso di una violenza inaspettata". Ventre, stando all’avvocato Leonardo, ha iniziato con una "apparente tranquillità" la deposizione davanti alla corte.

Ad un certo punto, si è sentito male, è svenuto, si è ripreso un attimo dopo aver bevuto un sorso d’acqua, ma poi si è accasciato definitivamente a terra. Carlo Alberto Ventre, che commerciava in rubinetteria tra gli Stati Uniti e l’Italia, era stato colpito da infarto già qualche anno fa. Prendeva cardio aspirine ma non sembrava un soggetto a rischio. "Probabilmente questa vicenda giudiziaria e i tormentati rapporti con la ex convivente per l’affidamento della figlia - ha provato a giustificare l’avvocato Leonardo - hanno aggravato il suo stato di salute. Secondo me, questo processo non andava celebrato.

Ventre riteneva infamante essere imputato di omicidio, accusa che considerava motivo di ostacolo nei rapporti con la ragazzina. Forse non ha retto al carico di tensione accumulato in tutti questi anni. Deporre oggi per raccontare la sua verità costituiva per lui una liberazione che ha pagato a carissimo prezzo". Della morte dell’imputato è stato informato il pm di turno Francesco Scavo. Il magistrato ha già fatto un sopralluogo nell’aula della corte d’assise e disposto i primi accertamenti. (Quotidiano Nazionale, 20 giugno 2007)

 

Suicidio: 22 giugno 2007, Carcere di Pesaro

 

Nicola Spinelli, 42enne di origine rom, si è ucciso ieri mattina impiccandosi nel bagno della cella che divideva con un altro recluso nella casa di reclusione di Villa Fastiggi a Pesaro. L’allarme è stato dato dagli agenti di custodia, che si sono accorti quasi subito dell’accaduto, ma quando i sanitari del 118 sono giunti sul posto per Spinelli non c’era già più niente da fare. Sul suicidio sono state aperte due inchieste, una della magistratura pesarese e l’altra, interna, della direzione regionale dell’amministrazione penitenziaria.

L’uomo era finito diverse volte in carcere, soprattutto per furto. L’ultima volta due giorni fa, quando provò un colpo ad un supermercato di Fano (Pesaro-Urbino) e, una volta scoperto, era fuggito lungo l’A/14, inseguito dai carabinieri di quattro città diverse. Arrestato al casello di Ancona-Nord, era stato trasferito a Villa Fastiggi.

Sulla morte di Nicola Spinelli sono state aperte due inchieste: una della magistratura e l’altra della direzione regionale dell’Amministrazione penitenziaria. Villa Fastiggi ospita attualmente 190 detenuti, su una capienza massima di 210, e non è quindi in condizioni sovraffollamento. Nei giorni scorsi il sindacato autonomo di polizia Sappe aveva protestato per la carenza di agenti di custodia (123, su una pianta organica di 169), ma l’episodio di oggi non appare collegato a questo problema. (Ansa, 23 giugno 2007)

 

Morte per cause da accertare: 25 giugno 2007, Carcere di Firenze

 

Un detenuto iracheno di 24 anni viene trovato morto in cella. Per i sanitari che sono accorsi per prestargli le prime cure sembra si sia trattato di un arresto cardiaco. Il sostituto procuratore, Squillace, ha comunque disposto il trasferimento della salma all’istituto di medicina legale dove verrà effettuata l’autopsia per accertare le cause che hanno provocato il decesso. La perizia è suggerita dalla giovane età del detenuto, che aveva solamente 24 anni. Il recluso stava scontando una pena nel carcere di Sollicciano da alcuni mesi.

Lunedì sera, dopo la cena, ha trascorso il "periodo di socialità" insieme agli altri detenuti. Verso le 21.30 si è sdraiato nel suo letto. Verso le 22 i compagni di cella che non lo vedevano muoversi né respirare hanno fatto intervenire gli agenti di custodia e poi gli infermieri. Secondo i primi soccorritori il giovane iracheno è morto per arresto cardiocircolatorio.

All’apparenza sembrerebbe trattarsi di un decesso per "cause naturali". Ora il magistrato vuole sapere se nelle ore precedenti il suo decesso il giovane abbia assunto qualche bevanda o sostanza. Gli accertamenti autoptici e quelli tossicologici avrebbero chiarire quello che per ora sembra un giallo. Il pm Ettore Squillace Greco ha affidato l’incarico al dottor Edoardo Franchi. (La Nazione, 28 giugno 2007)

 

Suicidio: 28 giugno 2007, Carcere di Messina

 

Cristian Francisc Butharu, romeno di 38 anni, detenuto nel carcere di Gazzi, si è impiccato nella sua cella utilizzando i lacci delle scarpe. L’immigrato era in carcere da poco più di un mese con le accuse di violenza e resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. (Adnkronos, 29 giugno 2007)

 

 

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