Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier novembre 2006

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di novembre registra 6 nuovi casi: 4 suicidi e 2 morti per cause non accertate.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Daniele Montani

36 anni

01 novembre 2006

Da accertare

O.P.G. Reggio Emilia

M.M., italiano

37 anni

06 novembre 2006

Suicidio

O.P.G. Aversa (CE)

Samir Akar

26 anni

15 novembre 2006

Suicidio

Bollate (MI)

Alfonso Ciardiello

30 anni

26 novembre 2006

Suicidio

Secondigliano (NA)

Giampiero Mariossi

56 anni

29 novembre 2006

Suicidio

Rebibbia (Roma)

E.B., italiano

46 anni

29 novembre 2006

Da accertare

Bologna

 

Morte per cause non accertate: 1 novembre 2006, O.P.G. di Reggio Emilia

 

Daniele Montani, 36 anni, muore nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, quelli che una volta si chiamavano manicomi criminali. Daniele era uscito dal carcere nello scorso mese di agosto grazie all’indulto: una vita passata tra il carcere e l’eroina. Nei giorni successivi si era presentato dalla madre, ma dopo essersi fermato per alcune notti aveva iniziato il suo vagabondaggio in città. E il 24 agosto era stato di nuovo arrestato per rapina.

A settembre era stato condannato a due anni di carcere. Il suo avvocato era successivamente riuscito ad ottenere che fosse ricoverato nell’ospedale psichiatrico giudiziario, per le sue condizioni di salute. "Sono andata a trovarlo l’ultima volta una ventina di giorni fa - ha spiegato la madre - e l’avevo trovato bene, mi aveva detto che lo curavano e si era ripreso rispetto alle condizioni in cui l’avevo trovato quest’estate, dovevo tornarci venerdì 3 novembre, invece mi è arrivata la tragica notizia" (Liberazione, 2 novembre 2006).

 

Suicidio: 6 novembre 2006, O.P.G. di Aversa (CE)

 

Due internati dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta) si sono suicidati nell’ultimo mese. Lo sottolineano le associazioni Antigone Napoli e Città Invisibile. Nell’Opg di Aversa vi sono 308 internati, il 30% dei circa mille internati in tutta Italia. "Ieri è deceduto - ricordano Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione Città Invisibile, e Dario Stefano Dell’Aquila, componente dell’Osservatorio nazionale sulla detenzione dell’Associazione Antigone - M.M., trentasette anni, sardo, impiccatosi. Il tre ottobre scorso, ma lo si è appreso solo in queste ore, un internato originario di Brindisi, D.G., di quarantuno anni si è tolto la vita in maniera analoga". "Gli internati in Opg - proseguono Ciambriello e Dell’Aquila - sono persone che hanno commesso un reato ma che non sono pienamente in grado di intendere. Per questo vengono condannate ad una misura di sicurezza, la detenzione in Opg appunto, che viene annualmente prorogata. Accade così, nella pratica, che persone che entrano in carcere per reati di poco conto, scontano decine di anni, se non la loro intera esistenza in un ospedale psichiatrico giudiziario".

"È bene anche ricordare - concludono Ciambriello e Dell’Aquila - che la presenza in Opg per molti internati non è dovuta ad elementi di pericolosità sociale ma dall’assenza di strutture residenziali che li possano accogliere, perché in molti casi le Asl non intendono farsi carico di questi costi. E quindi il magistrato proroga la durata della misura di sicurezza". A loro giudizio "queste due morti disperate, avvenute nella totale indifferenza, meriterebbero,da parte di tutti maggiore attenzione. Forse una maggiore conoscenza di questi mondi, dei luoghi della marginalità e un maggior confronto con il mondo sociale aiuterebbero la politica a superare la psicosi da indulto ed a impedire le tragedie di vite dimenticate. In ogni caso - concludono - riteniamo indispensabile una radicale e rapida riforma che porti alla completa chiusura e al pieno superamento di queste strutture". (Ansa, 7 novembre 2006)

 

Suicidio: 15 novembre 2006, Carcere di Bollate (MI)

 

Samir Akar, algerino di 26 anni, si impicca nell’infermeria del carcere di Bollate. Era stato arrestato ad agosto per violazioni alla legge sull’immigrazione (era rimasto in Italia, nonostante l’espulsione che gli era stata data al termine di una precedente carcerazione) ed era stato trasferito a Bollate da S. Vittore, il 10 novembre. Ogni volta che entrava in carcere dichiarava un’identità diversa, quindi i dati su di lui non sono molto attendibili. Si è impiccato alle sbarre dell’infermeria, dove era stato trasferito a causa di problemi avuti con un compagno di reparto. Aveva seri problemi di dipendenza e in carcere era costantemente sotto effetto di tranquillanti. Anche le sue precedenti carcerazioni non erano state tranquille, sempre per questo suo stato sempre alterato e molto problematico. (Ristretti Orizzonti, 10 gennaio 2007)

 

Suicidio: 26 novembre 2006, Carcere di Secondigliano (NA)

 

Alfonso Ciardiello, 30 anni, detenuto a Secondigliano, si toglie la vita impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della sua cella. L’uomo, recluso da giugno 2006 e condannato per furto aggravato, era in attesa di appello. Quando ha messo in atto il gesto estremo, Ciardiello era solo in cella. Il suo compagno, infatti, si era appena allontanato per la socialità, ma, prima di uscire, aveva preparato il caffè e ne aveva lasciato una tazza per lui.

Una delle guardie in servizio nel reparto aveva controllato Ciardiello soltanto da pochi minuti e lo aveva visto intento a guardare la tv. In realtà, il detenuto aveva predisposto le cose in un certo modo proprio per restare solo in cella. Appena è riuscito nell’intento, il detenuto ha legato il lenzuolo alle sbarre della finestra e vi si è impiccato. Quando gli agenti se ne sono accorti, era già tardi per salvargli la vita (Il Mattino, 28 novembre 2006).

 

Suicidio: 29 novembre 2006, Carcere di Rebibbia (Roma)

 

Giampiero Mariossi, 56 anni, si uccide nel Reparto Infermeria del carcere di Rebibbia impiccandosi alle sbarre di una finestra con la cinta di un accappatoio. L’uomo era stato trasferito dal carcere di Regina Coeli al carcere di Rebibbia Nuovo Complesso a settembre. A causa delle sue condizioni di salute - era affetto da numerose patologie e aveva difficoltà di deambulazione - era stato subito assegnato all’infermeria del carcere. Scontava una pena per reati contro il patrimonio.

Era una persona sola, non usufruiva del diritto di telefonare all’esterno del carcere, né riceveva pacchi né faceva colloqui. Essendo rientrato nel diritto all’indulto, i giudici di sorveglianza stavano esaminando la sua situazione. In vista della probabile ammissione a misure alternative al carcere nei prossimi gironi avrebbe dovuto incontrare il CTU (Commissione che assiste i detenuti ammessi a queste misure). Non aveva dato segni particolari di depressione. Ha atteso per suicidarsi un’ora della notte in cui gli altri dormivano profondamente. Non sembra possano sussistere dubbi circa il suicidio (Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma, Gianfranco Spadaccia).

 

Roma: il detenuto suicida a Rebibbia era gravemente malato

 

La cartella clinica parlava chiaro: cardiopatia dilatativa, morbo di Parkinson, gastrite cronica. Giampiero Mariossi, 56 anni, un detenuto di Rebibbia, alla fine non ce l’ha fatta più. L’uomo, ex alcolista e tossicodipendente, ieri notte si è legato intorno al collo la cinta di un accappatoio, l’ha fissate alle sbarre di una finestra e si è impiccato nell’infermeria della prigione sulla Tiburtina. Era stato condannato per diversi reati e ne stava pagando il prezzo. Ma più volte, lui e i suoi avvocati, avevano chiesto dal nostro "misure alternative" al carcere "in considerazione delle condizioni di salute". La notizia della morte è stata divulgata dal garante regionale dei diritti dei detenuto Angiolo Marroni. "Sono indignato ha commentato Marroni, ex esponente di primo piano dei Ds regionali per il modo prevedibile ma assolutamente evitabile in cui si è chiusa questa vicenda. Esistono molti altri casi di questo tipo e sono stati segnalati più volte. Occorre agire subito per evitare altre tragedie". Giampiero era in carcere dal 2000 e ci sarebbe rimasto fino al 2010 per reati connessi alla droga. L’uomo, senza famiglia e nullatenente, avrebbe avuto diritto a chiedere "le misure alternative alla detenzione", ma non sapendo dove andare (per gli arresti domiciliari o l’affidamento in prova è necessario disporre di una abitazione dove fissare il domicilio) era rimasto a Rebibbia. "La drammaticità del problema aggiunge Marroni è stata segnalata più volte. Ma abbiamo ricevuto soltanto risposte burocratiche o, peggio ancora, indifferenza. La vicenda era stata anche portata all’attenzione della stampa. Ma purtroppo per Giampiero, un detenuto "comune", non c’è stata alcuna eco mediatica".

L’allarme è stato lanciato da un altro detenuto ricoverato in infermeria. Quando sono arrivate le guardie giurate, per il sardo non c’era più niente da fare. "I finestroni sono piuttosto in alto dicono a Rebibbia lui si è lasciato andare dopo essere salito su e probabilmente è morto sul colpo". "Ha pagato il fatto insiste il garante dei detenuti di non essere una persona nota, il che, forse, gli avrebbe salvato la vita" (Il Messaggero, 1 dicembre 2006)

 

Il Garante Regionale Angiolo Marroni: "Era evitabile"

 

"Da tempo Giampiero, doveva essere da tutt’altra parte. Avrebbe potuto godere di misure alternative alla detenzione, ma non aveva un posto dove andare. abbiamo segnalato più volte il suo caso, ricevendo solo risposte burocratiche, silenzio e indifferenza". Lo ha detto il Garante regionale dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni commentando il suicidio di un detenuto di 56 anni nell’infermeria del carcere di Rebibbia. "Sulla sua cartella clinica venivano dichiarate diverse patologie tra cui cardiopatia dilatativa, gastrectomia, parkinsonismo, il tutto dovuto alla sua storia di alcolista e tossicodipendente", ha detto Marroni. La notizia della morte è stata divulgata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni che si è detto "indignato per il modo prevedibile ma assolutamente evitabile in cui si è chiusa questa tristissima vicenda. Occorre agire affinché non si ripetano più casi di questo genere considerando che esistono, e sono stati da me segnalati, altri detenuti che si trovano in simili condizioni" .

A quanto risulta all’Ufficio del Garante l’uomo era recluso dal 2000, con fine pena 2010, per reati connessi alla droga e per lungo tempo ricoverato nei centri clinici delle carceri dove era stato ristretto. L’uomo non aveva famiglia ed era nullatenente avrebbe potuto godere di misure alternative alla detenzione ma non avendo un posto dove andare era rimasto sempre in carcere. Il suo caso era da tempo seguito dallo staff del Garante Regionale dei detenuti che aveva avviato le pratiche per fargli avere la carta di identità, necessaria per ottenere una pensione sociale e si era impegnato, cercando di coinvolgere le istituzioni preposte, nell’individuare una soluzione per consentire a Giampiero di scontare il residuo della sua pena in case di accoglienza o in strutture adeguate a questo tipo di problematiche. "Sono triste e indignato per il modo, assolutamente evitabile, in cui si è conclusa questa vicenda - ha detto il Garante Angiolo Marroni - Abbiamo più volte segnalato la drammaticità di questo caso ma in cambio abbiamo ricevuto solo risposte burocratiche, o, peggio ancora, indifferenza. Non posso fare a meno di notare che per un detenuto comune come Giampiero non c’è stato nessun eco mediatica, nonostante le nostre sollecitazioni ai mezzi di informazione. Purtroppo, Giampiero, ha pagato il fatto di non essere un detenuto eccellente e di non godere di una notorietà che forse gli avrebbe salvato la vita" (Redattore Sociale, 1 dicembre 2006)

 

Laurelli (Ds): questo ultimo suicidio conferma dramma carceri

 

"Il suicidio di Giampiero Mariossi la scorsa notte a Rebibbia conferma la drammaticità della situazione delle carceri, così come ho potuto verificare di persona nelle visite agli istituti penitenziari di Roma e del Lazio". Lo afferma Luisa Laurelli (Ds), Presidente della commissione Sicurezza e Lotta alla criminalità del Lazio. "Le situazioni toccate con mano nelle carceri del Lazio hanno evidenziato ovunque criticità non sempre adeguate alla condizione già drammatica della detenzione. Tutti fatti che ho puntualmente denunciato. Ho ripetutamente chiesto che la legge sui diritti dei detenuti venga approvata dal Consiglio Regionale prima del Bilancio di previsione. Pertanto, ha ragione l’assessore Nieri, primo firmatario di quella proposta di legge, a chiedere che venga approvata prima di Natale. Aggiungo e ribadisco: nella prima seduta utile del Consiglio, prima del Bilancio".

Luisa Laurelli poi precisa: "Il dolore per questo suicidio evitabile deve dare uno scossone al mondo politico regionale e nazionale. Occorre un’inversione di tendenza nella gestione del mondo carcerario. Bene ha fatto oggi Prodi a rivendicare al programma dell’Unione la valorizzazione di pene alternative al carcere. Il carcere resta una struttura totalizzante, mentre nella nostra cultura giuridica il carcere è finalizzato al recupero e al reinserimento di chi nella vita ha sbagliato, ma che resta pur sempre una persona. I suicidi in carcere sono il fallimento della funzione di recupero e una sconfitta per le Istituzioni". (Ansa, 30 novembre 2006)

 

Morte per cause non accertate: 29 novembre 2006, Carcere di Bologna

 

Bologna: un uomo di 46 anni, E.B., originario di Bologna è stato trovato morto nel primo pomeriggio nella sua cella all’interno del carcere della Dozza di Bologna. Stando ad un primo esame esterno del cadavere, il detenuto sarebbe morto per cause naturali. Sul corpo non sono state trovate tracce evidenti di violenza. Del ritrovamento è stato informato il Pm di turno della Procura di Bologna, Elisabetta Melotti (Ansa, 30 novembre 2006).

 

 

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