Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier maggio 2004

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

5 suicidi, 1 morte per malattia e 2 per cause non accertate: continua il monitoraggio sulle "morti di carcere" che, nel mese di maggio, registra 8 nuovi casi

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Carmine Notturno

37 anni

07 maggio 2004

Suicidio

Vibo Valentia

Nicola Labbate

38 anni

07 maggio 2004

Non accertate

Pescara

Mohammed Agrufai

20 anni

13 maggio 2004

Suicidio

Avezzano (Aq)

Samuele Pili

29 anni

18 maggio 2004

Non accertate

Cagliari

Davide Benati

20 anni

20 maggio 2004

Suicidio

Gorizia

Giuseppe Petronici

53 anni

24 maggio 2004

Suicidio

Forlì

Salvatore Foria

52 anni

27 maggio 2004

Malattia

Poggioreale (Na)

Detenuto italiano

43 anni

31 maggio 2004

Suicidio

Vibo Valentia

 

Suicidio: 7 maggio 2004, Carcere di Vibo Valentia

 

Carmine Notturno, 37 anni, di Napoli, si toglie la vita impiccandosi con un lenzuolo alla finestra. Il fatto è accaduto ieri, ma solo oggi se ne è avuta notizia. L’uomo, secondo quanto si è appreso, mercoledì era stato a Napoli per un processo ed in serata era stato nuovamente portato nel carcere vibonese. Nessuna informazione è stata fornita sui motivi della detenzione. Gli agenti della polizia penitenziaria si sono accorti quasi subito di quanto era accaduto e sono subito intervenuti chiamando anche il medico di guardia. Per l’uomo, però, non c’era più niente da fare. Notturno, secondo quanto riferito da chi lo ha frequentato all’interno dell’istituto per propri compiti istituzionali, ha sempre avuto un comportamento corretto, e frequentava varie iniziative attuate all’ interno del carcere, tra le quali quelle teatrali. Oggi è stata fatta l’autopsia, disposta dal sostituto procuratore della Repubblica di Vibo, Francesco Rotondo, che ha confermato la morte per asfissia. (Ansa, 7 maggio 2004)

 

Morte per cause non chiare: 7 maggio 2004, Carcere di Pescara

 

Nicola Labbate, di 38 anni, muore all’ospedale di Pescara, dove era stato trasportato d’urgenza dal carcere, dopo che aveva lamentato forti dolori all’addome. Improvvisamente le sue condizioni sono peggiorate, obbligando i medici prima a trasferirlo in rianimazione, poi a sottoporlo ad un intervento chirurgico d’urgenza che non ha avuto un esito positivo.

La Procura della Repubblica di Pescara ha aperto un’inchiesta sull’accaduto, disponendo l’autopsia per accertare le cause che hanno provocato il decesso del detenuto. L’uomo era finito in carcere lo scorso 26 aprile nell’ambito dell’operazione antidroga "Rancitelli", compiuta dai Carabinieri di Pescara, che aveva portato a 29 arresti. (Ansa, 8 maggio 2004)

 

Suicidio: 13 maggio 2004, Carcere di Avezzano

 

Mohammed Agrufai, 20 anni, marocchino muore nel carcere di Avezzano dopo essersi impiccato nella cella dove era stato trasferito poche ore prima. Il giovane aveva avuto una discussione con i compagni di cella e per questo era stato trasferito in una cella da solo. L’extracomunitario - in carcere per violazioni della legge sull'immigrazione - ha strappato una parte del lenzuolo del letto e si è impiccato dopo averlo legato ad un gancio. Il giovane è stato trovato agonizzante stamani, ma è morto dopo il trasferimento nel locale ospedale. Sull’accaduto è stata aperta un'inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Avezzano. (Ansa, 13 maggio 2004)

 

Morte per cause non chiare: 18 maggio 2004, Carcere di Buoncammino (Ca)

Samuele Pili, 29 anni, cagliaritano muore in cella durante la notte Quando i compagni di cella lo hanno avvertito che stava arrivando la colazione non è saltato giù dal letto come faceva sempre. Ed è bastato poco per capire che la vita lo aveva abbandonato nel silenzio della notte del carcere di Buoncammino. Quale sia stata la causa non è certo: il medico legale Vincenzo Paribello ha effettuato la perizia ma non se ne conoscono i risultati. L’episodio - che segue di poco tempo la morte di altri detenuti nel carcere cagliaritano - ha suscitato viva impressione poiché il giovane aveva alle spalle un passato da emigrato in Germania e una lieve condanna per uno scippo.

"Un tipo comunque tranquillo" ha commentato chi lo conosceva a Capoterra, dove abitava, in via Mazzini 12. Del resto anche la sera che ha preceduto la tragedia tutto sembrava regolare. Lo ha ammesso il direttore Gianfranco Pala che subito si è interessato al caso informando la magistratura e i parenti del giovane. "Non stava molto bene in salute - ha dichiarato il direttore - ma nulla lasciava pensare a una eventualità del genere. È andato a dormire ma l’indomani mattina i compagni di cella lo hanno trovato privo di vita".

Samuele Pili divideva la cella con altri cinque giovani. Abbastanza normale, in questo periodo di affollamento: il numero dei detenuti va ben oltre la capienza prevista. Ma il carcere sul colle in questo periodo è stato chiamato in causa soprattutto per le condizioni igienico-sanitarie. Una interrogazione firmata da consiglieri comunali medici (di tutti i gruppi) è stata portato all’attenzione del sindaco: si chiede una visita in carcere per verificare la situazione. Se ne parlerà sicuramente in questi giorni vista l’attualità del problema.

Ma che Buoncammino sia un carcere con un alto indice di detenuti malati o sieropositivi non è una novità. È una situazione che anche il personale sta vivendo drammaticamente poiché le alternative non sono poi molte. Si è pensato ad un uso del carcere minorile di Quartucciu per risolvere questa lacuna ma nonostante impegni e promesse la questione è sempre al palo: difficile trasferire anche i minorenni se non si trovano locali alternativi adeguati. Il problema di fondo resta - a prescindere dall’indice di mortalità tra i detenuti - l’inadeguatezza del carcere e quindi la necessità di nuove strutture magari attrezzate anche sotto il profilo ospedaliero. Proprio nelle ultime settimane il ministero della Giustizia ha confermato gli stanziamenti per la realizzazione del nuovo carcere già individuato in un’area del Comune di Uta e che è stato già recintato in vista dell’apertura dei cantieri.

Nonostante l’allarme-sanitario e l’emergenza-affollamento, non si sa nulla di concreto. Anzi, proprio gli addetti ai lavori, continuano a dichiararsi completamente all’oscuro di ogni iniziativa ministeriale a breve o lunga scadenza. Il che rende ancora più angosciosi gli episodi come quello avvenuto domenica mattina. Nessuno ascolta il grido di dolore che ogni giorno si leva dalle carceri di Buoncammino. (L’Unione Sarda, 19 maggio 2004)

 

Suicidio: 20 maggio 2004, Carcere di Gorizia

 

Davide Benati, 20 anni, originario di Udine, si sarebbe suicidato impiccandosi in cella. È l’ipotesi sulla quale sta indagando la magistratura di Gorizia dopo la scoperta, in una cella dell’Istituto di pena del capoluogo isontino, del suo corpo senza vita. L’inchiesta non può prescindere dall’esame autoptico che chiarirà circostanze e dinamica della morte. L’allarme è stato dato poco dopo le due. Ogni soccorso è stato inutile. La direzione del carcere ha informato i familiari e il legale, avvocato Pieraurelio Cicuttini. Davide Benati viveva con i nonni e la madre a Udine. Era incappato nei rigori della legge, piccole cose, furti d’auto, vetture che solitamente venivano ritrovate dagli agenti sotto casa, momenti di "follia" ai quali seguivano ripetute promesse di cambiare.

Davide Benati aveva subito l’ultimo arresto a gennaio. Stavolta l’aveva combinata grossa mettendo a repentaglio la propria vita e quella degli altri. Al volante di un’auto rubata (aveva sostenuto di essere stato sotto l’effetto di psicofarmaci) era stato protagonista di una folle fuga con il rischio di impatto contro un convoglio ferroviario al passaggio a livello di Santa Caterina. La procura gli ha contestato attentato alla sicurezza dei trasporti. Appena due giorni fa Davide Benati era stato accompagnato a Udine per l’udienza preliminare. "Era arrabbiato - ha ricordato il suo legale - perché sperava di uscire. Considerati i precedenti, non era possibile. Gli avevo spiegato che avevo ottenuto di celebrare un giudizio abbreviato condizionato alla perizia sulle sue condizioni". Il giudizio era stato rinviato al 7 luglio. Davide non ha atteso: la disperazione è stata più forte della voglia di vivere. (Il Gazzettino, 22 maggio 2004)

 

Suicidio: 24 maggio 2004, Carcere di Forlì

 

Giuseppe Petronici Reggiani, 53 anni, si impicca in cella il 13 maggio. Il giorno prima era stato condannato a 30 anni di carcere, per aver ucciso, al termine di una lite, il padre adottivo Dino Reggiani, 91 anni. Muore all’ospedale di Forlì dopo 11 giorni di coma.

Si era presentato al processo come reo confesso: a notte dell'8 ottobre 2003 aveva strangolato l'anziano che lo aveva adottato, per permettergli di mantenere il possesso dell'appartamento di edilizia pubblica, dopo una nottata di litigi sempre più violenti. L'uomo cercò di occultare l'accaduto con un lenzuolo sporco di sangue, inscenando un malore mortale del genitore. Ma dopo un interrogatorio durato oltre 14 ore Petronici Reggiani crollò, confessando di avere strangolato, in preda ai fumi dell'alcool, il genitore. (Il resto del Carlino, 12 maggio 2004)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 27 maggio 2004, Carcere di Poggioreale (Napoli)

 

Salvatore Foria, 52 anni, viene trovato riverso a terra nella sua cella, privo di vita. Era da tempo malato e l’ipotesi più accreditata è che sia stato ucciso da un infarto. Ma sulle cause del decesso si saprà molto di più nei prossimi giorni, dopo l’autopsia. Salvatore Foria, soprannominato "Pellecchiella", per un decennio, fino alla sua cattura, fu incontrastato capo di un’agguerrita organizzazione camorristica, in guerra da una parte con gli Anastasio di Sant’Anastasia, dall’altra con la cosca Egizio di Casalnuovo. Il clan Forio, dedito soprattutto alle estorsioni e al traffico di droga, è stato decapitato con diverse operazioni dei carabinieri di Castelcisterna all’inizio degli anni ‘90. Salvatore Foria ha all’attivo anche un’evasione. Riuscì a fuggire nel corso di una visita medica dal Cto di Napoli, ma venne riacciuffato. (Il Mattino, 28 maggio 2004)

 

Suicidio: 31 maggio 2004, Carcere di Vibo Valentia

 

Detenuto italiano, di 43 anni si suicida durante la notte, impiccandosi con un lenzuolo: era stato arrestato solo tre giorni prima, dopo essere stato sorpreso con alcune dosi di droga. Gli agenti della polizia penitenziaria hanno soccorso l’uomo, il quale però è morto poco dopo. È il secondo suicidio nel carcere di Vibo Valentia in meno di un mese, dopo quello avvenuto il 7 maggio scorso. (Ansa, 2 giugno 2004)

 

 

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