Franco Corleone: "grand hotel topaia"

 

Grand hotel topaia
di Franco Corleone

 

Il Manifesto, 28 settembre 2002

 

La continua doccia scozzese di ordini e contrordini ha colpito anche il carcere. Per il ministro Castelli in agosto le carceri italiane erano paragonabili a gran hotel, ora sono definite da Berlusconi delle vere topaie. Queste affermazioni agli antipodi non sono giustificate da nessuna analisi sul carcere, sulla sua funzione, sul significato della pena, sulla composizione della popolazione detenuta. Viene invece messo in discussione il nuovo Regolamento che costituiva la base per una riforma della vivibilità del carcere e della aderenza al principio costituzionale della pena come occasione di reinserimento sociale. Anche il tema del sovraffollamento è dibattuto alla luce della mancanza di posti letto e non del numero eccessivo di carcerati. Infatti vi è una correlazione strettissima tra il tasso di carcerazione e l'indicatore di democrazia di una società. Se l'Italia avesse 100mila detenuti confortevolmente ospitati negli istituti penitenziari, sarebbe certo cancellata la dimensione insopportabile dell'invivibilità attuale, ma troverebbe conferma l'abbattimento dello stato e della sicurezza sociale.
Il modello carcerario americano, come ricettacolo dell'emarginazione, è ormai dietro l'angolo. La logica meramente securitaria produce discarica sociale. La sinistra che alle ultime elezioni ha scelto di abbandonare il terreno del garantismo, dovrebbe tornare a ragionare con freddezza e passione su che fare senza subire ricatti.
Il carcere obbliga per ragioni di giustizia e umanità a interventi immediati. Il primo dei quali non può che essere l'approvazione di un indulto generalizzato, senza eccezioni di tre anni, che porti il numero dei detenuti a un livello tollerabile. Il che consentirebbe la ristrutturazione di molti istituti per garantire almeno luce, servizi igienici e spazi per studio, lavoro e socialità.
Nel frattempo dovrebbe essere discusso e approvato il nuovo codice penale, che dovrebbe depenalizzare molti reati e identificare nuovi delitti, come i reati ambientali non previsti dal codice Rocco. Questa sarebbe l'occasione per un confronto sulla legge sulla droga che già oggi determina la metà dei detenuti e che, se si realizzasse l'ossessione di Fini e della Moratti, provocherebbe oltre che più morti e più malati, la vera e propria esplosione delle carceri italiane.
L'approvazione unanime della messa a regime del carcere duro, secondo le regole del 41 bis, non tranquillizza per nulla. Al di là della persecuzione dei mafiosi, che rischia d'essere l'alibi o la foglia di fico, siamo di fronte ad una previsione di estensione di questo strumento ad altre figure, terroristi e trafficanti oggi, inevitabilmente allargabile pericolosamente domani per altre emergenze. Una logica perversa che ben conosciamo. E' così difficile alzare la bandiera dello stato di diritto?
Altrimenti, il film lo conosciamo già, aspettiamoci la messa in discussione e lo smantellamento della legge Gozzini. Allora sì, nelle carceri potrebbe scattare la rivolta. Facciamo qualcosa prima che la casa bruci.

 

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