Vietato lo sciopero dei lavoranti

 

I detenuti: vietato lo sciopero dei lavoranti

C'era l'accusa di interruzione di pubblico servizio

 

La Stampa, 29 settembre 2002


«L'amministrazione penitenziaria intendeva contestarci l'interruzione di un pubblico servizio, così non abbiamo potuto scioperare, come invece è avvenuto in un centinaio di analoghe strutture su suggerimento del movimento ''Papillon'' sorto a Rebibbia e Regina Coeli per rendere note le condizioni di vita spesso insopportabili in cui versano nella generalità dei casi le carceri».

Lo dicono i detenuti del «giudiziario» (377, dovrebbero essere 333) di piazza Don Soria i quali spiegano che anche loro volevano aderire all'iniziativa civile e pacifica di «Papillon». Doveva seguire due strade: una «fragorosa», consistente nella battitura delle sbarre delle celle, l'altra silenziosa, riguardante l'astensione temporanea dal lavoro. La prima ha avuto buon esito, nonostante il disagio per chi abita nei palazzi adiacenti e grazie alla «professionalità dello staff della direzione».

La seconda, destinata a bloccare tutte le funzioni (cucina, lavanderia, servizio distribuzione, pulizia, manutenzione) svolte dai detenuti che vengono retribuiti sia pure con salari definiti «risibili», è stata subito interrotta. «L'amministrazione penitenziaria ha comunicato alla direzione che l'astensione non sarebbe stata classificata come sciopero di lavoratori, ma interruzione di pubblico servizio» scrivono i detenuti, i quali hanno desistito temendo una denuncia alla magistratura con conseguente trasferimento in carceri punitive e lontane.

La direzione getta acqua sul fuoco e, interpellata, fa sapere che non ci sarebbero state né denunce né trasferimenti ma che la sospensione dal lavoro (obbligatorio) infrange il regolamento e causa un provvedimento disciplinare. Si poteva attuare uno sciopero a scacchiera, come avvenuto altrove, e non in modo globale.

 

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