Processi per violenze e pestaggi

 

Voghera: Comandante e Vice comandante di P.P.

arrestati per presunte violenze

 

Procedimenti

Reati ipotizzati

A carico di

Esito

Procura di Pavia

Lesioni, omissioni di atti d’ufficio

12 agenti di P.P.

Sconosciuto

 

Pestaggi punitivi in carcere. Arresti domiciliari per il capo delle guardie e il suo vice

 

La Provincia Pavese, 29 marzo 2002

 

Pestaggio dei detenuti: è l’accusa che ha fatto finire agli arresti domiciliari l’ex comandante del corpo di polizia penitenziaria del carcere di Voghera, Filiberto Rossi, e il suo vice Antonino Rizza, entrambi rimossi d’autorità lo scorso 1º marzo. Altri due agenti sono agli obblighi di dimora. Questi i clamorosi sviluppi dell’inchiesta partita dal rapporto consegnato alla procura della Repubblica da Felice Bocchino, il provveditore regionale delle carceri che aveva "silurato" i due sottufficiali. I provvedimenti sono stati notificati mercoledì, al termine di una giornata convulsa, che si era aperta con le perquisizioni all’alba nelle abitazioni di Rossi e Rizza.

Il blitz degli uomini della Digos, affiancati dai colleghi del commissariato di Voghera, scatta alle prime luci di mercoledì. Almeno cinque mezzi della polizia si presentano davanti all’abitazione di Rizza, a Casteggio; una scena analoga avviene a Terni, la città umbra dove Filiberto Rossi è tornato dopo la rimozione dall’incarico. I poliziotti mettono a soqquadro gli appartamenti: cercano, evidentemente, qualcosa che scotta, elementi utili alle indagini. Si fanno consegnare le manette e la pistola d’ordinanza, e notificano ai due ispettori gli arresti domiciliari: gli "avvisi" recano la firma del Gip del tribunale di Voghera, Marina Bellegrandi, che li ha concessi su richiesta del procuratore-capo, Aldo Cicala e del sostituto Walter Cotugno, i magistrati che conducono la delicatissima inchiesta.

Manette e pistola vengono ritirate anche agli agenti costretti agli obblighi di domicilio nel comune di residenza. Ma non è finita. Il cerchio si allarga: altre tre guardie carcerarie - secondo le indiscrezioni - saranno presto sentite in tribunale per definire la loro posizione. Una vera e propria bufera, dunque, sulla casa circondariale di via Prati Nuovi. La procura si è subito chiusa nel più stretto riserbo e analogo atteggiamento hanno assunto sia gli inquirenti che i legali degli indagati (i cui interrogatori dovrebbero slittare a dopo Pasqua).

Un atteggiamento comprensibile, anche per lo scenario allarmante che l’inchiesta sembra delineare. Si parla - ma il condizionale è d’obbligo - di vere e proprie azioni "punitive" nei confronti dei detenuti, di un clima di intimidazione incompatibile anche con le norme severe del regime carcerario. Accuse, ovviamente, ancora tutte da provare. Facciamo, però, qualche passo indietro e torniamo al 1º marzo, quando il caso deflagra. Quel giorno, i colleghi di Rossi e Rizza reagiscono alla rimozione-lampo del comandante e del vice con una manifestazione di protesta davanti al carcere. Di Rossi, si dice che sia stato privato del comando perché ha utilizzato un garage attiguo al carcere per appartarsi con la fidanzata, ma questa motivazione viene subito smentita da Bocchino, che parla di "fatti ben più gravi" alla base della sospensione; a Rizza si contesta l’aggressione a un detenuto, dopo che questi avrebbe tentato di dare fuoco alla cella. Un addebito respinto con forza dall’ispettore, che anzi contrattacca: in 25 anni di carriera, sottolinea, non ho mai alzato le mani sui detenuti e ho salvato molti di loro. Decisa anche la reazione di Rossi: l’ex comandante si difende sottolineando di non aver commesso reati con l’uso di quel garage. Ma ora la posizione di entrambi sembra aggravarsi.

 

Voghera, percosse ai detenuti: altri due agenti nell’inchiesta. Comandante e vice sono stati arrestati


La Provincia Pavese, 30 marzo 2002


Come sono lontani il Collettivo Verde, il Gruppo Arcobaleno, le iniziative culturali che hanno visto protagonisti i detenuti della Casa Circondariale di Voghera. Ora il carcere è l’epicentro di un terremoto che si allarga sempre di più. La notizia dell’ultima ora, non confermata però dai vertici della polizia penitenziaria, è che le persone finite nel mirino della Procura sarebbero salite a nove. Il condizionale è d’obbligo in questi casi in quanto l’autorità giudiziaria sta lavorando nel più assoluto silenzio e da via Plana non esce neppure un piccolo dettaglio di questa indagine. Indagine che ha fatto finire agli arresti domiciliari l’ex comandante del corpo di polizia penitenziaria, Filiberto Rossi, e il suo vice Antonino Rizza, entrambi rimossi d’autorità l’1 marzo.

Altri due agenti sono agli obblighi di dimora, altri tre saranno presto sentiti in tribunale per definire la loro posizione. Non si conosce il ruolo e il grado degli ultimi due protagonisti di questa torbida vicenda, che parla di pestaggi dei detenuti. L’unica cosa emersa nelle ultime ore, è che verranno sentiti nei prossimi giorni dall’autorità giudiziaria (inchiesta è condotta dal procuratore capo Aldo Cicala e dal sostituto procuratore Walter Cotugno, il Gip è Marina Bellegrandi). Si parla azioni "punitive" nei confronti dei detenuti, di un clima di intimidazione inaccettabile. Accuse, pesanti, ancora tutte da provare.

Facciamo, però, un po’ ordine in questa storia, ritornando all’1 marzo quando scoppia il caso. Quel pomeriggio, i colleghi di Rossi e Rizza protestano per la rimozione del comandante e del vice con una manifestazione davanti ai cancelli del carcere. Rossi, si dice che sia stato privato del comando perché aveva utilizzato un garage demaniale esterno al carcere per incontrarsi in macchina con la fidanzata. Il provveditore Bocchino, però smentisce e parla di "fatti ben più gravi" alla base della sospensione; a Rizza si contesta l’aggressione a un detenuto che aveva tentato di dar fuoco alla cella. Siluramenti, che facevano e fanno pensare, come aveva detto del resto il provveditore regionale alle carceri, a reati più gravi. Ora l’indagine ha preso una svolta decisa. Ai due ispettori vengono contestati fatti ben diversi, di avere a che fare con degli "squadroni" che mantenevano l’ordine con la violenza.

 

Altri indagati per le violenze in carcere

 

Il Giorno, 31 marzo 2002

 

Il comandante e il suo braccio destro agli arresti domiciliari e almeno due agenti (ma c’è chi parla di cinque) sottoposti all’obbligo di dimora e, come tali, privati dei "ferri del mestiere", pistola d’ordinanza e manette: è il bilancio, secondo alcuni ancora provvisorio, della bufera giudiziaria che si è abbattuta sulla casa circondariale di via Prati Nuovi. I provvedimenti restrittivi portano la firma del Procuratore della Repubblica, Aldo Cicala, e del Sostituto Procuratore Walter Cotugno, i magistrati che coordinano la delicatissima inchiesta, affidata alla Digos di Pavia.

Pesanti le accuse che vengono contestate a Filiberto Rossi, sino a inizio mese comandante della Penitenziaria nel carcere vogherese, e al suo vice, Antonino Rizza: forse con la tacita connivenza di colleghi, avrebbero picchiato detenuti della casa circondariale. Tutti verranno interrogati la prossima settimana. "Non eravamo assolutamente a conoscenza degli episodi segnalati alla magistratura dal Provveditore Regionale delle Carceri, Felice Bocchino - dice Oreste Negrini, della Cgil.

Inizialmente, si riteneva che la vicenda fosse legata a circostanze inerenti la sfera personale del comandante e, per questo, gli agenti avevano espresso solidarietà all’ispettore Rossi, con il quale l’intero corpo aveva instaurato un sereno rapporto di lavoro. Ora, dobbiamo solo attendere che la magistratura faccia il suo corso". E conferma l’esponente della Cgil la "maledizione che, da un anno e mezzo a questa parte, continua a colpire la struttura di Via Prati Nuovi: cinque comandanti sostituiti, mancanza di sovrintendenti, personale carente". In attesa che, a Roma, venga nominato un nuovo responsabile del corpo, l’incarico "pro tempore" è stato affidato all’ispettore Spano.

 

Carcere, agenti dal Gip la difesa al contrattacco. Gli avvocati chiedono la revoca delle misure cautelari.

 

La Provincia Pavese, 5 aprile 2002


Al contrattacco i legali degli agenti di polizia penitenziaria del carcere di Voghera finiti agli arresti domiciliari o agli obblighi di dimora per i presunti pestaggi nei confronti di detenuti. Ieri, nell’udienza davanti al Gip, Marina Bellegrandi, gli avvocati della difesa hanno presentato istanza di revoca delle misure restrittive: il giudice si è riservato la decisione, dopo aver sentito il parere della procura. Una lunga mattinata, quella di ieri in tribunale. Il primo ad entrare nell’ufficio della dottoressa Bellegrandi, al primo piano del "palazzo" di via Plana, è stato Antonino Rizza, l’ex vice comandante delle guardie carcerarie: al suo fianco il legale di fiducia, Gianfranco Ercolani.

Un colloquio a porte chiuse, e sul cui contenuto le parti hanno mantenuto uno strettissimo riserbo.
Poi è stato il turno di due dei tre agenti di custodia sottoposti a obbligo di domicilio nel comune di residenza, assistiti dagli avvocati Paolo Zambianchi e Marcello Bergonzi Perrone. La tornata di interrogatori dovrebbe concludersi oggi, quando verranno sentiti il terzo agente "confinato" e Filiberto Rossi, l’ex comandante ora agli arresti domiciliari.

Entrambi gli agenti ascoltati ieri dal Gip si sarebbero proclamati estranei ai fatti contestati. L’inchiesta della procura si è soffermata, in particolare, su tre episodi nei quali uno o più agenti avrebbero picchiato i detenuti. La difesa, però, minimizza, sottolineando che in un solo caso uno dei detenuti avrebbe subito lesioni riscontrate da un referto medico: lesioni comunque minime e giudicate guaribili in pochi giorni.

Gli interrogatori, di garanzia davanti al Giudice delle indagini preliminari rappresentano un primo banco di prova per l’accusa e offrono agli indagati la facoltà di fornire chiarimenti sulle contestazioni mosse dalla procura. La difesa ha, inoltre, la possibilità di attuare delle contromisure quale, appunto, l’istanza di revoca delle misure restrittive. L’inchiesta sulla casa circondariale di Voghera è stata aperta in seguito al rapporto consegnato dal provveditore regionale delle carceri, Felice Bocchino e dal direttore, Massimo Parisi, al procuratore-capo, Aldo Cicala, e al sostituto Walter Cotugno. Un dossier depositato dopo che Rossi e Rizza, i due sottufficiali alle redini del corpo di polizia penitenziaria di via Prati Nuovi, erano stati rimossi dagli incarichi.

 

Voghera, pestaggio dei detenuti. "Inferno nel carcere". L’accusa contro 12 agenti

 

La Provincia Pavese, 27 giugno 2002


Sembra il copione di Full Metall Jacket, il film antimilitarista di Stanley Kubrick, e invece è l’atto di accusa della procura della Repubblica nei confronti di un nutrito gruppo di agenti di custodia del carcere di Voghera. In dodici sono iscritti nel registro degli indagati per percosse e lesioni sui detenuti: l’inchiesta si è allargata a macchia d’olio dopo i provvedimenti restrittivi adottati, in febbraio, contro il comandante del corpo di polizia penitenziaria e il suo vice, entrambi mandati agli arresti domiciliari. Nel girone dantesco di via Prati Nuovi, i detenuti - secondo l’accusa della procura - venivano costretti a denudarsi e a fare flessioni, erano costretti ad affrontare per ore il freddo, in pieno inverno, nel cortile del carcere, con addosso soltanto il pigiama, erano minacciati con i manganelli e picchiati selvaggiamente.

Abusi ed eccessi denunciati alla magistratura inquirente dallo stesso neo-direttore del carcere, Massimo Parisi, e dal provveditore regionale Felice Bocchino, che avevano consegnato personalmente il rapporto nelle mani del procuratore capo Aldo Cicala. Da lì è partita l’inchiesta, affidata al pm Walter Cotugno. Un’inchiesta, che dopo le prime misure restrittive, si è estesa fino a coinvolgere una dozzina di agenti. Gran parte dei quali ora non lavora più a Voghera o è in attesa di ottenere il trasferimento in altra sede. Il Pm delinea un quadro a tinte fosche: in base alla sua ricostruzione dei fatti, dopo il cambio della guardia ai vertici del corpo di polizia penitenziaria, si sarebbe verificato un progressivo irrigidimento della sorveglianza e della repressione, giustificato almeno in parte dal "lassismo" precedente - una situazione di "disorganizzazione" nella quale era maturata anche l’evasione di un detenuto, nel luglio 2001 - ma poi degenerato in eccessi e in una condotta che potrebbe avere rilievo penale. Ecco, quindi, i pestaggi, le umiliazioni inflitte ai detenuti, gli "squadroni punitivi" sguinzagliati contro chi sgarrava.

Accuse che - si badi bene - devono ancora passare al vaglio e al riscontro dei diversi gradi di giudizio, visto che siamo soltanto nella fase delle indagini preliminari. E la difesa? Per ora, i legali degli agenti di custodia hanno lavorato soprattutto per ottenere la revoca delle misure restrittive e delle sospensioni dal servizio. Ora, tutti gli indagati sono a piede libero, anche sei nei confronti di alcuni vengono mantenuti dei vincoli, come il divieto di mettere piede in Lombardia o a Voghera.

 

Le "spedizioni punitive" in carcere. La procura vuole mandare a processo sette agenti di custodia. Chiusa l’inchiesta avviata dopo la denuncia del direttore: ecco le accuse


La Provincia Pavese, 20 febbraio 2003

 

Detenuti picchiati selvaggiamente, costretti a denudarsi, a fare delle flessioni e a restare per ore al freddo, all’aperto, in dicembre, con addosso solo il pigiama. È un quadro impressionante di violenze e sopraffazioni quello che emerge dalle accuse contestate dalla procura della Repubblica di Voghera all’ex comandante della polizia penitenziaria del carcere di via Prati Nuovi, Filiberto Rossi, al suo vice Antonino Rizza e a cinque agenti di custodia.

L’inchiesta è stata chiusa dopo un anno di indagini. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato ai sette indagati, reca le firme del procuratore-capo, Aldo Cicala, e del sostituto Walter Cotugno. Percosse, lesioni personali, abuso di autorità e violenza privata le accuse mosse, a vario titolo, a Rossi, Rizza e ai cinque agenti di polizia penitenziaria. Si tratta di Graziano Zizi, Gerardo Pastore, Danilo Zitelli, Timoteo Caputo, Raffaele Pipola.

L’atto di accusa della procura fa riferimento a una vera e propria "spedizione punitiva" messa in atto dagli agenti all’interno del carcere il 12 dicembre 2001, per punire tre detenuti di una "supposta mancanza compiuta" ventiquattro ore prima. Quel giorno, secondo i pubblici ministeri, i sette indagati prelevarono i tre detenuti dalle loro celle, li fecero denudare e li obbligarono a fare flessioni; quindi li portarono all’aperto con addosso solo il pigiama e li costrinsero a rimanere al freddo "per diverso tempo".

Poi - sempre secondo la ricostruzione della procura - li accompagnarono nell’ufficio dell’ispettore generale di vigilanza, dove i detenuti "venivano metodicamente, selvaggiamente picchiati e minacciati in alcuni casi anche mediante due manganelli maneggiati da Rossi e Rizza". All’esame del pm, altri tre episodi, che sarebbero avvenuti il 2 dicembre 2001 e il 25 febbraio dello scorso anno. Per il primo, il solo Rizza è accusato di aver provocato lesioni a un detenuto, sempre per punirlo di una mancanza: dopo essere entrato nella sua cella con due ispettori, "lo colpiva immotivatamente con schiaffi al fine di provocarne la reazione" e poi "lo colpiva con violenti calci mentre lo stesso era a terra".

Rossi, dal canto suo, avrebbe trascinato fuori dalla cella un detenuto schiaffeggiandolo ripetutamente e avrebbe riservato lo stesso detenuto ad un altro, pur essendo questi sofferente per precedenti pestaggi. Inoltre Rizza e Rossi - secondo la procura - avrebbero schiaffeggiato e minacciato un terzo detenuto. Fin qui le accuse, che - è opportuno precisarlo - devono ancora passare al vaglio del tribunale. Tutto, dunque, può ancora succedere, la difesa potrà far valere le proprie ragioni già nell’udienza preliminare davanti al Gup che verrà fissata dopo che la procura avrà formalizzato le richieste di rinvio a giudizio.

L’inchiesta sulle (presunte) spedizioni punitive in carcere era partita da un rapporto presentato nel marzo 2002 al procuratore Cicala dall’allora direttore, Massimo Parisi (ora ad Opera) e dal provveditore regionale delle carceri lombarde, Felice Bocchino. Un rapporto che denunciava il clima di intimidazioni e di violenze, incompatibile con il regime di detenzione. Adesso alla guida del carcere c’è Roberto Festa, i sette agenti indagati sono stati trasferiti in altre strutture dell’amministrazione penitenziaria.

 

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