Rapporto sui diritti umani in Italia

 

Rapporto 2005 sul rispetto dei diritti umani in Italia

Bureau of Democracy, Human Rights and Labor, 8 marzo 2006

 

L’Italia è una democrazia parlamentare multipartitica con circa 57,8 milioni di abitanti. Le elezioni parlamentari nazionali (che servono a scegliere il presidente e il primo ministro), tenutesi l’ultima volta nel 2001, sono state ritenute libere e corrette. In genere le autorità civili hanno mantenuto un efficace controllo sulle forze di sicurezza. In generale il governo ha rispettato i diritti umani dei cittadini; anche se ci sono stati problemi in alcuni settori, la legge e il sistema giudiziario mettono a disposizione sistemi efficaci per affrontare i singoli casi di abusi.

 

Nell’area diritti umani sono stati segnalati i seguenti problemi:

sovraffollamento delle carceri

lunghe detenzioni in attesa di processo

procedure giudiziarie eccessivamente lunghe

violenze contro le donne

abusi di minori

traffico di esseri umani

lavoro minorile

Rispetto dei diritti umani

 

Rispetto per l’integrità della persona, tra cui libertà da:

 

a. Deprivazione arbitraria o illegittima della vita

 

Il governo o i suoi rappresentanti non hanno commesso alcun omicidio motivato politicamente; tuttavia, in maggio a Torino un funzionario di polizia ha ucciso un immigrante senegalese che rifiutava di uscire dal suo veicolo durante una perquisizione per droga. Alla fine dell’anno erano in corso indagini sull’episodio.

In gennaio una corte d’appello ha condannato un funzionario di polizia a 10 anni di carcere per l’uccisione, avvenuta nel 2000, di un adolescente che non si era fermato come gli era stato intimato. La sentenza ha confermato una precedente condanna, annullata dalla corte di cassazione nel 2004.

In gennaio la corte d’appello di Napoli ha condannato a 10 anni di carcere un funzionario di polizia per aver ucciso, nel 2000, un ragazzo di 17 anni che cercava di sottrarsi alla custodia della polizia.

Nel dicembre 2003 il leader delle Nuove Brigate Rosse (partito comunista combattente) è stato accusato dell’assassinio di un funzionario di polizia, avvenuto nel marzo 2003. Alla fine dell’anno il processo non era ancora iniziato. Tuttavia in luglio, esaminando un caso in cui erano coinvolti alcuni degli stessi sospetti, la corte d’appello di Roma ha condannato tre membri delle Brigate Rosse all’ergastolo e altri nove a pene inferiori per l’uccisione, avvenuta nel 1999, di un docente universitario consulente del ministero del Lavoro (D’Antona). In marzo e in giugno il tribunale di Roma ha condannato 5 membri delle Brigate Rosse all’ergastolo e un altro membro della stessa organizzazione a 16 anni di reclusione per l’omicidio, avvenuto nel 2002, di un altro docente universitario consulente del ministero del Lavoro (Biagi).

 

b. Sparizioni

 

Non sono stati denunciati casi di sparizioni motivate politicamente.

 

c. Torture e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti

 

La legge proibisce pratiche di questo tipo; tuttavia, secondo alcune denunce, la polizia ha talvolta fatto eccessivo uso della forza contro persone detenute per reati penali comuni o nel corso di controlli per l’identificazione. Anche se a subire questo comportamento sono stati sia cittadini italiani che stranieri, i più esposti sono stati i Rom e gli immigranti (vedi sezione 5).

Nel 2003 un immigrante nigeriano ha accusato due poliziotti di Roma di aver compiuto abusi, tra cui delle bruciature sul suo addome, mentre si trovava sotto custodia; l’episodio si sarebbe verificato dopo che l’immigrante aveva tentato di scappare. Le indagini sul caso erano ancora in corso alla fine dell’anno. Nel 2004 in Lombardia una guardia carceraria è stata accusata di aver violentato un’immigrante albanese che si trovava sotto custodia. Alla fine dell’anno le indagini sul caso erano ancora in corso.

In aprile è iniziato il processo contro 29 poliziotti, tra cui vari funzionari di grado superiore, accusati di spergiuro, cospirazione o aggressione in connessione con un’incursione effettuata dalla polizia in un edificio usato dai dimostranti al summit del G-8 a Genova. In luglio il tribunale ha prosciolto due funzionari di polizia accusati di aver cospirato per fabbricare prove durante il raid. In ottobre è iniziato il processo contro 45 agenti di polizia accusati di "trattamento inumano o degradante" e aggressione nei confronti dei manifestanti durante la loro successiva detenzione. Il caso era ancora all’esame alla fine dell’anno.

L’indagine su un agente di polizia che nel 2004, mentre era fuori servizio, ha sparato a un ragazzo di 16 anni, ferendolo, era ancora in corso alla fine dell’anno.

In giugno è iniziato un processo contro tre agenti di polizia accusati di aver fatto eccessivo uso della forza e causato lesioni personali a varie persone durante il tentativo di allontanare un centinaio di attivisti dalla sala d’attesa di un pronto soccorso di Milano nel marzo 2003. Il processo era ancora in corso alla fine dell’anno. Quattro degli attivisti erano a loro volta indagati per atti di violenza contro la polizia.

 

d. Condizioni delle carceri e dei centri di detenzione

 

Sebbene le condizioni delle carceri nel complesso siano state ritenute conformi agli standard internazionali, le prigioni superaffollate e antiquate hanno continuato a rappresentare un problema. In giugno i detenuti erano 59.100, in un sistema carcerario concepito per contenerne 42.500. Nelle strutture più vecchie mancavano gli spazi per l’attività esterna o la ginnastica; in alcune prigioni mancava un’adeguata assistenza medica. Circa il 62 per cento dei carcerati stavano scontando una condanna; l’altro 38 per cento era costituito principalmente da detenuti in attesa di giudizio o dell’esito di un appello.

Nel corso dell’anno 91 prigionieri sono morti mentre si trovavano sotto custodia; 51 di loro avevano commesso suicidio.

I 20 centri di permanenza temporanea per immigranti illegali hanno continuato a essere sovraffollati. A volte il governo ha reso difficile l’accesso ai centri di permanenza alle organizzazioni non governative (Ong). Per esempio, in marzo sono arrivati via mare a Lampedusa nel giro di 2 giorni quasi 1.200 immigranti illegali, che sono stati inizialmente inviati presso un centro di permanenza attrezzato per contenere 190 persone. Il governo ha smistato i detenuti in altre strutture nel giro di pochi giorni, poi ha consentito l’accesso alle Ong. I detenuti in attesa di giudizio non venivano tenuti separati da quelli che scontavano condanne.

Il governo ha consentito alle organizzazioni indipendenti per i diritti umani, a parlamentari e ai media di visitare le strutture. Amnesty International (AI), la Commissione per i Diritti Umani dell’ONU, il Comitato dell’ONU contro la Tortura e il Relatore Speciale dell’ONU per la Tortura hanno compiuto regolari verifiche sul sistema giudiziario e carcerario del paese. Parecchi comuni hanno nominato dei funzionari indipendenti che si occupano di promuovere i diritti dei detenuti e facilitare l’accesso agli assistenti sanitari e ad altri servizi.

 

e. Arresti e detenzioni arbitrari

 

La legge proibisce arresti e detenzioni arbitrari, e in genere il governo ha rispettato queste proibizioni. Ruolo della polizia e dell’apparato di sicurezza

Il rispetto della legge e dell’ordine è stato di fatto mantenuto grazie a quattro diverse forze di polizia, che fanno capo a diverse autorità ministeriali o locali. La polizia nazionale e la guardia di finanza ricadono, rispettivamente, sotto la giurisdizione del ministero dell’Interno e di quello delle Finanze. È il ministero della Difesa a controllare i carabinieri, una forza di sicurezza che appartiene all’esercito; tuttavia è il ministero dell’Interno ad assumere il controllo delle unità dei carabinieri e della guardia di finanza quando queste intervengono per imporre il rispetto della legge. In circostanze eccezionali per garantire la sicurezza il governo può fare ricorso all’esercito, affidando a questo i compiti di polizia in certe aree locali, così da lasciare liberi di concentrarsi su altre operazioni carabinieri e polizia locale. Le accuse di corruzione delle forze di polizia sono state rare. In aprile 12 poliziotti sono stati accusati di corruzione, abuso di potere e spergiuro a causa dei loro contatti con associazioni criminali sulla base di informazioni raccolte tramite intercettazioni. Alla fine dell’anno le indagini sul caso erano ancora in corso.

Tanto il governo quanto il sistema giudiziario hanno svolto indagini sugli abusi e perseguito i poliziotti che hanno maltrattato le persone sotto custodia. In marzo è iniziato un processo contro 29 dei 31 agenti accusati nel 2003, sulla base di prove della loro condotta, di aver compiuto arresti illegittimi e aggressioni durante manifestazioni svoltesi a Napoli nel 2001 (vedi sezione 1.c.).

 

Arresto e detenzione

 

Per compiere un arresto è necessario un mandato emesso da un funzionario dovutamente autorizzato, a meno che esista un pericolo specifico e immediato a cui la polizia deve rispondere senza attendere il mandato. Entro 24 ore dalla detenzione di un sospetto il magistrato incaricato deve decidere se ci sono prove sufficienti per procedere all’arresto. Il giudice inquirente ha poi 48 ore per confermare l’arresto e raccomandare, ove lo ritenga, che il caso venga rinviato a giudizio, e nella pratica questo diritto a una rapida decisione giudiziaria è stato rispettato. In base alla legge ai detenuti è consentito accesso veloce e regolare ai legali di loro scelta e ai membri della famiglia. Lo stato fornisce un legale agli indigenti. In circostanze eccezionali -- abitualmente ove si tratti di figure della criminalità organizzata -- quando esiste il rischio che i rappresentanti legali possano tentare di manomettere le prove, il giudice inquirente può disporre di un massimo di cinque giorni per interrogare l’accusato prima che a questi sia consentito di contattare un avvocato. Non sono previste cauzioni; tuttavia i giudici possono concedere la libertà provvisoria ai sospettati in attesa di giudizio. Per evitare detenzioni ingiustificate, delle commissioni di giudici (tribunali della libertà) riesaminano regolarmente, su richiesta di chi è detenuto, i casi delle persone in attesa di giudizio e decidono se il protrarsi della detenzione è giustificato.

In luglio il presidente ha firmato, trasformandolo in legge dello Stato, un nuovo decreto antiterrorismo che raddoppia il tempo durante il quale la polizia può trattenere i sospetti senza incriminazione, portandolo a 24 ore; rende obbligatori gli arresti per i reati collegati ad attività terroristiche; facilita la deportazione delle persone sospettate di attività terroristiche senza l’intervento dei magistrati; consente alla polizia di prelevare ai sospetti campioni di DNA per procedere alla loro identificazione; rende più facile per i servizi di intelligence condurre intercettazioni; rende necessarie l’identificazione per l’acquisto di carte telefoniche e una licenza per operare un Internet cafe; allunga le pene previste per l’occultamento della propria identità nei luoghi pubblici e consente al governo di deportare i sospetti oggetto di indagini senza l’intervento del sistema giudiziario (i sospetti possono fare appello solo una volta che la deportazione è avvenuta), ed estende i motivi che rendono giustificata la deportazione a includere il caso in cui la presenza di una persona possa in qualche modo rappresentare un vantaggio per le attività o le organizzazioni terroristiche.

 

Non ci sono stati resoconti di detenuti politici.

 

La detenzione preventiva può essere imposta solo come ultima risorsa, se esiste prova chiara e convincente di un reato grave (come quelli che coinvolgono la Mafia o quelli relativi a terrorismo, droga, traffico d’armi o sovversione) che preveda una condanna massima non inferiore ai quattro anni, o laddove esista il rischio che un reato venga ripetuto o che vengano falsificate le prove. In questi casi è consentito un massimo di due anni di indagini preliminari. Salvo situazioni straordinarie, la custodia preventiva non è consentita nel caso di donne incinte, unici genitori di un bambino al di sotto dei 3 anni, persone al di sopra dei 70 anni o gravemente ammalate.

Le lunghe detenzioni in attesa di giudizio hanno rappresentato un grave problema. Un detenuto non può rimanere in carcere per un tempo più lungo della condanna massima che potrebbe essergli comminata. La durata massima della carcerazione in attesa di giudizio è di 2 anni per un reato che comporti una condanna massima di 6 anni; di 4 anni per un reato che comporti una condanna massima di 20 anni e di 6 anni per un reato che comporti una condanna massima superiore ai 20 anni. Nella prima metà dell’anno il 36 per cento dei detenuti in attesa di giudizio aspettava una sentenza definitiva; per un altro 27 per cento il processo non era ancora iniziato.

In maggio la corte di cassazione ha aumentato l’ammontare dell’indennizzo finanziario concesso dalla corte d’appello di Genova a un imprenditore che, accusato nel 1993, aveva passato sette anni e mezzo in carcere prima di essere assolto nel 2001 da una corte d’appello. Secondo alcuni esperti giudiziari, alcuni pubblici ministeri hanno fatto uso della detenzione in attesa di giudizio come strumento di pressione per ottenere una confessione.

 

Negazione di un giusto pubblico processo

 

La legge prevede un sistema giudiziario indipendente, e il governo in genere ha rispettato questa disposizione nei fatti; tuttavia, in gran parte dei casi si sono verificati lunghi ritardi nei processi, e l’impatto della criminalità organizzata sul sistema della giustizia penale ha reso più complicati i procedimenti giudiziari.

Ci sono tre livelli di giudizio. Un singolo giudice, o tribunale, esamina i casi in prima istanza. Al secondo livello altri tribunali valutano, utlizzando delle giurie, gli appelli relativi ai casi civili e penali. Le decisioni delle corti d’appello possono essere portate di fronte al tribunale di grado più alto, la corte di cassazione (Corte Suprema) di Roma, ma solo per ragioni legate alle specifiche di legge, senza entrare nel merito del caso. Una diversa corte costituzionale giudica quei casi che chiamano in causa possibili conflitti tra le leggi e la costituzione, o che implicano conflitti su doveri o poteri di diversi settori del governo.

In luglio il parlamento ha messo in atto una riforma giudiziaria, dopo aver emendato un precedente provvedimento di legge che era stato respinto dal presidente in quanto incostituzionale. La riforma ha modificato il percorso di carriera dei magistrati di professione (che precedentemente potevano rivestire sia il ruolo di pubblici ministeri che quello di giudici processuali/di corte d’appello), imponendo che diventino esclusivamente o pubblici ministeri oppure giudici, e ha condizionato la loro promozione al superamento di un esame; consente ai procuratori distrettuali di decidere la priorità dei casi; e attribuisce alla corte di cassazione la facoltà di avviare azioni disciplinari contro i magistrati che partecipino ad attività politiche, facciano trapelare informazioni alla stampa o ad altri, o comunque violino le regole della procedura giudiziaria. I magistrati hanno scioperato varie volte nel corso dell’anno per manifestare la loro ostilità a queste riforme.

 

Procedure processuali

 

La legge prevede il diritto a un giusto processo, e il sistema giudiziario indipendente ha generalmente garantito questo diritto. I processi sono pubblici e prevedono l’utilizzo di giurie. Gli imputati hanno diritto a un contatto tempestivo con un legale per approntare la difesa. Gli imputati possono opporsi e fare domande ai testimoni dell’accusa, e possono presentare testimoni e prove a proprio favore. Le prove a disposizione dei pubblici ministeri possono essere rese disponibili agli imputati e ai loro rappresentanti legali. La legge garantisce agli imputati la presunzione d’innocenza. Gli imputati possono fare appello contro i verdetti alla più alta corte d’appello.

Le istituzioni nazionali ed europee hanno continuato a criticare la lentezza della giustizia nel paese. Nel corso dell’anno si sono accumulati presso il Tribunale Europeo dei Diritti Umani più di 800 ricorsi che richiedevano al governo risarcimenti per l’eccessiva lentezza delle procedure. Per spiegare i ritardi, gli osservatori hanno citato varie ragioni: la mancanza di veri e propri limiti al protrarsi delle indagini che precedono il processo; il gran numero di reati minori inclusi nel codice penale; le disposizioni legali poco chiare e contraddittorie; e l’insufficienza delle risorse, tra cui un numero inadeguato di giudici. In gennaio il magistrato che presiede la corte di cassazione ha dichiarato che l’81 per cento dei reati denunciati è rimasto impunito. Nel 2004 ha precisato che il tempo medio per portare a compimento un processo civile è stato di otto anni, mentre un processo penale dura mediamente cinque anni.

I tribunali hanno avuto una notevole libertà d’azione nel determinare quando applicare le norme sulla prescrizione, e spesso gli imputati hanno tratto vantaggio dalla lentezza della giustizia per ritardare i processi presentando una quantità di istanze o appelli (vedi sezione 3). In dicembre il parlamento ha approvato delle leggi che riducevano la discrezionalità dei giudici nell’applicare le norme sulla prescrizione. I nuovi termini corrispondono alla condanna massima prevista per ciascun reato e non possono essere inferiori ai sei anni; la legge non si applica ai reati puniti con condanne a vita e non riguarda i casi giudiziari in corso. Inoltre le nuove disposizioni aumentano le pene per i reati collegati alla Mafia, accrescono fino a metà quelle per i recidivi, e consentono ai tossicodipendenti, alle persone di 70 anni e più o alle donne incinte di scontare la condanna agli arresti domiciliari. La legge potrà chiarire i problemi relativi alle norme della prescrizione, ma non è ancora chiaro che effetto avrà sul sovraffollamento delle carceri.

 

Prigionieri politici

 

Non ci sono stati resoconti di prigionieri politici.

 

Interferenze arbitrarie con la privacy, la famiglia, la vita domestica o la corrispondenza

 

La legge proibisce tali atti, e nella realtà dei fatti in genere il governo ha rispettato queste proibizioni. In genere si è potuto procedere alle perquisizioni e ai controlli elettronici solo a seguito di un mandato giudiziario e in circostanze ben definite; tuttavia, il nuovo decreto antiterrorismo ha reso più facile alle agenzie di intelligence ottenere il permesso di condurre intercettazioni.

 

Rispetto per le libertà civili, tra cui:

 

a. Libertà di parola e di stampa

 

La legge garantisce la libertà di parola e di stampa, e nei fatti il governo ha in genere rispettato questi diritti e non ha limitato la libertà accademica. Tuttavia, il potere giudiziario autonomo si è dimostrato sensibile di fronte alle fughe di notizie investigative e alle critiche della stampa e ha imposto multe per diffamazione.

Durante l’anno il presidente di un’associazione musulmana ha presentato querela per diffamazione contro la scrittrice Oriana Fallaci per la pubblicazione di un libro ritenuto oltraggioso nei confronti dell’Islam. La magistratura ha inizialmente ordinato l’archiviazione del caso, ma successivamente un giudice l’ha rinviato a giudizio a Bergamo. Un’udienza è prevista per il giugno 2006. Il libro è in vendita in tutto il paese.

Esistono approssimativamente 80 giornali, 8 dei quali hanno diffusione nazionale; la famiglia del primo ministro Berlusconi ne controllava 2.

I critici lamentavano il fatto che il primo ministro Berlusconi controllava direttamente o indirettamente sei dei sette canali televisivi a diffusione nazionale del paese. Anche se, attraverso la sua società Fininvest, nel corso dell’anno ha venduto il 17 per cento delle sue azioni, il primo ministro Berlusconi ha continuato a detenere un interesse maggioritario in Mediaset, proprietaria di tre canali, mentre la rete di proprietà statale RAI controllava gli altri tre. I tre canali RAI e le altre reti trasmettevano un’ampia varietà di opinioni che riflettevano l’intera gamma delle posizioni politiche del paese, ma le dispute sulla partigianeria delle trasmissioni ha continuato a sollecitare frequenti dibattiti politici.

La ONG Reporter senza Frontiere e l’unione dei giornalisti hanno criticato le varie azioni giudiziarie dirette contro i giornalisti. In maggio un pubblico ministero ha ordinato alla guardia di finanza di condurre una ricerca nell’ufficio di un giornale nazionale e interrogare alcuni giornalisti per accertare la fonte di un articolo sul traffico delle armi. Né il giornale né il pubblico ministero hanno preso ulteriori provvedimenti in merito al caso. I critici hanno notato la contraddizione tra le diverse leggi che tutelano la riservatezza delle fonti giornalistiche e un’altra legge che autorizza i magistrati a condurre indagini sulle fonti giornalistiche.

Durante l’anno i politici e i loro sostenitori hanno presentato varie querele per diffamazione. In febbraio il Presidente Ciampi ha concesso la grazia a un vecchio giornalista e senatore di 77 anni che era stato condannato a 29 mesi di carcere per diffamazione. In aprile è iniziato un processo contro tre giornalisti di un quotidiano nazionale accusati di aver diffamato il leader di un partito politico nel 2003. In marzo un giudice ha fatto cadere le accuse presentate da cinque magistrati contro un giornalista che aveva scritto un articolo sul presunto uso politico di testimoni voltagabbana in collegamento con i procedimenti giudiziari contro l’ex primo ministro Andreotti. In luglio il primo ministro Berlusconi ha presentato querela contro un giornalista inglese per le accuse di attività criminali e corruzione politica contenute in un libro; Berlusconi chiede 1,17 milioni (un milione di euro) di risarcimento.

Il governo in genere non ha limitato l’accesso a Internet; ha tuttavia potuto bloccare dei siti Internet con base all’estero quando contravvenivano alle leggi nazionali. Con il nuovo decreto antiterrorismo, per gestire un Internet cafe è divenuto necessario disporre di una licenza. Non ci sono state restrizioni da parte del governo alla libertà accademica.

 

b. Libertà di riunione e associazione pacifica

 

La legge garantisce la libertà di riunione e associazione, e nella realtà dei fatti il governo in genere ha rispettato questi diritti.

 

c. Libertà di culto

 

La legge garantisce la libertà di culto, e nei fatti in genere il governo ha rispettato questo diritto. Non esiste una religione di stato; tuttavia, uno storico accordo tra la Chiesa Cattolica Romana e il governo, aggiornato nel 1984, garantisce alla Chiesa determinati privilegi. Per esempio, la Chiesa può scegliere gli insegnanti di religione cattolica, e i loro compensi sono pagati dallo stato. La legge autorizza il governo a entrare in relazione con gruppi religiosi non-cattolici a seguito di un accordo (intese), sulla base del quale il governo può fornire sostegno (anche finanziario) alla religione; questi accordi sono volontari, avviati da gruppi religiosi, e non interferiscono con le pratiche religiose. Il governo ha firmato accordi con vari gruppi religiosi di minoranza. Alla fine dell’anno l’Unione Buddisti e i Testimoni di Geova attendevano la ratifica parlamentare di accordi con il governo.

Le donne musulmane sono libere di indossare il velo negli uffici pubblici e nelle scuole; di tanto in tanto sono tuttavia giunti resoconti di obiezioni da parte del governo o del pubblico a che le donne portassero il burqah (indumento che copre completamente il viso e il corpo). Il nuovo decreto antiterrorismo (vedi sezione 1.d.) ha raddoppiato le pene esistenti, che da 6 mesi di prigione e una multa compresa tra i 600 e i 1.200 dollari (tra 500 e 1000 euro) sono passate a 1-2 anni di prigione e una multa di 1.200-2.400 dollari (tra 1.000 e 2.000 euro) per la violazione di una legge risalente al 1931 e ora aggiornata che proibisce agli individui di nascondere la loro identità (indossando un casco da motociclista o altri indumenti come il burqah).

In settembre il governo ha usato il nuovo decreto antiterrorismo per espellere dalle loro sedi l’imam di Torino e il vice presidente del Centro Culturale Musulmano di Como, con la motivazione che stavano predicando l’odio e la violenza e reclutando terroristi. Il permanere di simboli cattolici, come i crocifissi, in molti uffici governativi, tribunali e altri edifici pubblici ha provocato critiche ed è stato oggetto di vertenze legali.

 

Abusi e discriminazioni sociali

 

I circa 30 mila ebrei del paese disponevano di sinagoghe in 21 città. Non ci sono stati violenti attacchi antisemiti, ma i pregiudizi sociali contro l’ebraismo hanno continuato e sui muri di alcune città sono comparse svastiche. Il governo ha tenuto incontri per educare alla consapevolezza dell’Olocausto e combattere l’antisemitismo in Europa.

Per una discussione più dettagliata, vedi il Rapporto Internazionale sulla Libertà Religiosa 2005, pubblicato dal Dipartimento di Stato. 2005 International Religious Report.

d. Libertà di movimento all’interno del paese, viaggi all’estero, emigrazione e rimpatrio

La legge prevede questi diritti, e in generale il governo li ha di fatto rispettati.

La legge proibisce l’esilio forzato e il governo non ne ha fatto uso.

 

Protezione dei rifugiati

 

La legge prevede la concessione dell’asilo o dello status di rifugiato come stabilito dalla Convenzione ONU del 1951 in merito allo Status dei Rifugiati e al suo protocollo del 1967, e il governo ha stabilito un sistema per offrire protezione ai rifugiati. In pratica, il governo ha offerto protezione contro il refoulement, il rimpatrio delle persone verso un paese in cui temevano di essere perseguitati. Il governo ha garantito lo status di rifugiato ovvero l’asilo.

Il governo ha inoltre fornito protezione temporanea a individui che non potevano qualificarsi come rifugiati in base alla convenzione del 1951 e al protocollo del 1967, garantendo tale protezione, nel corso dell’anno, a 2.352 persone.

Il governo ha cooperato con l’ufficio dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati e con altre organizzazioni umanitarie nel campo dell’assistenza ai rifugiati, e ha fornito protezione temporanea ai rifugiati in fuga da contesti ostili o disastri naturali. A questi rifugiati sono stati concessi permessi di residenza temporanei, che tuttavia dovendo essere rinnovati periodicamente non potevano assicurare una residenza permanente in futuro.

Alla maggioranza degli immigrati illegali è stato negato l’accesso alle frontiere. Quelli che sono entrati, di solito via mare, sono stati inviati a centri di permanenza temporanea ed è stato un magistrato a determinare se l’immigrato illegale doveva essere deportato (per quelli di cui si poteva accertare l’identità), se doveva essere emessa un’ordinanza di espulsione (per coloro la cui identità non era stata accertata), o se lo si doveva accogliere avviando una procedura per la concessione dell’asilo. Ad alcune ONG è stato a volte negato l’accesso ai centri di permanenza per controllare le procedure di asilo.

 

Rispetto dei diritti politici

 

La legge dispone che i cittadini abbiano il diritto di cambiare pacificamente il loro governo, e i cittadini hanno di fatto esercitato questo diritto tramite elezioni periodiche, libere e corrette, tenute in base al criterio del suffragio universale.

 

Elezioni e partecipazione politica

 

L’autorità esecutiva è attribuita al Consiglio dei Ministri, guidato dal presidente del consiglio (il primo ministro). Il capo dello stato (il presidente della repubblica) nomina il primo ministro dopo aver consultato i leader di tutte le forze politiche del parlamento. Le ultime elezioni parlamentari nazionali (che servono a stabilire chi sarà presidente e primo ministro), tenute nel 2001, sono state considerate libere e corrette. Erano presenti numerosi partiti politici che operavano senza restrizioni da parte del governo.

Vi erano 25 donne al senato, su un totale di 315 seggi, e 63 donne nella camera dei deputati, su un totale di 630 seggi, e le donne occupavano 2 cariche su 25 all’interno del governo. Per la prima volta il ministero degli Affari Esteri ha promosso due donne al rango di ambasciatore di grado superiore (delle 20 attivamente in servizio in questa categoria).

Le uniche minoranze legalmente definite sono linguistiche -- i valdostani di lingua francese e gli altoatesini/suditirolesi di lingua tedesca. Durante l’anno ci sono stati 6 membri delle minoranze linguistiche nei 315 seggi del senato e 5 nella camera dei deputati con 630 seggi. In una società ampiamente omogenea, gli immigranti rappresentavano circa il 4 per cento della popolazione, e meno di metà di loro veniva definita come minoranza etnica/razziale. Non vi erano membri dei nuovi gruppi di immigranti né al senato, né nella camera dei deputati, né nel governo.

 

Corruzione e trasparenza del governo

 

Ci sono stati isolate denunce di corruzione governativa durante l’anno, e il pubblico in generale era convinto che i politici fossero corrotti. Secondo i resoconti stampa, tra il novembre del 2003 e il novembre del 2004 un tribunale speciale che si occupava di questioni finanziarie ha emesso 154 mandati di comparizione in risposta alle lamentele di privati cittadini e pubblici funzionari riguardanti accuse di corruzione o concussione nella pubblica amministrazione. Non è stato reso noto il numero dei casi rinviati a un pubblico ministero per ulteriori provvedimenti.

In luglio i pubblici ministeri hanno rinviato a giudizio 148 persone in relazione a un piano del 1999 per evitare il servizio militare corrompendo dei funzionari. Alla fine dell’anno il processo non si era concluso.

La task force indipendente anti corruzione ha iniziato a operare nell’ottobre 2004. Alla fine dell’anno aveva raccolto le lamentele di 50 cittadini in merito a vari casi di presunta corruzione e iniziato un’indagine sul modo in cui vengono assunti i professori nelle università dello stato.

Spesso gli imputati hanno tratto vantaggio dalla lentezza della giustizia per ritardare i processi presentando una quantità di istanze o appelli. In maggio, in un caso di alto livello, i tribunali hanno fatto cadere un’accusa di corruzione contro il primo ministro Berlusconi che si riferiva a fatti dell’inizio degli anni Novanta riguardanti l’acquisto di un’importante casa editrice; la corte ha deciso che erano scaduti i termini previsti dalle norme sulla prescrizione. In ottobre una corte di Milano ha prosciolto il primo ministro Berlusconi dall’accusa secondo cui una delle sue società (Fininvest) avrebbe compiuto dei falsi in bilancio tra il 1989 e il 1995; la corte ha deciso che il caso non rientrava nei termini previsti dalle norme di prescrizione. In dicembre l’ex avvocato del primo ministro Berlusconi ed ex ministro della difesa è stato ritenuto colpevole di corruzione e condannato a cinque anni di carcere da una corte d’appello; nel caso erano implicati un giudice e la società di holding del primo ministro; l’avvocato ha presentato appello contro la sentenza alla corte di cassazione. Nel 2001 il governo Berlusconi ha passato una legge che accelera i tempi della prescrizione per questo tipo di reati.

La legge garantisce ai cittadini il diritto di accedere ai documenti governativi e di essere informati dei procedimenti amministrativi. Con alcune eccezioni per questioni di sicurezza, il governo e le autorità locali hanno di fatto rispettato questo diritto.

 

Atteggiamento del governo nei confronti delle indagini internazionali e non governative su presunte violazioni dei diritti umani

 

Era presente una grande varietà di gruppi nazionali e internazionali per la tutela dei diritti, che in genere operavano senza restrizioni da parte del governo, indagando e pubblicando quanto emergeva sui casi relativi ai diritti umani. I funzionari governativi si dimostravano cooperativi e solleciti nel confrontarsi con le loro posizioni.

 

Discriminazione sociale e abusi, traffici di esseri umani

 

La legge proibisce la discriminazione su base razziale, sessuale (salvo nel caso di lavori pericolosi), di background etnico o di opinione politica, e garantisce determinate protezioni contro le discriminazioni causate da disabilità, lingua o status sociale, e il governo in generale ha fatto valere queste proibizioni. Persistevano, tuttavia, discriminazioni sociali e violenze contro le donne, i disabili, le minoranze e i Rom.

 

Donne

 

Le violenze contro le donne, e tra queste le violenze coniugali, rimanevano un problema. La ONG Telefono Rosa, che mette a disposizione una hot line con la quale le donne che subiscono violenza possono ottenere assistenza legale, medica e altro, ha riferito che nel 13 per cento dei casi le chiamate ricevute erano attinenti a violenze sessuali, il 37 per cento a violenze fisiche nell’abitazione, mentre più del 31 per cento delle chiamate concernevano casi di violenza psicologica. Telefono Rosa ha riferito di aver ricevuto una media di seicento chiamate al mese. Nel 2004 il magistrato che presiede la corte di cassazione ha dichiarato che il numero delle denunce per casi di violenza sessuale e sfruttamento delle donne è aumentato del 48 per cento rispetto al 2003. Una parte di questo aumento è stato attribuito al successo di nuove campagne per la sensibilizzazione del pubblico, che hanno incoraggiato le vittime a denunciare i reati.

La legislazione protegge le donne dalla violenza fisica, anche da parte dei membri familiari, garantisce che chi compie atti di violenza contro le donne sia perseguito, e garantisce l’anonimato delle vittime. Le autorità preposte all’applicazione della legge e quelle giudiziarie non si sono mostrate riluttanti a perseguire chi compie atti di violenza contro le donne, ma a volte le vittime non hanno presentato denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge. Secondo il Telefono Rosa, circa tre su quattro tra le donne che hanno subito violenza hanno rifiutato di denunciarla alle autorità, e tra quelle che l’hanno denunciata una su cinque ha successivamente ritirato la propria querela.

La violenza sessuale, inclusa quelle coniugale, è illegale, e il governo ha fatto rispettare la legge in modo efficace. Nel 2003 sono stati denunciati 4.526 casi di stupro, sono state accusate 3.522 persone e 1.478 sono state condannate.

Gli atti individuali di prostituzione nelle residenze private sono legali. È legale per gli adulti adescare o pagare per atti di prostituzione. È invece illegale gestire un bordello, trafficare in esseri umani o avere rapporti sessuali con un minore. Il traffico di donne destinate allo sfruttamento sessuale è rimasto un problema (vedi sezione 5, traffico).

In base alla legge i cittadini e i residenti permanenti privi di cittadinanza che hanno compiuto turismo sessuale, anche all’estero, possono essere processati e condannati nei tribunali nazionali, anche se il reato non è considerato tale nella nazione in cui si è verificato. Il paese ha inoltre quello che è considerato un codice di condotta modello per le agenzie turistiche per contribuire a combattere il turismo sessuale. Nel 2003 due individui sono stati rinviati a giudizio per turismo sessuale; alla fine dell’anno i processi non si erano ancora conclusi. Quattro persone sono state accusate di aver organizzato dei viaggi in Brasile che includevano i servizi sessuali di ragazze di età dai 12 ai 17 anni.

Le molestie sessuali sono illegali, e il governo ha fatto rispettare in modo efficace la legge. In maggio il governo ha emanato un decreto che qualifica come reato i comportamenti offensivi a livello emotivo basati sulla discriminazione sessuale; il provvedimento era stato concepito per combattere le molestie sessuali sul posto di lavoro.

In base alla legge le donne godono degli stessi diritti degli uomini, inclusi quelli riconosciuti dal diritto familiare, dal diritto alla proprietà e nell’ambito del sistema giudiziario.

Secondo La Commissione Europea, la discrepanza tra le retribuzioni degli uomini e delle donne raggiungeva di media il 6 per cento. Le donne erano sottorappresentate in molti campi, come il management, le attività imprenditoriali e le professioni. Secondo il consiglio superiore della magistratura il 40 per cento dei magistrati è di sesso femminile, ma la percentuale delle donne tra i membri della corte suprema raggiunge solo il 3 per cento.

Vari uffici governativi operavano per assicurare i diritti delle donne. C’è una donna alla guida del ministero per le Pari Opportunità, e c’è una commissione per le pari opportunità presso l’ufficio del primo ministro. Il ministero del Lavoro dispone di una commissione simile, che è focalizzata sui diritti delle donne e sul tema della discriminazione sul posto di lavoro. Molte ONG, gran parte delle quali erano affiliate a unioni sindacali e partiti politici, promuovevano attivamente e in modo efficace i diritti delle donne.

 

Infanzia

 

Il governo dimostrava il proprio impegno per i diritti e il benessere dell’infanzia. La scuola è libera e obbligatoria per i bambini di età dai 7 fino ai 18 anni; coloro che non possono (o non vogliono) continuare gli studi possono passare all’addestramento professionale all’età di 15 anni. Nel 2004 il ministro per l’Istruzione ha dichiarato che l’83,2 per cento dei bambini di età dai 15 ai 18 anni frequentava la scuola secondaria. Non esistevano differenze nel trattamento e nella frequenza tra ragazze e ragazzi ai livelli primario, secondario e post-secondario. Il completamento della scuola secondaria era il livello più alto conseguito da gran parte dei ragazzi.

 

Il paese garantisce a tutti i cittadini l’assistenza sanitaria gratuita a spese dello stato.

 

La violenza sull’infanzia rappresentava un problema; nel 2004 la ONG Telefono Azzurro ha ricevuto approssimativamente 376 mila chiamate in relazione a violenze su minori. Circa il 5 per cento dei casi coinvolgeva abusi sessuali, il 14 per cento atti di violenza fisica e il 13 per cento violenza psicologica. Nel 59 per cento dei casi le vittime erano di sesso femminile; il 46 per cento di queste avevano 10 anni o meno. Nel 2004 il magistrato che presiede la corte di cassazione ha riferito che le denunce per violenza sessuale e sfruttamento dell’infanzia sono aumentate del 28 per cento in raffronto al 2003. Nei primi 6 mesi del 2004, le autorità giudiziarie hanno registrato 349 accuse di abusi sessuali contro minori e accusato di violenza sessuale 392 persone. Tra il 2001 e il 2003 il governo ha finanziato 144 progetti portati avanti dalle ONG per migliorare le relazioni tra genitori e figli e combattere la violenza sui minori.

Le ONG ritenevano che dall’8 al 10 per cento delle persone coinvolte nella prostituzione fossero minori. Un centro di ricerca indipendente reputava che ci fossero tra 1.800 e 3.000 minori che lavoravano nella prostituzione di strada, di cui tra i 1.500 e i 2.300 erano stati introdotti nel paese illegalmente e costretti a esercitare la prostituzione (vedi sezione 5, Traffico di esseri umani).

Nel 2002 il governo ha creato un comitato interministeriale, presieduto dal Ministro per le Pari Opportunità, per coordinare la lotta contro la pedofilia. Nella prima metà dell’anno un’unità speciale della polizia ha controllato 27.200 siti web; 769 persone sono state indagate per reati che implicano pornografia infantile on line e 21 di loro sono state arrestate.

 

Traffico di esseri umani

 

La legge proibisce il traffico di esseri umani; tuttavia, esseri umani sono stati trafficati nel, dal, e all’interno del paese. Secondo il governo e le fonti ONG, circa duemila nuove vittime sono state fatte entrare nel paese e spostate al suo interno nel 2004. La legge prevede condanne da 8 a 20 anni di carcere per il traffico di esseri umani e la riduzione in schiavitù. Nei casi di condanne in cui le vittime erano minori destinati alla prostituzione, le condanne aumentano secondo una proporzione che va da un terzo alla metà. La legge prevede per i trafficanti condizioni speciali di prigionia, concepite per limitare la possibilità dei criminali di continuare le loro operazioni dal carcere. Il numero di persone indagate per traffico di essere umani è diminuito dalle 2.231 del 2003 alle 1.861 del 2004, ma gli arresti sono aumentati da 328 a 341; il numero di incriminazioni è aumentato da 59 a 120 e le condanne rispettivamente da 32 a 77. Il governo ha inoltre cooperato con i governi stranieri, inclusi quelli di Nigeria, Ucraina, Bulgaria e Moldavia, per indagare e perseguire i casi di traffici.

In marzo la polizia ha posto fine all’attività di tre reti per il traffico di esseri umani nella parte nord del paese e arrestato 12 albanesi e un bulgaro per aver prelevato con l’inganno degli studenti rumeni e aver usato mezzi di coercizione violenta per venderli a bande di albanesi per la prostituzione. Le indagini sul caso erano ancora in corso alla fine dell’anno.

In giugno la polizia della Calabria, in cooperazione con le autorità bulgare, ha arrestato 25 individui italiani e bulgari con l’accusa di traffico di esseri umani, cospirazione criminale, rapimento e violenza sessuale. A quanto riportato i componenti della banda avevano introdotto nel paese fino a 70 persone a settimana, che poi costringevano a lavorare come pastori, operai nelle fabbriche e nel mondo della prostituzione. Le indagini sul caso erano ancora in corso alla fine dell’anno.

In dicembre la polizia ha arrestato un rumeno con l’accusa di aver sfruttato 9 bambini Rom, di età compresa tra i 6 e i 14 anni, prelevandoli in un campo profughi ogni mattina e costringendoli a mendicare nelle strade.

Le indagini sui traffici di esseri umani del 2004 qui di seguito elencate, ancora in corso alla fine dell’anno, riguardano: un padre rumeno che vendeva le prestazioni sessuali del suo bambino di 10 anni alla periferia di Milano; due albanesi, un egiziano, un pakistano e un italiano implicati nei traffici di donne dai paesi dell’Est europeo per la prostituzione; sei bulgari che accompagnavano donne bulgare nel paese perché dessero alla luce bambini che sarebbero stati venduti a famiglie italiane per 13.500 dollari (10 mila euro) ciascuno; 12 persone, tra cui 2 funzionari di polizia, che sono stati arrestati a Sassari e accusati di traffico di esseri umani destinati alla prostituzione e falsificazione di documenti; e quattro persone accusate di aver organizzato viaggi di turismo sessuale in Brasile che prevedevano i servizi sessuali di ragazze dai 12 ai 17 anni di età.

Secondo il governo e una ONG, nel 2003 sono state vittime del traffico di esseri umani circa 2 mila persone; si ritiene che una percentuale compresa tra l’8 e il 10 per cento fosse di minore età.

Il paese costituiva una destinazione e un punto di transito per le vittime dei traffici. I traffici di persone a scopo di sfruttamento sessuale coinvolgeva immigranti, soprattutto dalla Nigeria, il Nord Africa, l’Europa Orientale, la Cina e il Sud America. Secondo i resoconti stampa più dell’85 per cento delle prostitute nel paese erano immigrate, principalmente dalla Nigeria e dall’Europa Orientale.

Le vittime dei traffici che subivano lo sfruttamento sessuale dovevano affrontare i conseguenti rischi derivanti dall’attività sessuale non sicura o non protetta. Le vittime dei traffici che lavoravano nella regione Toscana in condizioni di sfruttamento erano potenzialmente esposte a sostanze chimiche pericolose nell’industria della lavorazione del pellame.

Responsabili di gran parte dei traffici verso il paese erano i gruppi criminali organizzati; i giri di prostituzione spostavano regolarmente le vittime dei traffici da una città all’altra per evitare l’arresto.

Di solito le vittime dei traffici erano attratte verso l’Europa Occidentale con la promessa di un lavoro, o vendute dai parenti, amici o conoscenze. Erano poi costrette alla prostituzione, a lavorare in ristoranti o aziende che sfruttano i dipendenti oppure a mendicare nelle strade. I trafficanti li costringevano a obbedire prelevando loro i documenti, percuotendoli e sottoponendoli a violenze sessuali, oppure minacciando le loro famiglie. In genere i funzionari del governo non hanno partecipato a, facilitato, o condonato i traffici.

La legge prevede che alle persone che cercano di sottrarsi ai loro sfruttatori venga assegnata una residenza temporanea o un permesso di lavoro. Le vittime sono state incoraggiate a presentare denuncia, cosa che possono fare senza alcun impedimento legale. In base alla legge, le prostitute che si qualificano ufficialmente come vittime di traffici ricevono numerosi vantaggi, tra cui la residenza, sia che abbiano presentato denuncia o no. Gli immigranti illegali, quando vengono catturati, in genere devono affrontare la deportazione. Le ONG hanno accusato il governo perché non consentiva, tra la cattura e la deportazione degli immigranti illegali, un tempo sufficiente per valutare se tra loro ci fossero vittime di traffici.

Il governo forniva assistenza legale e medica alle persone riconosciute come vittima del traffico di esseri umani. Vi erano rifugi e programmi di addestramento professionale. Esistevano inoltre programmi di assistenza e incentivi per coloro che desideravano tornare ai loro paesi di provenienza; nel 2003 sono state rimpatriate 47 vittime che avevano deciso di rientrare in patria. La ONG nazionale dei Servizi Sociali Internazionali ha prestato assistenza per il rimpatrio degli immigranti di minore età non accompagnati.

La legge consente ai magistrati di sequestrare i beni dei trafficanti condannati, per finanziare l’assistenza legale, l’addestramento professionale e altre iniziative utili all’integrazione sociale delle vittime dei traffici.

Il governo, insieme ad altri governi e ONG, ha messo in atto campagne di sensibilizzazione. La legge sollecita il ministero degli Esteri, insieme al ministero delle Pari Opportunità, a stringere ulteriori accordi per combattere i traffici con i paesi da cui questi hanno origine.

 

Persone con disabilità

 

La legge proibisce la discriminazione contro le persone con disabilità nel lavoro, l’istruzione, nell’accesso all’assistenza sanitaria o l’erogazione di altri servizi statali, e il governo ha effettivamente fatto rispettare questi disposizioni; c’è tuttavia stata qualche discriminazione sociale. Anche se la legge impone che le persone con disabilità possano avere accesso agli edifici, queste sono rimaste svantaggiate a causa delle barriere meccaniche esistenti, particolarmente nei trasporti pubblici. La responsabilità della tutela dei diritti delle persone con disabilità spettava al ministero del Lavoro e del Welfare.

In agosto i carabinieri hanno chiuso una struttura di assistenza privata per malati di mente a Reggio Calabria per infrazioni alle norme strutturali, sanitarie e di sicurezza. In giugno la linea aerea nazionale ha rifiutato di far salire a bordo un disabile, affermando che avrebbe causato ritardi a detrimento degli altri passeggeri. Dei 500 mila lavoratori con disabilità registrati presso i centri di pubblico impiego, solo il 4,8 per cento ha trovato un lavoro.

 

Minoranze nazionali/razziali/etniche

 

La polizia ha continuato a maltrattare i giovani immigranti e i Rom. Una ONG (Opera Nomadi) ha riferito che non c’erano stati casi di abusi contro i Rom, ma la discriminazione sociale ha continuato a influire sui servizi del governo nel campo sanitario e dell’istruzione e sulle richieste di cittadinanza.

I sondaggi della pubblica opinione mostravano una crescente prevalenza di atteggiamenti negativi verso gli immigranti, soprattutto tra i giovani e nel nord del paese. Gli immigranti ritenevano di subire discriminazioni sul lavoro.

Quanto al numero di Rom presenti nel paese, non esistevano statistiche accurate. Le ONG ritenevano che ce ne fossero 120 mila, fino all’80 per cento dei quali potrebbe ottenere la cittadinanza, concentrati nelle periferie estreme delle aree urbane nelle regioni centrali e meridionali del paese, in campi caratterizzati da alloggi miseri, mancanza di adeguate condizioni igieniche, limitate prospettive di impiego, strutture per l’istruzione inadeguate e assenza di una consistente presenza della polizia. Di fronte alla prospettiva di un reddito esiguo e scarse opportunità di lavoro, e subendo maltrattamenti, alcuni Rom si sono dati all’accattonaggio o alla piccola criminalità, e questo ha portato a misure repressive da parte della polizia e di alcune autorità giudiziarie.

L’Ufficio per la Lotta alla Discriminazione Razziale ed Etnica del ministero delle Pari Opportunità ha fornito assistenza alle vittime. Tra il dicembre e l’agosto 2004 ha ricevuto sulla sua hot line telefonica 298 segnalazioni di episodi di discriminazione contro minoranze etniche. La maggioranza delle denunce si riferiva a questioni di retribuzione e lavoro straordinario e pubbliche discriminazioni. L’Ufficio ha fornito assistenza mediando le controversie.

 

Altri abusi e discriminazioni sociali

 

C’è stata almeno un’accusa di discriminazione ufficiale nei confronti degli omosessuali. In giugno è iniziato un processo contro un omosessuale che ha affermato che i dipendenti dei ministeri della Difesa e dei Trasporti gli avevano revocato la patente di guida a causa del suo orientamento sessuale. Il processo era ancora in corso alla fine dell’anno.

 

Diritti dei lavoratori

 

a. Il diritto d’associazione

 

Le legge garantisce il diritto di organizzare, partecipare a, e svolgere attività sindacali nel luogo di lavoro senza previa autorizzazione o eccessivi requisiti, e nella pratica i lavoratori hanno esercitato questi diritti. I sindacati hanno affermato di rappresentare tra il 35 e il 40 per cento della forza lavoro.

 

b. Diritto di organizzarsi e condurre negoziati collettivi

 

La legge consente ai sindacati di svolgere le loro attività senza interferenze, e nella pratica il governo ha protetto questo diritto. La legge prevede il diritto dei lavoratori di organizzarsi e condurre negoziati collettivi, e i lavoratori hanno di fatto esercitato questo diritto. Approssimativamente il 35 per cento della forza lavoro svolgeva la propria attività nell’ambito di un accordo negoziato collettivamente, ma anche quelli che, pur non aderendo al sindacato, lavorano insieme ai dipendenti che ne fanno parte potevano godere dagli stessi accordi. La legge prevede il diritto allo sciopero, e i lavoratori hanno esercitato questo diritto conducendo scioperi legittimi. La legge prevede restrizioni agli scioperi che hanno effetto sui servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienici e sanitari), per i quali rende necessario un preavviso più lungo e proibisce gli scioperi multipli a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Non esistono aree per il trattamento dei prodotti d’esportazione.

 

c. Proibizione del lavoro forzato o coatto

 

La legge proibisce il lavoro forzato o coatto, incluso quello infantile; tuttavia secondo alcune denunce si sono verificati dei casi di questo tipo (vedi sezione 5). La polizia ha periodicamente scoperto immigranti clandestini cinesi che lavoravano nelle fabbriche in tutto il paese, particolarmente nella vasta comunità cinese della Toscana.

 

d. Proibizione del lavoro minorile ed età minima per l’avvio al lavoro

 

Il governo ha posto in atto leggi e politiche generalmente concepite allo scopo di proteggere i bambini dallo sfruttamento sul posto di lavoro; tuttavia il lavoro infantile è rimasto un problema. La legge proibisce l’impiego di bambini al di sotto dei 15 anni (con alcune limitate eccezioni), e ci sono specifici limiti all’occupazione in attività rischiose o malsane per gli uomini al di sotto dei 18 anni e le donne al di sotto dei 21, e nei fatti queste leggi in genere sono state fatte rispettare in modo efficace. Tuttavia nel vasto settore dell’economia sommersa è stato difficile imporre il rispetto dell’età minima o di altre leggi a protezione dell’infanzia. Secondo un centro di ricerca indipendente, il numero dei bambini che durante l’anno hanno lavorato almeno occasionalmente ammontava approssimativamente a 460 mila, mentre 70 mila lavoravano per almeno 4 ore al giorno. Nel 2002 L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha riferito che approssimativamente 31.500 bambini -- di età compresa tra gli 11 e i 14 anni -- lavoravano nel settore agricolo (soprattutto ragazzi) e negli alberghi, caffè e ristoranti delle città (soprattutto ragazze). Questo lavoro minorile aveva luogo primariamente all’interno della famiglia, e non si ponevano problemi di maltrattamenti. Tuttavia, a quanto ha affermato l’ISTAT, i maltrattamenti e lo sfruttamento costituivano un problema per il lavoro minorile che si svolgeva al di fuori dell’ambito familiare, particolarmente per i figli degli immigranti.

Nel paese hanno continuato ad entrare illegalmente moltissimi bambini destinati al lavoro, provenienti dal Nord Africa, Filippine, Albania e Cina. Molti bambini lavoravano insieme al resto delle loro famiglie per produrre sciarpe, borse e imitazioni di vari prodotti di marca.

Il governo, le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati hanno continuato la loro cooperazione a tre in merito al lavoro infantile. Spetta al ministero del Lavoro, che opera insieme a polizia e i carabinieri, far rispettare le leggi sul lavoro minorile, ma gli sforzi compiuti sono stati in genere inefficaci. Nella prima metà dell’anno, il ministero del Welfare ha condotto ispezioni in 2.311 aziende e ha scoperto 2.276 italiani di età compresa tra i 14 e i 18 anni, e 259 stranieri. Il ministero ha multato le aziende per violazioni delle norme che prevedono controlli medici periodici (600 casi), rispetto degli orari di lavoro e delle ferie (158 casi) ed età minima (84 casi di impiego di bambini al di sotto dei 15 anni)

 

e. Condizioni di lavoro accettabili

 

La legge non fissa le retribuzioni minime, che sono invece fissate tramite negoziati collettivi settore per settore. Nella maggior parte delle industrie la retribuzione minima consentiva uno standard di vita dignitoso al lavoratore e alla sua famiglia. Per la definizione delle retribuzioni, i giudici di fatto imponevano il rispetto dei contratti collettivi.

La settimana legale di lavoro è di 40 ore. Il lavoro straordinario non può superare le 2 ore al giorno o una media di 12 ore a settimana. A meno che non sia limitata da un contratto collettivo, la quantità massima di lavoro straordinario consentita nelle aziende del settore industriale è fissata per legge a non più di 80 ora per trimestre e 250 ore all’anno. I periodi di riposo non possono obbligatoriamente essere inferiori a un giorno a settimana e 11 ore al giorno. Per gli straordinari è richiesta una retribuzione maggiore. Questi standard sono stati fatti rispettare in modo efficace.

La legge dispone i criteri di base in campo sanitario e della sicurezza, e fissa le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni sul lavoro. Gli ispettori del lavoro facevano parte del servizio sanitario nazionale o del ministero del Lavoro, ma erano in numero troppo scarso rispetto al compito loro attribuito. I lavoratori hanno il diritto di sottrarsi a situazioni di lavoro pericolose senza compromettere la stabilità del loro posto di lavoro, e il governo ha fatto rispettare efficacemente questo diritto.

 

 

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