Il "rapporto" dalle carceri

 

Inchiesta sulle carceri italiane

 

"Eventi critici": maltrattamenti e decessi 2000 - 2001


di Antonio Marchesi

 

Ascoli Piceno, Casa Circondariale

 

Il 28 settembre 2000 un detenuto comune, Giovanni Costantini, di anni 40, tossicodipendente, con fine pena a novembre 2000 per tentato furto, è morto dopo essere stato di urgenza ricoverato in ospedale con una prima prognosi di addome acuto e retto sfondato. Gli esiti dell’autopsia non hanno confermato questa diagnosi. Il sostituto procuratore della Repubblica Umberto Monti ha aperto un inchiesta per atti relativi al decesso. Il PM ha già fatto interrogare alcuni detenuti e agenti di polizia penitenziaria ma, riferisce il direttore facente funzione Salvatore Ricotta, "nessuno ha visto niente". Il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria ha chiesto alla direzione del carcere una relazione dettagliata. Molte le testimonianze dal carcere riguardanti i pestaggi che il Costantini avrebbe subito durante la detenzione. Antigone si è costituita parte civile il 9 ottobre del 2000. A fine dicembre c’e stata la chiusura delle indagini con la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo per tre medici dell’amministrazione penitenziaria. C’è un procedimento penale pendente per lesioni a carico di alcuni agenti di polizia penitenziaria.

 

Bari, Casa Circondariale

 

Il 15 gennaio 2001 centocinquanta detenuti presentano un reclamo al magistrato di sorveglianza nel quale descrivono un quadro drammatico delle condizioni di vita nel carcere. Assenza totale del servizio sanitario, servizio farmaceutico inesistente, mancanza di acqua calda, carenze igieniche. Analoga protesta era avvenuta nel mese di giugno 2000.

 

Biella, Casa Circondariale

 

Il 22 luglio del 2000 ventitre agenti di polizia penitenziaria e due medici sono stati messi sotto inchiesta per presunti episodi di violenza su alcuni detenuti. L’esposto era stato presentato una settimana prima dal detenuto Gian Luca Filippi. Questi ha affermato che durante la traduzione dal carcere al tribunale si sarebbe lamentato con la scorta di polizia penitenziaria che le manette gli erano state strette eccessivamente. Una volta rientrato in carcere sarebbe stato spintonato per terra e picchiato a sangue con calci in faccia. Successivamente sarebbe stato rinchiuso nella cosiddetta cella liscia (in quanto non ci sono mobili) dove normalmente avvengono le perquisizioni. C’era già una indagine pendente presso la procura della Repubblica di Biella a seguito di un esposto presentato da un gruppo di detenuti. Il procuratore Ugo Adinolfi ha immediatamente raccolto le testimonianze di una decina di detenuti riguardanti episodi verificatisi a giugno durante le manifestazioni di protesta dei detenuti a favore dell’amnistia e dell’indulto. Secondo quanto affermato dai detenuti alcuni di loro sarebbero stati puniti con ripetute percosse. Gli agenti avrebbero fatto ricorso alla cosiddetta cella liscia. Le indagini sono al momento in corso. Tutti i detenuti coinvolti nel pestaggio vengono trasferiti in altre carceri.

 

Bologna, Dozza

 

Il 29 aprile 2001 Milan Nikolic, 23 anni, serbo, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di una bambina di 9 anni, denuncia alla Procura della repubblica di essere stato picchiato da due agenti di polizia penitenziaria. Il detenuto viene prontamente trasferito in altro istituto penitenziario.

 

Bolzano, Casa Circondariale

 

Il 20 settembre 2000 25 agenti di polizia penitenziaria ed un medico sono indagati dalla procura di Bolzano per lesioni gravi e per abuso e omissioni in atti di ufficio in relazione ad una serie di denunce per maltrattamenti presentate da detenuti. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero picchiato i detenuti dopo averli rinchiusi nella cosiddetta cella "x", destinata ufficialmente all’isolamento e che invece, secondo quanto affermato dai detenuti, sarebbe stata usata per compiervi atti di violenza. La Procura avrebbe verificato con un incidente probatorio lo stato della cella. Altri sei agenti sono indagati per fatti accaduti nel 1994 e nel 1999. Per dieci agenti di polizia penitenziaria il procuratore della Repubblica Cuno Tarfusser ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di lesioni personali e abuso in atti di ufficio. Il cappellano e un assistente sociale confermano davanti ai giudici gli episodi di violenza. Incerta ancora la posizione del medico indagato per falso ideologico in quanto avrebbe certificato la condizione di ebbrezza di un detenuto, invece sobrio, al fine di giustificare l’intervento degli agenti.

 

Cagliari, Buoncammino, Casa Circondariale

 

È in corso il processo nei confronti di 3 agenti di polizia penitenziaria per lesioni ad un detenuto (danni ad un timpano). I fatti risalgono al 1999.

 

Catanzaro, Casa Circondariale

 

Due agenti di polizia penitenziaria sono indagati dalla Procura della Repubblica catanzarese per lesioni aggravate dall’abuso dei propri poteri e abuso di autorità. L’inchiesta è stata avviata nel novembre del 2001 a seguito di denunce di maltrattamenti e violenze presentate da persone detenute per reati di pedofilia. In un caso la stessa direzione del carcere avrebbe avallato le accuse dei detenuti. Secondo quanto emerso dalle indagini i detenuti sarebbero stati malmenati e sottoposti a pressioni psicologiche, ad esempio sarebbe stato impedito loro di dormire.

 

Enna, Casa Circondariale

 

C.G., 59 anni, di professione ambulante e in carcere da meno di due mesi per un vecchia condanna, muore il 18 maggio 2001 in carcere. I legali preannunciano una doppia denuncia contro il direttore sanitario del carcere e contro il magistrato di sorveglianza di Caltanisetta in quanto, a dire del legale, tutti e due erano a conoscenza delle gravi condizioni di salute del detenuto. Il 13 aprile era stata presentata la prima richiesta di sospensione della pena. Il provvedimento di ricovero all’esterno disposto dal magistrato di sorveglianza è giunto la mattina del decesso.

 

Genova, Marassi

 

Il 5 gennaio 2001 la Procura della Repubblica di Genova iscrive nel registro degli indagati 3 agenti di polizia penitenziaria, accusati di avere picchiato A.C. di 25 anni in quanto aveva insistentemente richiesto una terapia medica.

 

Lecce, Casa Circondariale

 

Alcuni detenuti hanno inviato ai giudici una lettera nella quale denunciano le presunte violenze subite dal giovane diciottenne detenuto Carlo Pastore. Nella lettera inviata ai giornali nel gennaio 2001 affermano che sarebbe stato sottoposto a violenze fisiche e morali. Alcuni familiari di detenuti sostengono che durante le perquisizioni le donne in visita sarebbero costrette a perquisizioni umilianti con sostituzione obbligatoria dell’assorbente igienico, persino durante il ciclo mestruale.

 

Livorno, Casa Circondariale, Le Sughere

 

Roberto Guadagnolo, 40 anni, calciatore, dopo aver minacciato un agente con un punteruolo, sarebbe stato picchiato da un gruppo di poliziotti. Dieci agenti di polizia penitenziaria sono accusati di averlo selvaggiamente pestato nel luglio del 2000. 5 agenti sono stati sospesi dall’amministrazione penitenziaria. L’accusa è di insubordinazione, lesioni aggravate e abuso di ufficio. Il sostituto procuratore Mario Profeta ha depositato il 3 ottobre del 2000 gli atti di indagine. Undici gli indagati, dieci agenti più il direttore. Quest’ultimo per favoreggiamento.

 

Messina, Casa Circondariale

 

Il 16 gennaio 2001 A.C. si impicca in cella. Il 31 luglio 2001 il sostituto procuratore Vincenzo Cefalo ha sentito 4 agenti di polizia penitenziaria a seguito di un esposto che allargava l’inchiesta a presunte irregolarità all’interno dell’istituto e a presunti pestaggi a carico di 3 detenuti. A.C. si è suicidato dopo essersi barricato in cella per 3 giorni.

 

Milano, Opera Casa di Reclusione

 

  1. 5 agenti di polizia penitenziaria vengono rinviati a giudizio dal Giudice per le indagini preliminari Guglielmo Leo l’11 maggio 2001 con l’accusa di avere compiuto atti di violenza nei confronti di un detenuto colombiano. Il 24 ottobre è iniziato il processo a loro carico davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Milano. Le accuse sono: minacce, violenza privata, falso ideologico, abuso di autorità contro i detenuti. I fatti risalgono all’agosto del 1999.

  2. Il 26 luglio del 2001 muore in carcere un detenuto. Le perizie rilevano che è deceduto per overdose di metadone che non era ufficialmente prescritto.

  3. P.S. muore in carcere il 6 settembre 2001 per un embolia. Il giorno precedente si sente male ma solo la mattina del 6 viene ricoverato nel reparto medico interno. Secondo alcuni testimoni sarebbe una suora ad accorgersi che era in gravi condizioni tali da rendere necessario il ricovero esterno. I familiari presentano un esposto alla Procura perché ritengono che sia stato curato male e non gli siano stati concessi gli arresti domiciliari nonostante le gravissime condizioni di salute pregresse.

  4. A fine maggio 2001 i giudici della quinta sezione penale del tribunale di Milano hanno condannato tre agenti di polizia penitenziaria per lesioni, ossia per avere pestato due cittadini somali in pieno centro della città. I fatti risalgono al 1997. I somali accusarono i tre poliziotti anche di averli rapinati, ma da questa accusa sono andati assolti.

 

Milano, San Vittore

 

Negli ultimi giorni di ottobre 2001 viene attivata una indagine della Procura su un gravissimo episodio di violenze fra detenuti. Un detenuto imputato per pedofilia è stato di fatto sequestrato da altri detenuti che per una settimana gli hanno impedito di uscire dalla cella, di ricevere le medicine e il cibo, lo hanno praticamente torturato bruciandogli le piante dei piedi, seviziato e sodomizzato con un manico di scopa. Il tutto si è svolto nell’indifferenza collettiva.

 

Modena, Casa Circondariale

 

Sabato 10 novembre 2001 Antonio Zara è stato trovato morto nella sua cella con un sacchetto in testa. Due giorni prima era stato trasferito d’urgenza dal carcere di Bologna. Era stato arrestato a luglio con le accuse di sequestro di persona e violenza sessuale. I familiari non credono all’ipotesi del suicidio.

 

Napoli, Casa circondariale Secondigliano

 

Dopo le prime denunce e i primi procedimenti penali all’inizio degli anni Novanta, nel 1997 viene aperta una nuova inchiesta su presunti maltrattamenti in danno dei detenuti a Secondigliano. Nel 1999 sono stati interrogati oltre 100 testimoni, fra cui assistenti sociali, psicologi, medici ed il direttore del carcere e il 23 ottobre 1999 venti poliziotti penitenziari del carcere di Secondigliano, fra cui alcuni con posizioni gerarchiche di rilievo, sono stati rinviati a giudizio dalla Procura di Napoli. I reati contestati sono quelli di abuso di autorità sui detenuti, lesioni personali, minacce a testimoni avvenute nel corso delle indagini. I fatti contestati riguardano il periodo intercorrente fra il giugno del 1995 ed il febbraio del 1999. Gli imputati sinora si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Le prime udienze si sono svolte nell’aprile del 2000. Il processo è ancora in corso.

 

Nuoro, casa Circondariale

 

Luigi Acquaviva muore nel carcere di Nuoro il 23 gennaio 2000. Le prime informazioni parlavano di suicidio. Acquaviva era stato protagonista qualche giorno prima di una protesta in cui aveva preso in ostaggio per quattro ore un agente di polizia penitenziaria. La procura della Repubblica ha iscritto nel registro degli indagati il direttore, poi rimosso, e alcuni agenti. Acquaviva, secondo gli esami necroscopici, nelle ore precedenti la morte avrebbe subito una brutale aggressione. Nel corpo del detenuto sono riscontrate una infinità di ecchimosi e contusioni. Anche il Comandante di reparto viene rimosso. Nei mesi successivi i detenuti denunciano un aggravarsi del clima interno. I familiari dei detenuti e l’intero consiglio comunale di Nuoro nei primi mesi del 2001 protestano duramente contro quella che chiamano deportazione dei loro parenti detenuti. I parlamentari locali lamentano i trattamenti di eccessivo rigore presenti nel carcere. Il 7 giugno 2001 il procuratore della Repubblica di Nuoro Roberto Faceva e il sostituto Maria Grazia Genovese hanno richiesto il rinvio a giudizio di 8 agenti di polizia penitenziaria. Per uno di essi l’accusa è di omicidio colposo, per gli altri sette di lesioni.

 

Padova, Casa di reclusione Due Palazzi

 

Lunedì 5 novembre 2001 il detenuto C.G. sarebbe stato picchiato da alcuni agenti di polizia penitenziaria. I legali del detenuto e il consigliere regionale Gianfranco Bettin che lo ha visitato nei giorni successivi riferiscono che C.G. presenterebbe evidenti segni di violenze. Lo stesso C.G scrive al Mattino di Padova raccontando l’episodio: "Vengo chiamato al casellario per il ritiro di un pacco...All’interno di quel pacco a me destinato c’erano anche due paia di scarpe, uno di ginnastica e uno di stoffa. Queste ultime non me le volevano dare. Di fronte al no dell’assistente ho fatto chiamare il superiore in carica in quel momento. Parlarono tra di loro un po’, poi si rivolsero verso di me in modo provocatorio dandomi anche delle spinte verso i tavoli. A quel punto, vista la mala parata, mi sono rivolto verso l’uscita... Il superiore iniziò a gridare "Ti porto in isolamento". Alle grida si unirono altri agenti usandomi come un sacco di boxe. Le ho prese gratuitamente, così tante da mandarmi direttamente all’ospedale perché il dottore della struttura non si è presa la responsabilità di tenermi. Specifico che gli agenti che mi hanno picchiato alla vista del sangue si sono fermati".

 

Palermo, Pagliarelli

 

Il 18 gennaio 2001 5 medici vengono indagati dalla procura della Repubblica per la morte di A.L.B., morto dopo un intervento chirurgico. Il detenuto aveva precedentemente tentato di suicidarsi. L’autopsia ha evidenziato un errore nell’uso della sonda per l’anestesia.

 

Pavia, casa circondariale

 

A marzo 2001 il Tribunale di Pavia condanna 4 agenti di polizia penitenziaria per avere malmenato un detenuto nell’aprile del 1995. I poliziotti usavano coprirsi con il passamontagna.

 

Pianosa, Casa di reclusione

 

Il 18 ottobre 2001 l’Italia ha nuovamente rasentato l’umiliante condanna per tortura e maltrattamenti davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani. Il caso è quello di Rosario Indelicato che lamentava i maltrattamenti subiti a Pianosa nei primi anni ‘90. Molte le accuse circostanziate, alcune particolarmente crudeli: essere svegliati di colpo nella notte e portati con la forza sotto una doccia fredda, essere costretti a correre fra due fila di agenti a colpi di manganello. Le denunce giungono davanti alla magistratura di sorveglianza e alla procura di Livorno. Il 2 febbraio del 1999 due poliziotti penitenziari sono condannati ad una pena di 1 mese e 15 giorni per "abuso di autorità contro arrestati o detenuti". A seguito dell’appello presentato dai due agenti, la Corte di Firenze riqualifica i fatti definendoli in modo più grave, ossia "violenza privata con l’aggravante dell’abuso delle funzioni pubbliche". Pertanto annulla la sentenza di condanna e rinvia gli atti alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Livorno, dove allo stato giacciono gli atti. La Corte di Strasburgo ritiene di non poter condannare l’Italia per tortura, ma solo perché non dispone di prove sufficienti. Manca una idonea certificazione medica che attesti le violenze subite. Tutto ciò non è colpa dell’Indelicato, bensì di chi non gli ha prestato cura o attenzione. Ossia delle autorità italiane, che, secondo i giudici della Corte europea, sono state negligenti nel condurre l’inchiesta a seguito delle denunce per maltrattamenti. 70 milioni il risarcimento dovuto a Rosario Indelicato, che era in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso.

 

Potenza, casa circondariale

 

Il 20 febbraio 2001 dieci fra agenti di polizia penitenziaria e operatori sanitari sono indagati dal sostituto procuratore della Repubblica Henry John Woodcock per i maltrattamenti inferti ad un detenuto tunisino. L’inchiesta era cominciata il 3 agosto 2000 quando Tbini Ama, un giovane tunisino di 21 anni era salito sui tetti del carcere per protestare contro le percosse subite il giorno prima. Un consulente nominato dal PM avrebbe accertato la compatibilità delle lesioni riportate dal detenuto con i maltrattamenti denunciati. Le ipotesi di reato contestate sono: lesioni gravi e gravissime, falsa certificazione medica. Il giovane tunisino si suicida il 17 aprile 2001. Per due mesi è rimasto nello stesso carcere e con le stesse guardie che lui aveva denunciato per maltrattamenti.

 

Prato, Casa Circondariale

 

Il Tribunale di Prato il 9 novembre 2001 ha condannato una infermiera del carcere per omicidio colposo in quanto il 5 settembre del 1998 non avrebbe soccorso un detenuto spagnolo di 45 anni colpito da infarto.

 

Reggio Calabria, Casa Circondariale

 

Francesco Romeo, 28 anni, muore il 29 settembre 1997 nel carcere di Reggio Calabria. Dagli atti giudiziari emerge che Romeo sarebbe stato aggredito da almeno 5 persone; successivamente il corpo sarebbe stato trasportato sotto un muro per simulare un tentativo di evasione. La messinscena è stata smascherata dopo la consulenza medico - legale che ha dichiarato la assoluta incompatibilità delle lesioni con la precipitazione dall’altezza di 3/4 metri. La causa diretta della morte sarebbe invece una serie di colpi di bastone o manganello che avrebbero provocato la frattura del cranio. Le lesioni alle braccia hanno invece evidenziato un tentativo di protezione del volto. Risultano lesioni allo scroto ed al coccige. Il PM, dopo due anni di indagini, ha rinviato a giudizio 24 agenti di polizia penitenziaria, di cui 12 per omicidio volontario e 12 per favoreggiamento. Il gip di Reggio Calabria ha fissato la prima udienza preliminare il 5 febbraio 2000. Quasi tutti gli imputati negano la propria assenza al momento e sul luogo del fatto. I registri delle presenze risultano alterati con il bianchetto. Nessuno ha attivato l’allarme. Intercettazioni ambientali dimostrerebbero che tutti gli escussi in qualche modo sono a conoscenza di come sono andati i fatti il giorno della morte di Romeo. Le intercettazioni hanno evidenziato, secondo quanto chiesto dal Pm nel rinvio a giudizio «una naturale tendenza al pestaggio all’interno della struttura carceraria (anche) da parte del personale di polizia penitenziaria». Il processo è attualmente in corso.

 

Roma, Rebibbia Femminile

 

A fine settembre 2001 S.P. afferma di essere stata selvaggiamente pestata solo perché non voleva essere messa in isolamento. A novembre 2001 M.C. sostiene che, a solo 1 mese dal suo ingresso in carcere, è stata malmenata e poi trasferita.

 

Roma, Rebibbia Nuovo Complesso

 

Due albanesi residenti in provincia di Ravenna sono indebitamente trattenuti dal 5 novembre 2001 per circa due settimane presso il carcere di Rebibbia nonostante il giudice della udienza preliminare abbia loro concesso gli arresti domiciliari in Romagna. La ragione addotta dalle autorità: mancanza di personale per effettuare la traduzione.

 

Sassari, Casa Circondariale San Sebastiano

 

Il 27 marzo 2000 i detenuti iniziano una protesta pacifica rumoreggiando con le sbarre delle celle a mezzanotte meno un quarto. Battono con le posate sulle grate, danno fuoco alle lenzuola e fanno esplodere le bombolette di gas. La protesta scaturisce dallo sciopero dei direttori che si lamentano del numero scarso di funzionari rispetto alle necessità operative. A causa dello sciopero i detenuti sono stati lasciati senza viveri, senza acqua minerale, senza il sopravvitto e senza sigarette. Nei giorni successivi viene rimosso il comandante degli agenti, sostituito da Ettore Tomassi, proveniente da Benevento.

Il 10 aprile viene organizzato uno sfollamento generale dei detenuti da trasferire in altre carceri dell’isola. A gestire l’operazione vi sono almeno cento agenti di polizia penitenziaria. E durante la traduzione più o meno trenta detenuti comuni vengono brutalmente picchiati. Gran parte di essi sono tossicodipendenti. I parenti dei detenuti protestano a lungo per quanto accaduto e scattano le prime denunce alla procura della repubblica. Il 18 aprile l’associazione Antigone incontra i responsabili del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria segnalando la gravità degli episodi sassaresi. Il 20 aprile le madri dei detenuti picchiati organizzano una fiaccolata contro le violenze subite dai loro figli. Il 3 maggio i primi sviluppi dell’inchiesta. La Procura emette 82 provvedimenti di custodia cautelare, di cui 22 in carcere e 60 agli arresti domiciliari. Coinvolti la direttrice del carcere Cristina Di Marzio, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Giuseppe Dalla Vecchia, il comandante di reparto Ettore Tomassi. L’amministrazione penitenziaria trasferisce in altre sedi i tre responsabili coinvolti e molti degli agenti.

L’accusa: pestaggi selvaggi, detenuti costretti a denudarsi, trascinati per terra ammanettati, colpiti con calci e pugni alla schiena e alle gambe, lanciati da un agente all’altro. Il 9 marzo 2001 il sostituto procuratore del Tribunale di Sassari, Gianni Caria, ha depositato al giudice delle indagini preliminari la richiesta di rinvio a giudizio per 95 fra agenti e dirigenti dell’amministrazione penitenziaria coinvolti nel pestaggio, ivi compresi alcuni medici delle carceri di Sassari, Oristano e Macomer, e i direttori delle carceri di Macomer e Oristano (Monteverde e Farci), questi ultimi accusati di aver omesso di denunciare la condizione dei reclusi al momento dell’arrivo nei loro penitenziari. Le accuse contestate agli agenti variano dalle lesioni personali gravi, all’abuso di ufficio sino alla violenza privata. Nel corso dell’inchiesta - secondo l’accusa - è emerso il coinvolgimento anche di agenti in servizio nel carcere "San Sebastiano"‘ la notte del pestaggio e che i detenuti che avrebbero subito pestaggi e vessazioni sarebbero 46. Le posizioni più gravi sono quelle del provveditore Giuseppe Della Vecchia, dell’ex direttrice Maria Cristina Di Marzio, e di Ettore Tomassi, il capo degli agenti, accusati insieme di aver "organizzato e diretto" il pestaggio. A Tomassi vengono mosse le accuse più pesanti, con una serie di aggravanti che vanno dall’aver adoperato sevizie e aver agito con crudeltà (un detenuto sarebbe stato caricato sul cellulare ferito e ricoperto di escrementi, con addosso solo un sacco per l’immondizia), non aver provveduto a medicare i detenuti per le lesioni subite, ad aver abusato di potere e di autorità. A Tomassi, inoltre, viene contestato di aver esercitato pressioni, minacciando i detenuti, anche nei giorni dopo il pestaggio per evitare che denunciassero i fatti.

A novembre 2001 iniziano le udienze davanti al giudice dell’udienza preliminare. Il Gup Antonio Luigi Demuro ha sciolto la propria riserva e ha decretato l’incompetenza territoriale per 5 indagati (i direttori delle carceri di Macomer e Oristano Monteverde e Farci, il comandante degli agenti di Macomer, i medici di Macomer Oristano) rinviando gli atti alla Procura della Repubblica di Oristano. Una grande fetta di imputati (circa 50) ha chiesto il rito abbreviato semplice o condizionato. Il 28 gennaio 2002 si sono tenute le prime udienze degli imputati che hanno chiesto il rito abbreviato per evitare aggravamenti alla posizione processuale.

 

Vercelli, Casa Circondariale

 

L.V. arrestato i primi di novembre 2001, secondo quanto raccontato dai suoi difensori, afferma di essere stato malmenato da alcuni agenti di polizia penitenziaria che gli avrebbero rotto un polso solo per avere chiesto dei tranquillanti. Il direttore del carcere sostiene che si sia trattato di un incidente e che la porta blindata gli sarebbe stata chiusa sul braccio involontariamente.

 

Vigevano, Casa Circondariale

 

Un detenuto di 60 anni G.D.D. muore per emorragia il primo agosto del 2000. Due medici vengono indagati il 10 novembre 2001 per omicidio colposo dalla Procura della Repubblica di Pavia. Non avrebbero tempestivamente disposto il ricovero in ospedale del detenuto. Il detenuto era stato arrestato per furto di auto.

 

I suicidi in carcere sono stati 51 nel 1999, 56 nel 2000, 70 nel 2001.

 

 

Precedente Home Su