San Vittore, Custodiscili

 

San Vittore, Custodiscili. Mostra di Roby Schirer

La mostra di un fotografo che per 12 anni ha frequentato i raggi del carcere

Incontri, volti, stagioni e momenti fissati con l’obiettivo

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Immagini tratte dai siti internet: www.ildue.it e www.panorama.it

A San Vittore mostra fotografica di Roby Schirer

 

Corriere della Sera, 7 febbraio 2005

 

Una mostra perché la gente veda, sappia, si convinca che il carcere non è un luogo di mostri o un immondezzaio. Conosco bene San Vittore e, sfogliando il catalogo, ritrovo luoghi e personaggi amici. Il gatto Matisse, re della sartoria femminile, attraversa liberamente le sbarre in una metafora di libertà sotto occhi che di libertà sono assetati. Ecco una galleria di peluche: soggetti da favola nella cella di una giovane detenuta.

Una serie di mani in primo piano: mani di carcerati avvinghiati alle sbarre, mani di guardie, pazienti dietro la schiena. Sembrano vasi comunicanti di vite che scorrono sotto lo stesso tetto. Una bianca colomba vola nella Rotonda dove il cardinale celebra la messa di Pasqua.

Poi il panorama si capovolge. Nel raggio dei cosiddetti "protetti" più che di celle si dovrebbe parlare di antri: ecco la struggente immagine di una transessuale con il suo sgarro genetico addosso. La faccia durissima di un ergastolano si staglia sullo sfondo di un prorompente nudo femminile. Anche questo è carcere. Come lo è il megaschermo installato, in occasione dell’inaugurazione della nuova Scala, nella solita Rotonda trasformata per una notte nella dependance del più famoso teatro del mondo.

In alcune foto le sbarre diventano maglie della rete di un campo di pallavolo dove le donne di San Vittore hanno formato un’ottima squadra, capace anche di battere gli arbitri di serie A in occasione della visita annuale. E poi, vista dall’alto, la scena del sogno: due detenuti salutano, fuori dal portone di piazza Filangieri. Il soffio dell’arte e della solidarietà umana sulla bravura professionale e la curiosità del testimone: ecco la lezione di Roby Schirer. Questa mostra è un atto di civiltà di cui bisogna dare atto anche a chi l’ha sostenuta e a chi dirige oggi San Vittore - Gloria Manzelli - sulle orme di quel grande uomo-guida che è stato Luigi Pagano.

 

Exibart

 

Per la prima volta una mostra fotografica sarà allestita nel carcere di San Vittore: una selezione di settanta fotografie in bianco e nero del noto fotoreporter Roby Schirer, scattate nell’arco di 12 anni, presentate con il titolo "San Vittore, Custodiscili", testimoniano avvenimenti significativi di San Vittore ma ancor più situazioni psicologiche e ambientazioni particolari e saranno esposte alle pareti del primo raggio.

L’iniziativa intende promuovere un approfondimento da parte della società civile nei confronti dell’universo carcerario. Ma sarà anche un momento di riflessione per tutti coloro che a vario titolo vivono e operano all’interno dell’istituzione e che speso non riescono più a "vedere" per colpa della quotidianità, dell’abitudine e qualche volta della rassegnazione.

La mostra è stata organizzata dalla Casa circondariale con il contributo del Comune di Milano, Assessorato alle Politiche Sociali, ha il patrocinio del Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti. Si inaugurerà il 7 febbraio alle 16.30 e potrà poi essere vista , fino alla fine del mese, da chi percorre abitualmente il lungo corridoio che porta alla Rotonda: detenuti che dai raggi si recano ai colloqui, agenti della polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali e volontari che ogni giorno svolgono i loro compiti nell’ambito del carcere. Potrà essere un’occasione per rivisitare tante situazioni vissute quotidianamente e forse mai "messe a fuoco".

L’immagine fotografica, nel rigore della documentazione, restituisce un attimo della memoria. Per l’occasione sarà edito un volume/catalogo che ospiterà le foto esposte, con una prefazione di Luca Rossi. La mostra uscirà poi dal carcere e dal 2 al 24 marzo potrà essere vista alla Stazione Centrale di Milano, al binario 21, per iniziativa di Grandi Stazioni. Saranno così i passeggeri, soprattutto i pendolari, a potersi avvicinare a un mondo lontano, che ha come condizione primaria l’immobilità.

 

 

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