Tre monete d'oro

 

Tre monete d’oro

di Bruno Brancher

Feltrinelli, € 7

 

Non è un romanzo, non è solo un racconto, non è un libro di poesie. E’ tutto questo insieme. E’ uno spaccato un po’ allegorico di episodi della vita di Bruno Brancher. Avete mai provato a leggere d’un fiato intere pagine senza punteggiatura?

E’ ubriacante. Alcuni paragrafi sono così, si leggono in un "sorso solo".....

"Oh Maria santissima affinché le idee mi si schiariscano idee che in questo momento sono assai confuse ovvero devo capire se continuare a rimanere bambino o decidere di diventare adulto per caso non sei stato tu venticinque anni addietro a posare e farmi trovare tre monete d’oro nella neve?" "Madonna santa non ne posso più e come si suoi dire ne ho le palle piene di questa vita convulsa davanti a me vedo buio dietro di me esiste il buio". Questo è Bruno Brancher: gioca con le parole cercando con esse effetti compositivi.

I due brani sopra sono quasi una preghiera "atea" ma è con questo disincanto, con questa irriverenza che lui vive. Io l’ho visualizzato: un "Arlecchino" che racconta "tutto  d’un fià" e le tre monete d’oro secondo me sono la fortuna che a volte ti bacia e quasi sempre ti gira le spalle. E Bruno Brancher è tra i re degli sfigati!

Nella sua lunga vita, più di 60 anni (lunga in relazione a quanto gli è capitato) ha conosciuto riformatori, carceri e di tutto un po’. In riformatorio lo portò la madre perché le avevano bombardato la casa a Milano ed il vicino poteva ospitare solo lei.

La madre.......una figura mitica. L’unica volta che la vede triste è durante un colloquio. Lei gli dice: "Fiol, io sono povera quindi anche tu sei povero. Non ho i soldi per comprarti neanche un regalino per Natale". E lui le canticchia una canzone: "BALOCCHI E PROFUMI". E alla madre torna il sorriso. Entrambi sapevano che avrebbe comprato salame e formaggio e non balocchi e profumi, se avesse avuto i soldi.

Attraverso una sorta di flash back spazio-temporale, poche pagine dopo il parlatorio (altro capitolo), lo ritroviamo scrittore "sottopagato". Scrive per Lotta Continua, pubblica libri con discreto successo e non becca una lira o quasi.

L’impegno politico lo porta a Roma, Milano, Bologna. Ogni occasione è buona per innamorarsi. Si innamora a ruota libera ma sono "amori a termine". Si innamora anche delle fidanzate degli altri e "punta" opportunisticamente sulla coppia aperta. Ma spesso i fidanzati non condividono e lo menano.

I suoi personaggi della Milano che non c’è più, come dice lui, sono romantici, ladroni, "puttane motivate"… In risposta ad un invito di "La Repubblica" a scrivere chi era Bruno Brancher nel 1969 scrive "Cara Repubblica, raccolgo volentieri l’invito a scrivere su chi ero nel 1969 e cosa sono diventato. Ieri nel 1969 ero carcerato. Oggi, nel 1989, sono un carcerato".

A questo punto vorrei fare alcune considerazioni personali. Credo che la vita di un uomo debba essere "valutata" dall’intensità del suo vissuto. Se un uomo ha trascorso 20 anni della propria vita al "fresco", ciò non significa che abbia gettato via la sua vita o che alla prima occasione non possa riappropriarsene.

Un vecchio carcerato (era in galera dal 1957 ed io lo conobbi nel 1978) mi disse: "Nicola, in carcere se non vuoi rincoglionirti devi credere! Devi avere un ideale, politico religioso...non ha importanza quale, ma devi avere una ‘fede’ forte, più forte della galera".

Non ricordo come si chiamava. Chissà che non fosse Bruno Brancher...il fuggitivo. "II fuggitivo è uno senza storia ma con tante storie (ancora) da raccontare e abitualmente tenta di rivendicare l’esigenza di non avere esigenze".

Il fuggitivo è in affanno

sospira

sospira

sospira

ricorda Isabella

risogna Diana

rimpiange Patrizia

Siamo noi i fuggitivi, noi che non accettiamo di vegetare, ma ovunque, anche tra i rimpianti, VIVIAMO

 

Nicola Sansonna

 

 

 

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