Come una bestia feroce

 

Come una bestia feroce

di Edward Bunker

Einaudi € 11

 

I sentimenti di una bestia feroce

  

Edward Bunker ha pubblicato Come una bestia feroce nel 1973, dopo aver passato molta parte della sua vita in prigione, in diversi istituti di pena tra cui Folsom, ritenuto il carcere più duro della California. Ha pubblicato altri romanzi (ricordiamo Cane mangia cane) e un’autobiografia, considerata un vero evento letterario, Educazione di una canaglia. È stato uno degli interpreti del film Le iene di Quentin Tarantino. Da Come una bestia feroce è stato tratto il film Sorvegliato speciale con Dustin Hoffman.

Questa non vuole essere una semplice recensione, perché recensire un libro scritto da un uomo che ha scontato 18 anni di galera non è cosa di tutti i giorni, e non lo è neanche il fatto che il sottoscritto che lo recensisce di galera ne ha fatta come e più di lui, tanta. Quindi la recensione è diventata una sorta di "dialogo" a tre: l’autore, il personaggio del romanzo e il recensore. "Seduto sul cesso senz’asse nel retro della cella, ero intento a lucidare le orribili scarpe dalla punta bulbiforme che 

venivano fornite a chi stava per uscire. Mi attraversò la mente un canto di trionfo: domattina sarò libero". Così inizia il libro di Edward Bunker, definito dalla critica mondiale "tra i più bei libri sulle rapine a mano armata e sul crimine in generale mai scritti". L’autore è un balordo vero, uno di quelli che i bassifondi li ha conosciuti veramente, perché vi è nato e vi ha lottato per sopravvivere.

Ciò che scrive è autentico perché per gran parte della sua vita il carcere è stata la sua casa. E allora che cosa si pretende da un corpo che è letteralmente cresciuto in catene sin da giovanissimo? È inevitabile che prima o poi si riduca ad un contenitore di orgoglio e violenza, esercitata, subita. E se ancora non bastasse, il risentimento ed il rancore sono lì che ti attendono. La tua identità è una matricola, è un fascicolo personale che tende ad ingrossarsi, sia in carcere che fuori. Mentre tu entri ed esci dal carcere come se fosse una cosa normale.

Sia Bunker, autore del libro, che Max Dembo, il protagonista di Come una bestia feroce, come è capitato e capita nella realtà si sono ritrovati ad essere uomini in guerra, individui destinati ad attraversare la vita sociale con i sensi e la capacità d’attenzione sempre all’erta, appunto come belve feroci. Ricordo che un mio amico questo tipo di vita l’aveva efficacemente definita "una forma di vita nuda ed istintiva", dove oggi sei cacciatore e domani sei tu la preda da cacciare.

Uscito dal carcere, Max Dembo deve sottostare alle rigide regole della libertà controllata. È stufo della galera e vorrebbe diventare onesto, ma più per non tornare "dentro" che per vero e profondo desiderio di cambiare. La vita di un ladro, di un rapinatore, non è esattamente un romanzo, e non si sceglie a cuor leggero. Del romanzo però possiede molti elementi tipici: la necessità di restare fedele ad un ruolo, ad un personaggio, il tendere a sfide perpetue e la quasi normalità di ritrovarsi spesso faccia a faccia con la morte, la solitudine totale.

Il fatto è che fuori dal carcere Max Dembo è solo, disperato, perso: "Fate trascorrere a un uomo un numero sufficiente di anni di prigione e lo ritroverete disorientato nell’affrontare la libertà, quanto un frate trappista gettato nella vorticosa New York…". Ma il frate almeno ha la fede a sostenerlo, l’ex galeotto ha solo il ricordo di un roboante scacco alle spalle.

Quando Max Dembo è in difficoltà, si rivolge ai pochi amici che ha. Gli amici però sono quelli di sempre, e dopo una bevuta e un abbraccio gli arrivano le prime proposte illegali. Prova a resistere. E invece, non riuscendo ad affrontare e a sopportare le difficoltà di un possibile inserimento sociale, alla fine il suo istinto criminale prende il sopravvento e lui torna a fare quello che sa fare bene: le rapine a mano armata.

 

Purtroppo è vero e io lo so bene, quelli che ritrovi dopo la galera sono i "compagni di lavoro" che avevi prima ed il deserto che ti sei creato intorno. Molti lasciano letteralmente il nulla alle proprie spalle, ed è quello che trovano al loro ritorno. Nulla! Relazioni sociali azzerate, nessun amico che non appartenga a qualche titolo alla malavita. Ti resta l’incazzatura del non poter scegliere. Questo è ciò che racconta il romanzo di Bunker, questo è quanto è avvenuto ed avviene quotidianamente nella vita reale a persone come me, con lunghe storie di carcere addosso.

Ed è pesante. Gli amici rispettano Max Dembo, ma lo rispettano proprio perché è un ladro, perché è un abile ladro: "Mi rispettava come lo sciacallo rispetta il leone, allo stesso tempo ne approfittava".

Anche il sottoscritto ha vissuto sulla pelle questa sensazione: sei "rispettato" perché sei una macchina da soldi. Ne hai un disperato bisogno e chi ti sta vicino ne beneficia anche lui. Questo avviene specialmente se sei latitante. Alcune conoscenze possono trasformarsi in amicizie vere, ma la gran parte sono solo relazioni d’affari, delle quali si possono calcolare costi, ricavi e soprattutto i rischi. Se diventa troppo rischioso starti accanto, perché magari sei ricercato per un reato particolarmente grave, se hai poco da offrire perché non puoi muoverti con facilità… è meglio che cambi aria.

Max Dembo non è in grado di capire il concetto ed il significato di rispettabilità nel modo in cui è inteso dalla gente normale. Si sente attratto inesorabilmente dal suo destino e ne ha paura. "Se credessi che il mio futuro debba per forza essere uguale al mio passato mi ucciderei", dice in un colloquio con l’assistente sociale a cui è affidato. Ma nello stesso tempo inizia a pensare che questo destino sia ineluttabile. Si aggrappa all’ultimo residuo di speranza, ma anche la speranza svanisce molto rapidamente. Per questo ce l’ha con se stesso, con la vita, con gli uomini. È qualcosa che va al di là dell’odio e nasce dalla delusione di non poter diventare una persona come tutte le altre, con un lavoro, una casa, una donna vicino.

L’unico modo in cui gli sembra di poter riafferrare in mano le redini della propria esistenza è prendere una decisione drastica: ritornare deliberatamente in guerra con la società. Dichiararsi libero da ogni regola, tranne quelle che lui stesso vuole accettare, ed anche quelle possono essere da lui modificate a suo piacere.

" Avrei afferrato tutto ciò che avessi desiderato, avrei ripreso ad essere quello che ero ma con più determinazione". "Quando fece mattina ero tornato forte. Avevo superato ogni indecisione ".

La difficoltà ad entrare in un nuovo ruolo di persona onesta lo rafforza nella sua decisione criminale. Un proposito che trova anche una sorta di giustificazione sociale nel fatto che i potenti della società non fanno altro che sbraitare che il crimine va fermato, che è sbagliato andare in giro a rubare, " ma nel frattempo loro avevano tutto e lui un bel nulla, era assurdo".

 

Che succede quando uno di noi, "vecchi ladroni", riesce a rifarsi una vita onesta

 

Edward Bunker ha raccontato così, in una bella intervista ad Emanuele Trevi, apparsa su Il Manifesto, quello che è stato il suo "ingresso" nel mondo del crimine: "Sì, io ho sentito in giovanissima età questa specie di dichiarazione di guerra reciproca. Non riuscivo nemmeno a capire, all’ingresso di questa serie senza fine di cause ed effetti, cosa realmente mi stava capitando. Sono passato dall’oggi al domani dalla condizione di figlio unico di un padre anziano e di una madre giovane, viziato e coccolato, a quella dell’ospite di una specie di riformatorio, di una casa per adozioni indirette. E lì è iniziato tutto, perché gli altri dieci - dodici ragazzini rubavano, e io, che non sapevo ancora cosa fosse rubare, mi sono adeguato. Ho iniziato a scappare e ad essere riacciuffato. Con la loro repressione sempre crescente, hanno determinato una vera e propria escalation di questa guerra nascente. E io, sempre più ribelle, ho risposto colpo su colpo".

Questo modo di vivere contempla anche la possibilità di morire, di lasciarci la pelle, e dopo che un uomo ha accettato questa possibilità non ha più nulla da perdere. Il protagonista di Come una bestia feroce durante una rapina uccide un poliziotto. Riesce a fuggire e ripara all’estero. Provvede alle donne dei suoi soci e alle famiglie, inviando loro danaro. Anche se è pieno di soldi soffre, è irrequieto. I soldi si spendono, prima o poi finiscono. Ed anche un’isoletta tranquilla può dare ai nervi per uno che è abituato a vivere sulla lama di un rasoio. Riaffiora qualcosa molto simile al desiderio di autodistruzione. Nel suo paese lo attende una vita di galera, e forse la morte. "Sono stanco di questa pace, ma la scarsità di fondi mi fornisce la scusa giusta per muovermi. Il mio stomaco è contratto nell’aspettativa di riprendere la partita, prenderò il volo per Città del Messico, varcherò il confine a El Paso. Stavolta potrebbero prendermi davvero. Fanculo!"

 

Tornando a me, la realtà non è meno cruda della fantasia letteraria. Io per quel che mi riguarda posso fare mia la frase: "Se credessi che il mio futuro possa essere uguale al mio passato mi ucciderei subito".

Naturalmente le potenzialità umane sono sorprendenti e quando uno di noi, "vecchi ladroni", riesce a rifarsi una vita onesta è roba da festa di paese... con la banda e i fuochi artificiali. Io voglio provarci e riuscirci! Voglio farla suonare quella banda! Non credo alla fatalità, ma alla libera scelta degli individui. Noi siamo quasi sempre ciò che abbiamo voluto essere. Ed ora voglio essere un uomo libero, provare a vivere con i soldi che mi suderò e godere di quelle piccole cose che la vita sa offrire. Svegliarmi alla mattina accanto alla mia compagna, tornare a casa senza la paura di trovare la polizia ad attendermi. Vivere. Semplicemente vivere. Edward Bunker è un grande soprattutto perché è uno di noi che ce l’ha fatta.

 

Nicola Sansonna

 

 

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