Carlo Giovanardi

 

Perché non posso dire di no al Papa
di Carlo Giovanardi Ministro per i Rapporti con il Parlamento

 

Il Giorno, 23 novembre 2002 

 

Credo che difficilmente si possa immaginare un consenso più entusiasta e convinto di quello raccolto dal Papa nell’aula di Montecitorio, in una atmosfera di grande commozione ed applausi insistiti e ripetuti, uno dei quali ha sottolineato esplicitamente la richiesta di un gesto di clemenza nei confronti dei detenuti. Il Papa non ha parlato di grazia per qualcuno, di amnistia o di indulto, e neppure si è soffermato sul tipo di reato sul quale intervenire. Il Papa ha chiesto semplicemente al Parlamento un gesto di fiducia nell’uomo, la possibilità per chi ha commesso un errore di poterlo riscattare ripagando in positivo un gesto unilaterale di generosità.

Sappiamo bene tutti che non stiamo parlando di fatti di sangue o di reati che hanno causato gravi danni alle loro vittime, ma di reati minori per i quali comunque i detenuti riotterrebbero a breve la libertà. In questi casi la scommessa del Papa, che è anche la scommessa del messaggio cristiano, è investire sul bene attraverso il recupero di chi ha sbagliato, in vista di più grandi benefici per l’intera società.

Un atteggiamento religioso, ma anche profondamente umano, come quello di un padre che davanti ad un figlio scapestrato o un maresciallo dei carabinieri davanti a un ragazzo che commette un piccolo reato, sanno che può essere più efficace una severa e dura ramanzina piuttosto che consegnarli ai rigori della legge. A questo punto non sono più in gioco principi fondamentali ed importanti come quello della certezza della pena e della rieducazione del condannato, ma semplicemente se i rappresentanti del popolo accettano o respingono l’invito ad un piccolo gesto di clemenza come visione di speranza cristiana della vita.

E su questo, non posso che riconoscermi in una superiore autorità del Papa che proviene direttamente da Colui che rappresenta in terra.

Con lo stesso messaggio cristiano che fa aprire nei Promessi sposi il cuore dell’Innominato (che di delitti se ne intendeva) attraverso le parole di Lucia: "Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia" e del Cardinale Borromeo: "Ma Dio sa fare Egli solo le meraviglie, e supplisce alla debolezza, alla lentezza dei suoi poveri servi".

 

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