L’indultino procede...

 

L’indultino procede ma nelle carceri in pochi ci contano

 

Avvenire, 13 luglio 2003

 

Sconto fino a due anni, esclusi i reati gravissimi

 

La Camera ha licenziato la legge che prevede uno sconto di due anni di pena, ma i tempi d’approvazione e applicazione sono molto lunghi. Secondo le stime dovrebbero essere scarcerati cinquemila detenuti ma c’ è chi sostiene che non saranno più di tremila Ora si teme che scoppi la protesta anche se i reclusi stanno dimostrando di avere senso civico.

La sospensione condizionata della pena, più nota come "indultino", riguarderà tutti i detenuti che debbano ancora scontare due anni (o meno) e abbiamo già espiato almeno metà della condanna. Sono esclusi dal provvedimento i delinquenti abituali, i mafiosi, i terroristi, i trafficanti di droga e di persone, gli autori di altri delitti gravi come l’omicidio, la rapina aggravata, la violenza sessuale e la pedofilia. Il residuo di pena sarà considerato estinto dopo 5 anni, se nel frattempo il beneficiario non avrà commesso nuovi reati. In caso contrario, la condanna sospesa dovrà essere scontata in carcere insieme a quella sopravvenuta. Secondo uno dei "padri" della legge, Enrico Buemi (SDI), sono circa 5.000 i reclusi in possesso dei requisiti per chiedere l’indultino.

 

Clemenza e attese

 

Il muro più alto e più spesso è l’indifferenza del mondo là fuori. E se l’indulto è stato una speranza tradita, l’indultino è il segnale tardivo che qualcuno nel Palazzo si è accorto di loro. Ma adesso che la "sospensione condizionata della pena fino a due anni" sarebbe in dirittura d’arrivo, trai detenuti la disillusione sembra avere preso il posto dell’attesa. In molti hanno capito che, se mai davvero usciranno in 5 mila, non sarà adesso. E non solo perché è quasi certo che il Senato non approverà la legge prima della pausa estiva.

E che "dentro" tutti conoscono i tempi lunghi dei Tribunali di Sorveglianza, che dovranno vagliare le domande d’indultino. Il clima è pessimo anche tra le altre categorie del carcere. Presto, forse già in agosto, i volontari potrebbero addirittura "scioperare" (anche se a malincuore) "per protestare - dicono - contro una politica carceraria che ci disgusta". Gli agenti di polizia penitenziaria lavorano da anni al limite delle possibilità, in certi istituti non riescono nemmeno ad andare in ferie. E i direttori s’arrabattano per conciliare il "libro dei sogni" dell’ordinamento penitenziario con strutture fatiscenti e un portafogli sempre vuoto. Una situazione insostenibile, insomma. Dietro le sbarre c’è chi non molla e si organizza, ma anche chi s’arrende, chi s’ammala di scabbia (una decina di casi quest’anno a San Vittore, nel sesto raggio, dove manca perfino1’acqua corrente) e chi si suicida. Soltanto a Roma l’hanno fatta finita in quattro negli ultimi due mesi.

Livio Ferrari, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, avverte "una rassegnazione mostruosa", soprattutto negli istituti più piccoli: "L’anno della speranza vera è stato quello del Giubileo - racconta - mentre adesso, in molti posti, non mi chiedono nemmeno più informazioni sull’indultino". Meglio così, forse. Perché le ultime notizie non sono delle migliori. Dopo il via libera della Camera dei giorni scorsi, la discussione in commissione Giustizia del Senato avrà inizio il 22 luglio, ma il presidente Antonino Caruso (AN) ha già fatto sapere che il suo partito e la Lega (contrari fin dal principio) "non spianeranno la strada al provvedimento".

Allarga le braccia Roberto Centaro di Forza Italia: "Noi siamo a favore, ma non si può avere la sede deliberante se non c’è l’unanimità dei gruppi. Sarà quindi necessario il passaggio in aula, che però è impegnata sul DDL Gasparri...".

S’indigna Vincenzo Siniscalchi, deputato dei Ds e noto av-vocato penalista, secondo il quale "di fronte a questa tortura psicologica, i detenuti stanno dimostrando di avere un senso civico superiore a quello di alcuni esponenti politici". La verità è "che manca la volontà politica". commenta monsignor Giorgio Caniato, ispettore generale dei cappellani penitenziari - altrimenti "avrebbero concesso la liberazione anticipata di 6 mesi a tutti, automaticamente, e sarebbe stato un gesto di clemenza concreto e significativo".

Per di più, insiste Livio Ferrari, "l’indultino non serve a niente". Innanzi tutto "ad uscire sarebbero non più di 3 mila persone, altro che 5 mila". Ma solo in teoria. In pratica, "appena qualche centinaio", in quanto "la misura non è automatica, serve l’istanza del detenuto e per ognuno il magistrato di sorveglianza deve istruire una pratica. Per intenderci - spiega - ogni anno vengono presentate in media 7.500 domande per la "Simeone - Saraceni" (misure alternative alla detenzione per chi ha da scontare meno di tre anni, ndr), ma quelle trattate non superano le 400".

La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia si riunirà la prossima settimana per decidere se incrociare le braccia per esprimere il proprio malessere. E quello dei reclusi, la cui sofferenza può altrimenti trasformarsi in rabbia, come è successo venerdì della scorsa settimana a Buoncammino (Cagliari), dove stanno in 480 nello spazio per 350: scodelle di metallo battute contro le inferriate, roghi di carte e di stracci, cori di protesta. "Il clima è incandescente dappertutto - avverte Stefania Tallei, responsabile del servizio in carcere della Comunità di Sant’Egidio - e sarebbe grave se l’indultino non passasse prima della chiusura estiva del Parlamento. Sarebbe interpretata come l’ennesima dimostrazione d’indifferenza, la cosa peggiore per un detenuto. A Rebibbia, come a Regina Coeli, la frase che mi capita di ascoltare più spesso è questa: "So che devo scontare questi anni, però non così, non in queste condizioni".

 

Genova: anche se uscirà l’8% dei detenuti, mancano gli agenti

 

L’indultino sfoltirà il carcere genovese di Marassi di circa l’8% dei detenuti, riducendo così il sovraffollamento. "Anche se, dagli oltre 800 del passato, siamo passati a meno di 700 detenuti - spiega Salvatore Mazzeo, direttore da febbraio -, occorre comunque diminuirne ulteriormente il numero: la capacità è di poco più di 400 posti".

E aggiunge: "Altri problemi sono legati a sieropositivi e tossicodipendenti, fermo restando che qui, come altrove, i detenuti sono in maggioranza extracomunitari. Abbiamo riservato, per chi è affetto da HIV, due piani e abbiamo un attrezzato centro clinico. Tutto sommato, pur con molte difficoltà, siamo abbastanza soddisfatti".

Meno ottimista Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sappe, sindacato degli agenti di polizia penitenziaria. Pur favorevole alla clemenza "Come si può non esserlo, in un Paese dove a fronte di 42 mila posti, ci sono 57 mila carcerati?" e pur riconoscendo che a Marassi, "la situazione è migliorata", denuncia una forte carenza d’organico.

"Siamo, sulla carta, 300, ma in effetti molti meno, con 80 al Nucleo traduzioni e altri distaccati in ufficio. Del resto è lo stesso ministero a dire che qui mancano 120 agenti". Spiega, invece, la positiva esperienza di recupero di molti detenuti presso la sua comunità, padre Piero, aiuto cappellano. "Sono favorevole – dice - ma occorrerebbe concedere tempo senza condizioni a chi vuole reinserirsi".

 

Palermo: "Tra un paio di mesi tutto come prima"

 

Cauto ottimismo. Nelle carceri palermitane è questo il sentimento che serpeggia tra gli addetti ai lavori. L’indultino non svuoterà le celle, ma darà almeno una boccata d’ossigeno. "Ma non si risolverà così il dramma del sovraffollamento carcerario - osserva Orazio Faramo, capo del provveditorato della Sicilia del DAP - bisogna investire sull’edilizia penitenziaria, migliorare la qualità e la quantità delle strutture. Sulle case circondariali come Ucciardone e Pagliarelli il cosiddetto indultino avrà un’incidenza minima, perché molti detenuti sono in attesa di sentenza definitiva. Ad Augusta, Favignana, Noto e San Cataldo, è diverso. Ma è ancora presto per fare una stima".

Le carceri di Palermo, intanto, scoppiano. Lancia l’allarme Giovanna Gioia, responsabile provinciale dell’Associazione volontariato penitenziario: "All’Ucciardone abbiamo raggiunto quasi quota 800 contro una capienza di 500, mentre a Pagliarelli, che ha celle più grandi, siamo arrivati a oltre 1.300 su 850. L’indultino diventa provvidenziale". E i volontari invocano una trasformazione del sistema di recupero: "Per evitare che le persone tornino a delinquere, bisognerebbe dare ad ogni istituto una specializzazione, in base alle richieste occupazionali". Critico il responsabile regionale della UIL per la polizia penitenziaria, Gioacchino Veneziano: "Il rischio è che in un paio di mesi le carceri si riempiano di nuovo, come avvenne nel 1990".

 

Milano: "Senza misure alternative non cambierà un granché"

 

Il dieci per cento. Sono circa 140 i detenuti del carcere milanese di San Vittore che potrebbero usufruire dell’indultino. Anche se Luigi Pagano, il direttore dell’istituto, invita a "prendere le stime con le molle". Perché bisogna attendere la "seconda fase" del provvedimento. E poi perché, soprattutto, "si rischia di creare eccessive aspettative" da parte dei detenuti.

Detenuti che vivono ammassati nelle celle: San Vittore ha una capienza di 1.015 persone, ma ne ospita quattrocento in più. L’indultino di certo contribuirà a ridurre il sovraffollamento. Ne è convinto lo stesso Pagano, secondo cui comunque "senza il potenziamento delle misure alternative la situazione potrebbe non cambiare di molto".

Il sovraffollamento non è certo l’unico problema del carcere milanese. Superata (per adesso) l’emergenza caldo - le scorse settimane, con il caldo record, nelle celle si sono toccati i 45 gradi -, a San Vittore ci sono altri nodi da sciogliere. A cominciare dalla carenza d’organico di polizia penitenziaria, "Servirebbero alcune di decine di agenti", conferma Pagano, educatori e assistenti sociali. Due figure, per il direttore, "semplicemente fondamentali, poiché consentono al carcere di svolgere appieno la funzione di "rieducare" e successivamente reinserire nella società i detenuti". Due figure che, al momento, "mancano in misura considerevole".

Migliore lo stato di salute della casa di reclusione di Bollate, alle porte della città. Dove non c’è sovraffollamento e dove, considerata la presenza di molti detenuti con pene più brevi rispetto alla casa circondariale cittadina, l’indultino potrebbe riguardare un numero maggiore di carcerati. Dopo San Vittore e Bollate, Opera. Due settimane fa, l’istituto aveva ricevuto la visita dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Il cardinale aveva celebrato una messa nella palestra del carcere e, sia nell’omelia, sia nel messaggio conclusivo, aveva fatto rimando alla necessità di un gesto verso i detenuti che tenga conto delle singole pene e dei singoli comportamenti dei detenuti.

 

Napoli: Poggioreale scoppia e i suicidi si moltiplicano

 

Domenica scorsa nel carcere di Secondigliano un detenuto di 25 anni, tossicodipendente, si è impiccato: è il terzo suicidio in pochi giorni nelle prigioni della Campania. Segnale di un disagio che invece è purtroppo norma. "All’ospedale del carcere di Secondigliano l’emergenza è costante e non solo nel periodo estivo - dice il cappellano, don Raffaele Grimaldi.

In questi ultimi tempi la situazione è peggiorata a causa dei tagli ai fondi e questo vuol dire riduzione del personale medico, degli operatori sociali, degli educatori, delle guardie". Per non lasciare soli i detenuti nel periodo luglio - agosto i volontari hanno pianificato i turni di lavoro: nei diversi reparti continuano i colloqui e l’assistenza anche materiale.

"Come può esserci giustizia in queste condizioni?", chiede Samuele Ciambriello, che dall’80 si occupa di carceri ed è presidente dell’associazione "Città Invisibile" per la difesa dei diritti dei detenuti. "Come può esserci giustizia se i tempi dei processi sono lunghissimi, se c’è il carcere preventivo anche per i piccoli reati, se in carcere ci resta chi non può permettersi un grande avvocato. Siamo il partito della giustizia e siamo convinti che bisogna liberarsi dalla necessità del carcere per piccoli reati: ci può essere rigore anche senza il carcere duro".

Dopo la Lombardia, la Campania è la regione con il più alto numero di detenuti: 7 mila, contro una capienza massima di 4.500. Il carcere di Poggioreale a Napoli è il più affollato d’Europa: 2.303, anziché 1.276; celle progettate per sette persone che ne ospitano fino a 18 e con un solo bagno; gli agenti penitenziari sono un migliaio sulla carta, 800 gli effettivi, meno di 500 per turno. A Poggioreale "cresce" e si forma la classe dirigente dei penitenziari: qui si addestrano gli agenti capaci di riportare l’ordine. E il carcere del "primo ingresso": di qui passano coloro che per la prima volta sono arrestati (16 mila all’anno). L’indultino sta facendo crescere la speranza tra i detenuti, ma in Campania non saranno più di 450 a usufruirne.

Secondo don Raffaele Grimaldi la "concessione" è "un contentino dei politici per mettere a tacere il Papa e i volontari". Per Samuele Ciambriello "solo il parto minuscolo di una montagna di promesse".

 

Le tappe dell’indultino: le "letture" infinite da una Camera all’altra

 

8 novembre 2002: la commissione Giustizia della Camera fissa al 20 novembre l’avvio dell’esame della proposta di legge presentata da Pisapia (PRC) e Buemi (SDI).

22 dicembre: la commissione Giustizia licenzia la legge.

16 gennaio 2003: comincia l’iter in aula. Pronti 304 emendamenti 4 febbraio: la Camera approva l’indultino (sospensione degli ultimi tre anni di pena per chi non ha commesso reati gravissimi ed ha già scontato un quarto della condanna). I voti a favore sono 340, i contrari 81, gli astenuti 5.

25 giugno: il Senato approva il provvedimento con 84 sì e 49 no. Contro votano AN, Lega Nord, Verdi e PRC. L’Ulivo non vota. Tra le modifiche, la riduzione dello "sconto" da tre a un anno.

2 luglio: la commissione Giustizia della Camera ripristina il testo originale.

7 luglio: inizia la discussione.

9 luglio: approvato il primo articolo che prevede uno sconto di pena di due anni.

10 luglio: con 291 voti a favore, 46 contro (Lega e AN) e 13 astenuti (PRC) passa l’indultino. La parola ora al Senato.

Via libera dei deputati: sconto di pena di due anni

 

Il Sole 24 ore, 11 luglio 2003

 

Dopo due giorni di risse, insulti e scambi di accuse fra maggioranza e opposizione, e all’interno della maggioranza stessa, la Camera ha approvato la legge sull’indultino. Duecentonovantuno i sì, 46 i no e 13 gli astenuti. A favore si sono espressi Fi, UDC e Ulivo. Contrari Lega e An. Verdi e Prc gli unici ad astenersi. Il testo dovrà ora tornare al Senato per l’approvazione definitiva. Il contenuto è quello venuto fuori da un accordo fra Ds, Margherita e una parte del Centrodestra.

Godranno della riduzione di pena di due anni tutti i detenuti che hanno già scontato metà della pena, fatta eccezione per coloro che hanno commesso reati gravi o che destano allarme sociale. Nel testo approvato a Palazzo Madama il 26 giugno scorso, invece, lo sconto previsto era di un anno.

Se l’assemblea di Palazzo Madama dovesse confermare le scelte di Montecitorio, per cinquemila detenuti si spalancherebbero le porte del carcere. Il testo prevede la sospensione una tantum della pena, per di più condizionata al mancato compimento di reati nei cinque anni successivi alla scarcerazione.

In ogni caso, non potranno beneficiarne ne coloro che hanno commesso reati gravi - mafia, terrorismo, omicidio, rapina, violenza sessuale - né coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. A concedere i benefici sarà una decisione del Magistrato di Sorveglianza, su richiesta del singolo detenuto.

La larga maggioranza a favore del provvedimento potrebbe far pensare a una passeggiata. Tutt’altro. La discussione è stata caratterizzata da continui botta e risposta, con protagonista assoluta di nuovo la Lega e il suo capogruppo Alessandro Cè. L’esponente leghista ha attaccato nuovamente il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, accusato di non essere "super partes".

Oltre agli episodi del giorno precedente, quando sei deputati del Carroccio erano stati espulsi e il numero di emendamenti presentati era stato drasticamente ridotto da duecento a otto, ai leghisti non è piaciuta la decisione di Casini di far iniziare la discussione quando i banchi del Carroccio erano ancora deserti. Cè non si è fermato qui e ha attaccato anche il premier Silvio Berlusconi e Forza Italia. A un certo punto, il dibattito parlamentare ha anche rischiato di virare verso la rissa.

Durante l’intervento del relatore del testo, Enrico Buerni (SDI), due membri della Lega Nord, Federico Bricolo e Davide Caparini, si erano avvicinati minacciosi al deputato socialista, con il conseguente intervento dei commessi. Buemi stava rispondendo alla leghista Carolina Lussana, secondo la quale la legge avrebbe provocato anche la scarcerazione di pedofili e stupratori.

Una preoccupazione condivisa anche da Alessandra Mussolini (AN). Per risolvere la "querelle pedofili" si è deciso di rinviare la questione al coordinamento formale, l’organo che elimina dal testo approvato gli errori di forma. Un intervento che ha fugato ogni dubbio.

 

 

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