L'indultino è legge

 

La legge sulla sospensione della pena in vigore dal 22 agosto

 

Il Sole 24 Ore, 8 agosto 2003

 

Parte la corsa all’indultino. Con la pubblicazione della legge 1° agosto 2003, n° 207, sulla "Gazzetta Ufficiale" n° 182 del 7 agosto arriva anche la prima certezza: il 22 agosto, data di entrata in vigore del provvedimento, diventa un termine cruciale. Chi infatti quel giorno si troverà soggetto a detenzione oppure in attesa di scontare la reclusione, potrà utilizzare la chance della sospensione della pena nel limite di due anni, sulla base della disciplina messa faticosamente a punto dal Parlamento e approvata solo alla fine della passata settimana, nell’ultimo giorno di apertura della Camera. Chi entrerà in carcere successivamente al 22 agosto non potrà invece utilizzarla.

Gli interessati e i loro legali però dovranno fare attenzione: l’applicazione del beneficio non è automatica. Andrà, infatti, presentata un’istanza, direttamente dal detenuto oppure dal suo difensore. A quel punto toccherà al magistrato di sorveglianza verificare che i richiedenti abbiano le carte in regola con i requisiti stabiliti dalla legge. Che non sono né pochi né di facile valutazione.

I paletti messi all’applicazione dell’istituto, infatti, riguardano una pluralità di situazioni. I detenuti, per esempio, non dovranno essere stati condannati per una serie di reati che vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso, al traffico di stupefacenti, passando per la violenza sessuale, il sequestro e l’estorsione aggravata. Di più. La preclusione scatta anche per tutti coloro che siano stati considerati delinquenti abituali, professionali o per tendenza e per chi abbia mantenuto in carcere un comportamento tale da ritenere opportuna l’applicazione del regime di sorveglianza particolare.

Semaforo rosso, poi, anche nel caso in cui il detenuto sia stato ammesso alle misure alternative alla detenzione e quindi non si trovi più in carcere. infine, ed è un punto sul quale si sono concentrate una parte delle polemiche in sede di approvazione del provvedimento, dell’indultino non potranno usufruire tutti gli extracomunitari che siano entrati clandestinamente in Italia e siano quindi soggetti a provvedimento di espulsione sulla base della Bossi – Fini. Contro l’ordinanza sulla concessione sarà sempre possibile il reclamo al tribunale di sorveglianza. La sospensione potrà essere applicata una sola volta e rappresenta una misura revocabile. Se, infatti, il soggetto che ha ottenuto la riduzione della pena detentiva torna a commettere un delitto, per il quale riporti una condanna non inferiore a sei mesi, nei cinque anni successivi, dimostrando di essere recidivo, la misura verrà cancellata. La pena, cioè, tornerà a decorrere e si aggiungerà a quella decretata per il nuovo reato. In caso contrario, invece, la pena dovrà essere considerata estinta.

Il provvedimento è comunque destinato a dispiegare i suoi effetti nel tempo. Ed è questa una delle ragioni per cui il ministro della giustizia, Roberto Castelli, dovrà riferire ogni anno al Parlamento sullo stato di attuazione della legge. Una conseguenza di uno degli ulteriori requisiti necessari per ottenere la sospensione della carcerazione: l’avere scontato almeno metà della condanna ricevuta. Così, chi si trovi attualmente in carcere, o a maggior ragione chi sia in attesa di entrarvi, al 22 agosto, ma non abbia ancora oltrepassato la boa di metà pena, dovrà aspettare ma non verrà escluso.

Al momento del compimento del 50% della detenzione potrà presentare la sua richiesta al giudice di sorveglianza. Le scarcerazioni, poi, continueranno a succedersi nel tempo, rendendo necessario un continuo aggiornamento dei beneficiati e di chi, recidivo, sarà costretto a tornare in carcere.

Con l’ordinanza del giudice di sorveglianza verranno applicate, per tutta la durata della pena sospesa, una serie di prescrizioni che dovranno permettere di tenere "sotto controllo" i detenuti scarcerati. Il condannato dovrà presentarsi così all’ufficio di polizia giudiziaria nei giorni e negli orari predeterminati, compatibilmente con le condizioni di salute e l’eventuale attività lavorativa.

Inoltre al condannato è imposto l’obbligo di dimora nel Comune di residenza oppure, quando questa sede si riveli inadeguata, in un altro Comune indicato nell’ordinanza. In aggiunta è disposto il divieto di espatrio.

 

 

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