Codono e indulto...

 

Condono e indulto manca la coerenza

di Innocenzo Cipolletta

 

Il Gazzettino, 2 febbraio 2003

 

Mentre avanza la definizione delle migliori condizioni per favorire le leggi sui numerosi condoni fiscali che il Governo ha varato con l’ultima finanziaria, si sta invece arenando la discussione sul possibile provvedimento di indulto, o "indultino" come viene battezzato per darne una idea molto limitata.

Da un lato si allargano le possibilità di essere perdonati per aver evaso le tasse, si assicura agli evasori l'anonimato e si riducono a livelli quasi irrisori le penalità da pagare. Dall’altro si sostiene che non è possibile perdonare chi, avendo infranto la legge ed essendo stato scoperto ovvero avendo confessato, è già in fase di espiazione della pena in una prigione sovraffollata ed in condizioni che si dicono poco umane. Personalmente resto contrario ad ogni forma di perdono generalizzato, sia esso a favore di chi non paga le tasse, sia a favore di chi ha infranto disposizioni del codice penale. Quello che non capisco è come un deputato del nostro Parlamento possa essere zelante nel votare a favore dei condoni ed arrogarsi il diritto di essere intransigente di fronte ad un indulto ridotto ai minimi termini. Questa scarsa coerenza è indice di ipocrisia e di scarso senso civico.

E’ un indice di ipocrisia perché i condoni sono fatti, non già per favorire un miglior rapporto tra cittadini e fisco, bensì per finanziare lo Stato che non è capace di farsi pagare le tasse dai suoi cittadini e ricorre a forme di sconto generalizzato pur di racimolare qualche miliardo, vendendo l'immunità agli evasori, che così si vedono premiati per le loro malefatte. Ma è anche un forte segnale di scarso senso civico: il Parlamento premia chi a rubato alle casse dello Stato, irride chi ha pagato correttamente quello che doveva e si rifiuta di perdonare quanti si trovino alla fine del percorso di espiazione della loro pena. Agendo in questa maniera, risulta evidente che esistono due pesi e due misure: rubare allo Stato non è reato nel nostro paese, mentre rubare ad un altro cittadino è reato.

Purtroppo gli italiani hanno in generale uno scarso senso civico ed hanno sempre pensato che rubare allo Stato non sia un vero reato, ma al massimo una colpa lieve, quando non una furbizia a cui si dedicano i più intelligenti. Ma, proprio per questo sarebbe necessario che il Parlamento sancisse una volta per tutte che l’evasione fiscale è un furto come lo è quello nei confronti di altri privati cittadini: d'altra parte chi non paga le tasse obbliga i cittadini onesti a pagare di più (quindi ruba loro dei soldi), ovvero impedisce ai cittadini più poveri di avere dei servizi, quindi ruba a chi ha più bisogno. Ne dovrebbe discendere che il perdono dovrebbe essere meno facile nei confronti di chi evade le tasse e non viene scoperto, rispetto a chi, avendo commesso un reato, è stato già condannato ed ha espiato parte della sua pena.

Invece, quei parlamentari che si vantano di essere severi perché vogliono la "certezza della pena" nei confronti di chi ha commesso un reato ed invece sono così solleciti a perdonare i ricchi che hanno evaso le tasse, finiscono per confermare che rubare allo Stato sia un reato minore, quasi tollerabile.

Il Parlamento dovrebbe essere un esempio per i cittadini, rafforzando il loro senso civico: o si è a favore della certezza della pena e non si varano ne condoni fiscali ne indulti, o si ammette che in alcuni casi sia possibile perdonare ed allora si mette sullo stesso piano chi ha evaso le tasse con chi ha commesso reati minori e sta già scontando la pena.

 

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