Coordinamento nazionale Caritas

 

Oltre il carcere, quali alternative?

 

Dal Coordinamento nazionale Caritas “Carcere e comunità cristiana”, un’analisi del sistema penale italiano, ancora troppo incentrato sul carcere. Rilanciato l’invito del Santo Padre a un segno di clemenza. Non dimentichiamo le vittime.

 

“Carcere e comunità cristiana”. È il nome del Coordinamento nazionale Caritas riunitosi lo scorso 6 dicembre a Roma, presso la sede della Caritas Italiana. Un luogo di confronto, crescita e formazione comune per i sedici rappresentanti delle rispettive Delegazioni regionali Caritas, attivi nell’ambito del carcere e della giustizia.

 

In  Italia, più di 80 Caritas diocesane hanno attivato  specifiche esperienze di accoglienza, servizio, accompagnamento e sensibilizzazione sul tema del carcere e della giustizia, sia per adulti che per minorenni. In base all’esperienza sul campo dei numerosi gruppi di volontari impegnati nel settore, il Coordinamento, nel suo primo incontro, ha evidenziato alcune criticità del sistema di applicazione delle pene in Italia, con particolare riguardo a specifiche aree problematiche:

 

ancora oggi, il carcere non è un elemento residuale ma costituisce l’ossatura centrale del sistema delle risposte penali. Non è stato maturato un cambiamento di mentalità per spingersi oltre il carcere e trovare nuove soluzioni alternative, fra cui va segnalata, nel campo minorile, l’interessante esperienza della mediazione penale;

 

alla fine di luglio 2002 le carceri italiane "ospitavano" 56mila persone, contro una capienza regolamentare che non arriva a 42mila detenuti.

 

al grave problema di sovraffollamento carcerario, si risponde con la proposta di costruire nuove carceri, anziché attraverso forme di attenuazione della risposta carceraria e di progressiva depenalizzazione dei reati minori;

 

la condizione di alcuni gruppi di detenuti è fortemente allarmante. Di particolare gravità la situazione dei 16.000 detenuti stranieri, di cui 15.865 uomini, spesso privi di una rete di protezione, e per i quali l’incombenza del provvedimento di espulsione a fine pena vanifica la partecipazione al trattamento;

 

risulta completamente dimenticata la situazione detentiva degli internati in Ospedale Psichiatrico Giudiziario, che si trovano a vivere l’esperienza della reclusione in quasi totale isolamento sociale e in condizioni al limite della sopravvivenza;

 

il Coordinamento condivide le parole del Santo Padre, che nella sua recente visita alle Camere riunite ha affermato che "merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolare l’impegno di personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società". Il Coordinamento nazionale ha auspicato tuttavia che eventuali provvedimenti di indulto o amnistia da parte del Governo italiano non si traducano in provvedimenti generalizzati di espulsione dei detenuti stranieri verso i loro paesi di origine;

 

sullo specifico della dimensione del lavoro dei detenuti/ex-detenuti, la Caritas Italiana ha allo studio la costituzione di una Fondazione nazionale, “Carcere e lavoro”, che avrà lo scopo di avviare una serie di esperienze locali, in collaborazione con le Caritas diocesane e le chiese locali;

 

infine, accanto ai gravi problemi dei detenuti il  Coordinamento ha dedicato parte delle sue riflessioni al tema delle vittime, nell’ottica di un coinvolgimento comunitario di responsabilità a favore di queste categorie di persone e delle loro famiglie.

 

Roma, 9 dicembre 2002

 

Prossimo appuntamento: 6 febbraio 2003

 

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