Progetto M.E.D.I.A.RE.

 

Mutual exchange of data and information about restorative justice

Programma Comunitario Grotius II Penale

 

Intervento del dr. Paolo Bolognesi (Presidente associazione tra i familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna 2 agosto 1980)

 

È essenziale premettere che l’Associazione che io rappresento racchiude in se una tipologia di vittima un po’ particolare, quella di una strage terroristica. Occorre dire che le stragi di questo tipo in Italia sono state tredici e le vittime ammontano a 177 con oltre mille feriti. Il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, alla stazione centrale di Bologna esplose una bomba, collocata da terroristi dei NAR, che causò 85 morti e 200 feriti. L’evento causò alla mia famiglia la morte della madre di mia moglie ed il gravissimo ferimento di mio figlio, di mia madre e del padre di mia moglie. Dopo più di ventitré anni, le loro menomazioni sono rimaste e ancora oggi sono in atto cure cliniche per mantenere un livello di vita il più normale possibile. Dopo l’esplosione fu immediatamente possibile contare sulla solidarietà e sulla compostezza della città. Mio figlio quel 2 Agosto arrivò all’ospedale Maggiore alle 10,40, un tempo che nemmeno nella normalità é quasi possibile. La tempestività dei soccorsi salvò sicuramente molte vite umane. In quel frangente vi furono molte persone che in vari campi si distinsero per iniziative che portarono aiuto ai feriti; dal fornire alimenti o vestiti ai superstiti, alla riparazione di oggetti, all’ospitalità ecc.; vi fu una gara eccezionale per alleviare il disagio e la sofferenza che l’evento aveva determinato. Il Comune di Bologna istituì un Centro di Coordinamento per le vittime, centro ancora operante che, passato il periodo dell’emergenza, diventò un punto importante per fornire tutte le informazioni sulle varie tipologie di cure necessarie ai feriti e per cercare di alleviare al massimo le inevitabili difficoltà. Pochi giorni dopo l’accaduto, un giornale cittadino, Il Resto del Carlino, e il Comune di Bologna lanciarono una sottoscrizione di fondi a favore delle famiglie colpite e dei feriti. Questi fondi furono di grande aiuto per superare i primi momenti, per risarcire parte dei danni materiali e per sostenere le spese mediche per le cure che molti furono costretti a sopportare. Questo fondo é ancora oggi utilizzato per coloro che continuano ad avere necessità mediche. Indubbiamente questa iniziativa ha contribuito a far sì che i superstiti, oltre alla copertura dei danni materiali, non si sentissero abbandonati nella propria disgrazia. L’aspetto sconsolante in questi anni é stata l’insipienza constatata in tante autorità ad altissimi livelli dello Stato (Ministri, Primi Ministri, Segretari) che, incontrandoci ci hanno coperto di solidarietà formale, ma a tutti gli effetti,non sono andati oltre le pacche sulle spalle. In concreto per superare gli ostacoli abbiamo dovuto metterli di fronte alle loro responsabilità. Alcune leggi in favore delle vittime sono state approvate sull’onda di altre stragi o avvenimenti terroristici. Prima dell’agosto 80 nessuna legge dello Stato risarciva o aiutava le vittime e di stragi ve ne furono ben 9 con 67 morti Un esempio per tutti: la legge per il risarcimento ai feriti che hanno riportato invalidità inferiori all’80% nei vari episodi di terrorismo. Ci sono voluti undici anni, dal 2 Agosto 1980 al 1991 per approvarla. Ci sono voluti altri 7 anni, 1998 per adeguare i rimborsi per i risarciti dell’80. Per far applicare quella legge siamo dovuti andare a Roma almeno 10 volte. La sua applicazione è iniziata nel 2000. Nel 2002, vennero presentate due leggi. Una dall’ On. Bornacin (AN), e l’altra dall’On. Bielli (DS), queste leggi molto simili, furono unificate sotto il titolo "Nuove norme a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi" ed iniziò un iter che con le promesse di esponenti del Governo doveva essere velocissimo. Così non è stato, nonostante le promesse non fu stanziata nessuna copertura e i tentativi fatti sono stati di svuotarla, ridurla, poi di sovrastimarla per non approvare nulla. Per limitare al minimo il complesso della legge il Governo ha diviso le associazioni con un comportamento inqualificabile. Le associazioni hanno dovuto certificare i dati sui morti, i feriti e gli invalidi di ogni attentato perché il Ministero dell’Interno aveva difficoltà a reperirli. Oggi il progetto di legge è ancora presso la prima Commissione della Camera e l’iter, se non interverrà una qualche forma di pudore sarà ancora lungo. Queste leggi vengono portate avanti come orpelli e non come un doveroso riconoscimento alle vittime del terrorismo da parte dello Stato. Dopo 20 anni, i feriti, dopo aver già subito umilianti visite nei vari distretti militari, venivano convocati a Roma, a loro spese, per un’ulteriore visita al fine di controllare la veridicità di quanto riscontrato dalle Commissioni medico-militare a livello locale. Il tutto poi, era impostato all’insegna di una vergognosa superficialità e insensibilità come se si trattasse di manichini. Ad esempio, gli aspetti psicologici, le paure, le ansie determinate dall’evento erano considerati pure fantasie o simulazioni. La strage causò a molte persone menomazioni perenni, ferite e traumi che ancora oggi necessitano di cure. A tutt’oggi, a molti feriti della strage di Bologna, è rimasta dentro l’angoscia di quel momento che emerge in situazioni particolari di vita quotidiana apparentemente banali, come il rumore per l’apertura di un barattolo di bibita, l’attesa del treno, la vista di una stazione, una strada affollata, le sirene dei mezzi di soccorso, lo scoppio dei fuochi d’artificio. Attimi che hanno preceduto e seguito lo scoppio della bomba e che rimangono nella memoria lasciando segni indelebili probabilmente per tutta la vita. Per tutelare l’affermazione della verità, ci siamo costituiti in Associazione il 1° giugno 1981 e da quel momento abbiamo condotto una battaglia incessante per ottenere giustizia. Nel 1984, in concomitanza della proposta di legge di iniziativa popolare per "L’Abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo" abbiamo promosso la costituzione dell’Unione vittime per Stragi, che oltre alla nostra Associazione comprendeva allora l’Associazione delle vittime di Piazza Fontana, di Milano, l’Associazione dei caduti di Piazza della Loggia, di Brescia, l’Associazione delle vittime del Treno Italicus, di Firenze, nel tempo si sono aggiunte le associazioni costituitesi dopo le altre stragi che hanno insanguinato il nostro paese. Nel 1985 l’Associazione delle vittime del treno 904, di Napoli (treno di Natale) ed infine nel 1993 l’Associazione delle vittime della strage di via dei Georgofili. Ogni associazione ha sviluppato una sua attività intervenendo direttamente nei singoli processi che hanno avuto tutti un iter travagliato con conclusioni il più delle volte incomplete se non addirittura con l’assoluta mancanza di condanne. Per molte di queste ancora oggi sono in corso processi, per il filone principale, o per stralci, infatti per Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969 si è concluso il processo d’appello con una generale assoluzione, piazza della Loggia avvenuta il 28 maggio 1974, vi è in stato il rinvio a giudizio per alcuni imputati, per la Stazione centrale di Bologna del 2 agosto1980 vi è stata la sentenza della Corte di Cassazione per Luigi Ciavardini, presunto esecutore della strage allora minorenne. Condannato in via definitiva per la banda armata finalizzata alla strage, ma in dubbio per l’esecuzione della strage. Questo comporterà un ulteriore processo d’appello. Se consideriamo che tutte le indagini sono state ostacolate con depistaggi e tentativi di affossare la verità e per alcune di esse ancora oggi, come per la strage di Bologna, si tenta di stravolgere la verità, utilizzando Commissioni Parlamentari, (Commissione Mitrokin), si comprende quali ostacoli si frappongono alla verità e che rapporto si istaura con le istituzioni nazionali. Occorre molta attenzione, consapevoli del fatto che vi sono al lavoro degli eletti dal popolo, veri e propri pataccari, che contando sulla dimenticanza della gente cercano di rifilare panzane trite e ritrite già demolite durante il dibattimento processuale. Debbo dire,che per la strage di Bologna, che dopo una prima fase che faceva intendere una rapida soluzione giudiziaria della vicenda, si arrivò ad un disfacimento dell’ipotesi accusatoria determinata dai continui e metodici depistaggi messi in atto dai Servizi segreti di Stato aiutati in questo dalla Massoneria ed in particolare dagli iscritti alla Loggia Massonica P.2 che contava adepti in tutti i settori principali dello Stato: Governo, Esercito, Giustizia, Ministri, giornalisti, ecc.. Nacquero così le varie piste estere, ispirate dai Servizi segreti che portarono i Giudici ad indagare in Francia, in Germania e in Medio Oriente; quando queste piste persero credibilità, si arrivò al ritrovamento sul rapido Taranto-Milano, di esplosivo uguale a quello fatto esplodere alla stazione di Bologna e di documenti che riportavano le indagini all’estero. Quando anche questa pista perse consistenza, ecco arrivare il superteste Ciolini che con i suoi fantasiosi racconti portò i Magistrati a compiere ulteriori indagini inutili e inconcludenti. Intervenne infine il Consiglio Superiore della Magistratura che sostituì i Giudici e finalmente, dopo tre anni dalla strage, le indagini ripresero partendo praticamente da zero. "Sgomenta constatare - é l’amara considerazione finale dei Giudici - che già in passato alcuni Magistrati erano giunti o stavano pervenendo a conclusioni non dissimili, ma il loro operato é Stato in vari modi e sistematicamente smontato e reso inutile". Oggi, dopo la sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 1995, sappiamo i nomi degli esecutori materiali: i terroristi fascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Sappiamo i nomi dei depiStatori : Il Gran Maestro della loggia Massonica P2 Licio Gelli, il faccendiere Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte questi ultimi ai vertici del SISMI servizio segreto militare. Quest’elenco vuole farvi comprendere anche se in modo molto sommario quali vicissitudini abbiamo dovuto attraversare e stiamo ancora attraversando per la ricerca della completa verità su tutte queste vicende. In questi anni abbiamo percorso tante strade per poter arrivare alla completa verità e far sì che non avvenissero altre stragi. Alcuni esempi: La proposta di legge d’ iniziativa popolare per l’abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo ha questo obiettivo. È stata presentata al Senato il 25 luglio del 1984 corredata da 100 mila firme, ma ad oggi non è ancora stata approvata dal Parlamento. Anzi lo scorso anno nel mese di aprile la maggioranza al Senato ha approvato una norma che escludendo la nostra proposta lascia ancora la possibilità di porre il segreto di Stato su quei reati. La proposta di una legge sul gratuito patrocinio per le vittime di attentati terroristici da noi promossa, non ha avuto seguito, così, mentre per i terroristi c’è il gratuito patrocinio o il difensore d’ufficio, le vittime debbono pagarsi i processi. La richiesta di una legge che sanzioni in modo esemplare il reato di depistaggio. Anche questa senza seguito. Riguardo al terrorismo in tutti questi anni il Parlamento ha approvato numerosissime leggi in favore dei terroristi, leggi che non prevedevano di arrivare alla verità, ma alla cosiddetta fine degli anni di piombo, favorendo il silenzio dei terroristi. La nostra attività si è sviluppata poi con la richiesta della tutela delle vittime di reato. La vittima di reati è rimasta, soprattutto in Italia, a lungo estranea ad ogni tipo di interesse da parte dei mass-media e l’attenzione si è incentrata quasi esclusivamente sull’autore del reato. Per quanto ci riguarda, mentre chi ha commesso il reato gode di un’attività di relazioni pubbliche e la sua immagine viene utilizzata dai media in tutti i modi possibili, la vittima rimane per lo più in un limbo di disinteresse generale. Nella maggior parte dei reati di violenza, per esempio, la persona offesa figura come "l’altro" senza nome ; solo talvolta si parla di bambino, donna, minore di diciotto anni, ecc. Nei reati contro la proprietà il derubato sparisce del tutto, solo la cosa sottratta è caratterizzata come "cosa altrui". In altri termini, nelle figure di reato la vittima viene spersonalizzata, diventa un semplice oggetto di aggressione al quale viene fatto del male. Occorre, tuttavia, constatare che oggi la vittima, sia nella sua dimensione individuale che come soggetto collettivo, sembra di fatto venire alla ribalta in maniera, per così dire, aggiuntiva rispetto al ruolo assunto nella dinamica dei fatti. La vittima, con le sue emozioni e tensioni, diviene sempre più oggetto privilegiato di spettacolo : si possono a questo proposito ricordare le domande incalzanti poste dal cronista ai congiunti di una persona uccisa oppure quelle rivolte al sequestrato appena liberato. Tutto ciò con manifestazioni di intimidazioni verbali e domande che fanno della vittima il vero colpevole ( Lei ha perdonato? Ah non ha perdonato!). Poi l’offesa che vede l’esaltazione dei terroristi, i veri e propri onori concessi loro sia nel trattamento sia con la possibilità di essere ospiti dei media, sia con il vero e proprio successo che fa dire alle giovani generazioni e non solo a loro: il delitto paga! Il delitto, il più efferato è la scorciatoia per il successo e la notorietà. Così facendo Generazioni di giovani si convinceranno che se terroristi sanguinari sono arrivati al successo ammazzando persone innocenti, allora ciò che hanno fatto non è poi tanto grave, e comunque è lecito, pur di arrivare alla notorietà. Generazioni di giovani si convinceranno che chi ha meno vergogna, coscienza e rispetto per il prossimo viene premiato. Generazioni di giovani si convinceranno che si possa diventare, come ha scritto un bravo giornalista "editorialisti per meriti penali". La Mambro si è guadagnata il vivo interesse della stampa nazionale. È ormai una celebrità per ciò che scrive e per le interviste che rilascia; è diventata testimonial dell’8 marzo la festa delle donne e, lasciatemelo dire per la palese gravità della cosa, ha solcato l’aula del Parlamento Senatoriale durante la conferenza stampa sull’amnistia indetta da politici. Un’offesa ai cittadini perbene e alle Istituzioni. che li rappresentano. È avvilente per i familiari delle vittime che non chiedono vendetta ma solo giustizia constatare che lo Stato sembra avere premiato il silenzio e le menzogne degli esecutori della strage, riservando loro un trattamento fatto di privilegi incredibili: la Mambro ha ucciso 96 persone e oltre a 6 ergastoli ha accumulato complessivamente 84 anni e 8 mesi di reclusione per gli ulteriori reati commessi; Fioravanti ha ucciso 93 persone e oltre a 6 ergastoli ha accumulato 134 anni e 8 mesi di reclusione per gli ulteriori reati. commessi. Non hanno mai mostrato pentimento, non hanno aiutato in alcun modo le indagini, hanno offeso le Corti giudicanti ma, con tutto ciò si sono meritati trattamenti da detenuti modello. Non entriamo nel merito delle leggi e leggine a favore dei detenuti, vogliamo solo ribadire che è ingiusto e inconcepibile per i familiari delle loro vittime accettare in silenzio che questi due pluriomicidi abbiano scontato, per ogni persona ammazzata, solo due mesi. Tutto questo è una vergogna che pesa come un macigno sulla credibilità delle Istituzioni. Occorre dare un ruolo centrale alla vittima per far sì che gli interventi su di lei siano equilibrati e la tengano nella giusta considerazione altrimenti, il distacco tra la società e coloro che hanno commesso dei reati, aumenterà in modo tale che prevarrà un sentimento di disprezzo profondo per tutte le proposte che tendano alla salvaguardia della dignità del detenuto. In un "Circolo vizioso dell’ingiustizia" questo andrà a scapito non di personaggi protetti e sponsorizzati come Mambro e Fioravanti, ma dei poveracci, dei ladri di galline, che si vedranno negare o complicare enormemente il rientro nella società. Questo interesse primario per la vittima non implica in alcun modo atteggiamenti punitivi improntati a spirito persecutorio o vendicativo nei confronti degli autori di reato cui la legge, pur infliggendo una condanna, assicura nello stesso tempo irrinunciabili garanzie. Se si vuole però conservare un atteggiamento equilibrato e conforme a una coerente visione del sistema di garanzie dello stato di diritto, mi pare necessario non assecondare prospettive che possono produrre confusione di ruoli fra vittima e reo. Può accadere, ad esempio, che persone che spendono la propria passione civile in attività di volontariato carcerario, finiscano per vedere nel detenuto solo una vittima, anche se guardare agli autori di reato carcerati come a delle vittime può essere per più aspetti vero: vittime dell’emarginazione sociale, di una cultura dell’esclusione, delle disfunzioni del sistema penitenziario, ecc. Sono sicuramente questioni serie, alle quali rivolgere la massima attenzione civile. È necessario tuttavia una chiara scala di valori, un ordine del discorso che non confonda le priorità: una persona che abbia compiuto un omicidio e che per tale crimine stia scontando una pena, può fondatamente, a seconda dei casi, esser considerato vittima della cattiva distribuzione delle risorse sociali, delle carenze di politica della prevenzione, della deprivazione culturale, ecc. Tutto ciò, però, non deve velare e confondere il dato fondamentale: le vittime sono innanzitutto le persone uccise e i loro familiari. Guai se il reo non potesse fruire di tutte le tutele che la legge - la Costituzione innanzitutto - gli riconosce. Per ritornare al nostro percorso: Solo nell’aprile del 2001, dopo alcuni anni di pressioni delle associazioni dei familiari delle vittime, con il supporto scientifico dell’Università di Bologna, sui diritti di tutte le vittime, il Ministro della Giustizia l’On. Piero Fassino istituì presso il Ministero della Giustizia, l’Osservatorio sui problemi e sul sostegno delle vittime dei reati. La sua azione si inserisce nel quadro della tutela della vittima, della cultura della legalità, dei problemi relativi alla sicurezza e alla qualità della vita. Con l’avvento del nuovo Governo l’Osservatorio è stato declassato a Commissione. Era un organismo permanente, ma veniva rinnovato ogni sei mesi con enorme ritardo, riducendone l’effettiva funzionalità. Dal 31 dicembre 2002 non è stato più rinnovato. Ironia della sorte cominciavano i lavori per lo studio approfondito della mediazione per proporre una legge anche su questa materia, tra l’altro con il concorso delle vittime di reato Nonostante tutto ciò, la Commissione ha elaborato e presentato il 30 Giugno 2002 al Ministro della Giustizia On. Castelli, la proposta di legge denominata "Legge Quadro per l’assistenza il sostegno e la tutela delle vittime di reato", che attuando le direttive del Consiglio d’Europa del 15 marzo 2001, che prevedono uno standard minimo di diritti che ciascun Paese membro deve garantire alle vittime del reato, tutela le Vittime in tutto il loro percorso di dolore. Il nostro Paese è già in ritardo, infatti il Consiglio d’Europa aveva posto quale termine il mese di Marzo 2002 per armonizzare la legislazione in tutti i Paesi membri. La legge-quadro ottempera alle conclusioni assunte dal Consiglio europeo di Tempere del 1999 e intende rendere operativi principi condivisi: la non discriminazione fondata sulla nazionalità, aspetti fondamentali della tutela come l’informazione e l’assistenza. Inoltre, per le vittime residenti all’interno dell’Unione europea, vengono applicati specifici istituti processuali, come l’esame testimoniale a distanza, attraverso il regime della video conferenza. Seguendo lo schema tracciato dall’Unione Europea, l’articolato predisposto dalla Commissione si muove in tre direzioni: un’informazione alle vittime nelle sedi giudiziarie e amministrative con servizi ed organismi che si muovano in tal senso; una maggiore partecipazione e un riconoscimento all’interno del processo penale; un’assistenza di natura economica in grado di alleviarne il disagio ogni volta che l’autore di determinati reati non sia stato identificato, quando si determinino ragioni che rendano indispensabile, in assenza di altri fonti, un contributo finanziario da parte dello Stato. Tra i compiti dello Stato viene inserito un sistema di conciliazione tra le parti, vittima e reo, e una valorizzazione degli strumenti necessari a promuovere la mediazione nell’ambito di alcuni procedimenti penali. Il testo elabora una vera e propria "tavola dei diritti" delle vittime di tutti i reati, sull’esempio del Crime Victim’s Bill of Right degli Stati Uniti del 1990: gli interessi della vittima diventano più completi, non limitati solo alla fase processuale. Nell’art. 1 viene enunciata una nozione di "vittima", basata sul diretto collegamento dell’offeso al danno subito, per consentire un’immediata identificazione e la realizzazione di forme di tutela. All’art. 2 seguendo la falsa riga delle leggi emanate per i fatti che hanno creato maggiore allarme sociale (mafia, terrorismo, stragi) vengono determinate le vittime a tutela rafforzata. La legge predispone un sistema adeguato e qualificato di informazione che, allo stato attuale, è garantito soltanto a chi è indagato, e in misura estremamente ridotta alla vittima. Un sistema di interventi integrato che coinvolge soggetti istituzionali e privati, ministeri ed enti locali, in modo da favorire la salvaguardia delle esigenze della vittima, assicurando ad essa un aiuto efficace nella soluzione delle difficoltà incontrate e delle sofferenze subite. La legge-quadro elaborata dalla Commissione rafforza ed amplia le garanzie nei confronti delle vittime soprattutto nei primi difficili contatti tra vittime e istituzioni, evidenzia il ruolo della persona offesa nelle varie fasi del processo penale, compresa quella esecutiva, attribuendo poteri di impulso, stimolo, collaborazione e controllo atte a far valere le proprie pretese di giustizia, contribuendo alla corretta impostazione dell’accusa, anche prima ed indipendentemente dalla costituzione in giudizio come parte civile. Per questo vengono suggerite alcune modifiche a norme del codice di rito, volte ad assicurare la partecipazione attiva della persona offesa dal reato al procedimento fin dalla fase delle indagini preliminari, mediante l’attribuzione di una serie di diritti e facoltà di particolare rilievo. L’informazione viene garantita alle vittime di reato dallo "Sportello per le vittime dei reati" ubicato presso ogni Ufficio Territoriale di Governo, dalla Polizia Giudiziaria e dalla Autorità Giudiziaria. Al regolamento di esecuzione spetta il compito di verificare la formazione e la professionalità dei soggetti istituzionali abilitati all’attività di informazione (polizia, autorità giudiziaria e sportello), indicando alla vittima i percorsi da seguire, da quelli strettamente connessi all’iter giudiziario (presentazione della denuncia, modo di contattare un avvocato, costituzione di parte civile, ecc.) a quelli di carattere sanitario e psicologico, fino a quelli attinenti all’assistenza economica (modalità di accesso al Fondo, ecc.). Un altro aspetto qualificante dello schema di legge riguarda la costituzione di un Fondo di garanzia destinato a far ottenere alle vittime una riparazione altrimenti difficile da avere per altre vie. Le vittime hanno accesso al Fondo se subiscono reati di maggiore allarme sociale, di carattere doloso, contro la persona e l’incolumità pubblica. La Commissione ritiene opportuno limitare il diritto di accesso solo ad alcune categorie di soggetti (persona offesa o determinati superstiti in caso di morte della persona offesa). Suggerisce un limite massimo di riparazione così da evitare strumentalizzazioni e dispersioni di danaro, ancorando l’esercizio del relativo diritto a condizioni processualmente certe (una sentenza irrevocabile di condanna, un decreto di archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del crimine) Nella normativa viene istituito un organismo tecnico specializzato (il Comitato per l’assistenza e il sostegno delle vittime dei reati). Non appare opportuno affidare agli organi istituzionali già esistenti compiti ed attribuzioni che esigono una speciale sensibilità e preparazione al problema delle vittime. Il Comitato non deve limitarsi infatti ad accertare ed applicare le norme concernenti la riparazione pecuniaria, ma deve assicurare la migliore assistenza alle vittime, promovendo inchieste e ricerche, sviluppando servizi di assistenza, sensibilizzando quelli già esistenti. Risulta determinante collegarsi agli Sportelli istituiti su tutto il territorio nazionale, così da realizzare un contatto diretto e immediato con le vittime in atto e potenziali. Il Comitato sostituirà a regime l’attuale Commissione. Vi è un apposito articolo che prevede l’istituzione di un giorno della memoria il 12 DICEMBRE di ogni anno per ricordare le vittime degli eventi che hanno destato maggior allarme sociale quali terrorismo, stragi, mafia. Infine l’esplicito impegno del Ministro che ogni anno presenterà al Parlamento una relazione sulle iniziative e sulle misure adottate a favore delle vittime. Per superare i ritardi del Ministro della Giustizia, le vittime, il 6 novembre 2002, presentavano la legge alla Camera dei Deputati facendola sottoscrivere dagli stessi per accelerarne l’iter. La legge è stata sottoscritta da tutti i capigruppo dell’Ulivo, ha avuto il sostegno di esponenti di AN, alla presentazione sembrava che le vittime avessero risolto con questa legge un problema di tutto il Parlamento. Nonostante le assicurazioni e le lodi espresse sia dalla maggioranza che dall’opposizione, la legge a tutt’oggi deve essere ancora iscritta all’ordine del giorno della Commissione Giustizia della Camera, e recenti affermazioni del Ministro della Giustizia, non lasciano prevedere nulla di buono. Dobbiamo purtroppo constatare, come le Vittime siano tenute in considerazione solo per i funerali di Stato e durante gli anniversari. Pensiamo che l’attenzione nei nostri confronti dovrebbe durare tutto l’anno soprattutto da parte di chi è chiamato dal popolo a rappresentarlo. Tutto questo racconto potrebbe indurre ad una sorta di pessimismo inconcludente, credo invece che l’opinione pubblica cominci ad averne abbastanza di chi ha a cuore soprattutto l’imputato e si dimentica completamente della vittima. Per questo la nostra Associazione si è fatta promotrice dell’ inserimento all’interno della Costituzione di un doveroso riconoscimento di tutela della vittima del reato, tema rispetto al quale il nostro paese è in grave ritardo e deve compiere molti passi avanti per allinearsi alle prescrizioni europee. In effetti il Legislatore, anche nel dettare le regole del "Giusto Processo" all’articolo 111 della Costituzione, ha disinvoltamente ignorato l’esistenza stessa della vittima, mostrando ancora una volta il proprio esclusivo interesse per la tutela dell’imputato. Non chiediamo leggi punitive e persecutorie, ma di tutela, prevenzione ed esemplarità. Quanto esposto fa parte dell’esperienza di questi anni, e credo possa essere messa a frutto positivamente. Ho partecipato a Modena a un seminario sulla Mediazione Penale e mi sono convinto sempre più che per affrontare con un certo successo la giustizia riparativa, occorre riequilibrare il rapporto con la vittima, ripeto, senza nulla togliere al reo. Questa è la strada che, a mio parere potrà, un domani portare a risultati importanti e sostanziali.

 

 

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